In ultimo, anche François Bayrou sembra aver abbandonato ogni speranza: lunedì pomeriggio, l’Assemblée Nationale voterà la sfiducia al suo governo, aprendo una nuova crisi politica al buio. Tutti guardano ormai all’eventualità di un altro scioglimento del Parlamento dopo quello deciso da Emmanuel Macron nel giugno 2024, Marine Le Pen è talmente determinata a chiederlo da dirsi disposta a “sacrificarsi” personalmente, dal momento che è condannata all’ineleggibilità per 5 anni. Nei corridoi dell’Eliseo, invece, si assicura che Macron è alla ricerca di un nome sul quale possano convergere i voti di una ipotetica maggioranza: “La sua priorità è la stabilità del Paese”, fanno sapere fonti della presidenza citate da BFM TV.

I partiti – ha detto Bayrou ai microfoni di “Brut”, media on line – sono “in guerra civile fra loro”, ma si uniranno soltanto “per far cadere il governo”. Dopo aver ripetuto per giorni che “tutto è ancora possibile”, per la prima volta è apparso fatalista, prendendosela un po’ con tutti i partiti ai quali lui stesso si è rivolto – senza essere costretto – per farsi confermare la fiducia. “Nella vita – ha detto il premier centrista – c’è di peggio che essere capo di un governo e che questo governo venga rovesciato. E’ durato nove mesi e non è neppure male…non ho alcun rimpianto”, ha aggiunto. Anche se ammette che avrebbe voluto essere lui a varare “una grande riforme dell’Educazione nazionale”.

Domani alle 15, François Bayrou entrerà all’Assemblée Nationale, dove pronuncerà il suo discorso di politica generale, nel quale – senza entrare nei dettagli – spiegherà la gravità della situazione finanziaria del Paese e l’esigenza di una finanziaria 2026 con tagli da 44 miliardi. Chiedendo, alla fine, la fiducia a priori, per poter andare avanti e discutere articolo per articolo il suo progetto di finanziaria. Tutta la sinistra e l’estrema destra hanno messo un veto assoluto, senza discussioni, a questa impostazione. La coalizione di governo voterà la fiducia, i Républicains si sono inaspettatamente spaccati in una loro ennesima diatriba interna: Laurent Wauquiez, il capo dei deputati, rivale del segretario e ministro dell’Interno Bruno Retailleau, ha annunciato di aver dato “libertà di voto” ai suoi. Retailleau l’ha sconfessato, ma non si sa cosa succederà di fronte alla candidatura di un successore, ad esempio un socialista moderato o una personalità come l’ex premier del PS, Bernard Cazeneuve.

Retailleau è stato chiaro: “Se la gauche è al governo, la destra sarà all’opposizione”. Tocca quindi a Macron, che secondo le fonti citate dal BFM TV sta lavorando dietro le quinte e “non ha ancora deciso”. L’autocandidatura del segretario socialista, Olivier Faure, sembra tramontare ad ogni ora che passa: Faure non ne vuole sapere di governare con i macroniani, ha ripetuto “voglio un governo di sinistra” che lavori poi caso per caso alla ricerca di compromessi. Tra i suoi più feroci oppositori, però, ci sono gli ex alleati de La France Insoumise di Jean-Luc Mélenchon, che parlano di “truffa socialista”, di una coalizione “di tutti e di chiunque”. “Noi – è il motto di Mélenchon – non siamo candidati a nessun posto, siamo solo in prima fila per cambiare tutto”. E prepara una nuova mozione per chiedere – come mesi fa con ampio insuccesso – la destituzione del presidente Macron. Appoggiandosi alla rabbia sociale che guarda a mercoledì prossimo per “Bloccare tutto”, come recita lo slogan dell’inedita manifestazione “antagonista” nata sui social.

Nello stesso senso, quello di un ritorno alle urne, spinge il RN di Marine Le Pen: “Non mi interessa se io non potrò ripresentarmi”, ha detto oggi nel suo feudo elettorale di Hénin-Beaumont. Lasciando però, a differenza di Mélenchon, uno spiraglio aperto a “un altro premier”: “Non sfiduceremo a priori”, assicura. Ma la politica deve cambiare drasticamente, dopo il governo “dobbiamo far cadere i quattro tabù: immigrazione, Europa, frodi di ogni tipo e sprechi di stato. Sono questi i soldi che bisogna andare a prendersi, non quelli dei francesi”.

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