VENEZIA – Cerimonia snella con qualche sbavatura, i momenti migliori e peggiori della serata di chiusura di Venezia 82. Le nostre pagelle

(ansa)

Porcaroli e Covi, la freschezza dei ventenni

Occhi profondi e sguardo candido lo sconosciuto, fino a ieri sera, Giacomo Covi, 21 anni, cameriere prestato al cinema, provava l’imbarazzo di essere accanto “a una vera attrice” (come ha detto in sala stampa), Benedetta Porcaroli, 27 anni – già punto di riferimento del cinema italiano. Entrambi sono stati premiati nella sezione Orizzonti portando una ventata di freschezza ed emozioni reali a inizio cerimonia.

Voto 9

(ansa)

Lost in translaton dalla Cina

L’attrice cinese Xin Zhilei vince come miglior attrice la coppa Volpi che vorremmo aver visto assegnato a Valeria Bruni Tedeschi o Barbara Ronchi ma tant’è: non si può pretendere tutto. Il problema è il “lost in translation”, il discorso è stato lunghissimo. La traduttrice non ci ha aiutato a capirlo, visto che ha ripetuto incessantemente “sono un’attrice cinese” e “mi hanno preso in giro per il mio sogno di diventare un’attrice” e Xin Zhilei ha proseguito sulla musichetta imperterrita anche se il tempo a disposizione per i ringraziamenti era finito. Colpa sempre del malinteso linguistico anche la sua instancabile oratoria: continuava imperterrita a parlare, mentre l’orchestra già le suonava le “marcette di congedo”. Probabilmente nessuno le aveva spiegato in cinese che quello non era un sottofondo trionfale, ma un gentile invito a liberare il palco.

Voto 5

(ansa)

Il vademecum di Emanuela Fanelli

Non abbiamo mai riso tanto alla cerimonia di chiusura della Mostra e il merito è di Emanuela Fanelli, la condizione che ha esercitato è stata di fare la conduzione a modo suo anche in una situazione formale come la Biennale. Tra i tanti momenti esilaranti il vademecum ai vincitori per celebrare la vittoria sul palco senza sforare i tempi, tentativo miseramente fallito. Tra i consigli: se si è in fondo alla sala affrontare le marcia verso il palco come fosse una gara, disponibili borracce di ristoro, limitarsi ai parenti di primo grado per i ringraziamenti e preparare un pianto di riscaldamento prima di cominciare a parlare.

Voto 9

La diretta Rai che interrompe un’emozione

La diretta Rai che passa dalla piattaforma a Rai 3 a metà cerimonia contraddice lo slogan “Non si interrompe un’emozione”. Oltre un quarto d’ora di intervallo per passare dai primi premi a quelli “più pesanti”, la conduttrice Emanuela Fanelli aveva infatti esordito: “La mia verve la terrò per i canali nazionali”. Per il prossimo anno l’invito è “Rai di tutto di più”, ma tutto su un unico canale.

Voto 4

(reuters)

Payne e l’imbarazzo di Jarmusch

Alexander Payne, presidente di una delle giurie più divise che si ricordino, è riuscito in un’impresa titanica: mettere in imbarazzo perfino Jim Jarmusch, consegnandogli un Leone d’Oro. Parliamo di un simbolo del cinema indipendente che non girava un film da sei anni, e che torna con un’opera delicata, raffinata, che avremmo visto volentieri in sala… ma che fatichiamo a identificare come il “film da Leone”. Soprattutto se si pensa che è stato preferito a un titolo potente e radicato nell’attualità come The Voice of Ind Rajab Jarmusch, dal canto suo, ha provato a spostare l’attenzione sul piano politico: ha parlato di connessione umana come fondamento del vivere insieme, ha mostrato con orgoglio la spilletta Enough– da mesi si schiera a favore di Gaza – e ha dichiarato che il film non verrà distribuito in Israele. Insomma, viva Jarmusch, per coerenza e stile. Un po’ meno per questo film. E decisamente meno per la decisione di Alexander Payne.

6-

(reuters)

Il baciamano di Fernanda Torres a Toni Servillo

Coppa Volpi per il miglior attore a Toni Servillo, che ha ringraziato Paolo Sorrentino – “in settimana ci vediamo per una pizza”, ha detto sorridendo – e poi ha dato spettacolo con un entusiasmo fuori dal consueto. Abbracci e baci ai giurati, ma il momento clou è stato con Fernanda Torres, attrice brasiliana di Io sono ancora qui: un bacio, poi un altro, poi un terzo, seguiti da un abbraccio e da una curiosa inversione di ruoli, con lei che gli ha fatto il baciamano. Tutto sotto lo sguardo sereno della signora Servillo, presente in sala e apparentemente divertita, a fugare ogni possibile equivoco.

Voto 8

La voce di Hind e la forza della mamma

Al di là del palmarès, The Voice of Hind Rajab è il film destinato a restare nella memoria di questa edizione della Mostra. Per la potenza della realtà messa in campo, per il confronto di idee, talvolta anche lo scontro, ma soprattutto per quella voce: la voce di una bambina di Gaza che non c’è più, e che la regista è riuscita a trattenere nel tempo attraverso il cinema. Un gesto di memoria potente, accolto con commozione anche dalla madre di Hind, Wissam Hamadah che da Gaza City ha voluto essere presente per ricordare non solo il simbolo, ma la figlia, la bambina. “Era una bambina piccola che ha implorato il mondo intero, il film documenta la sua storia e fa sì che la sua voce diventi un ricordo indelebile, un tributo eterno. Gaza ha una voce reale, forte, che il mondo vede, ma non vuole ascoltare né riconoscere. Hind è la voce della verità, e la voce della verità prevarrà sempre”.

Voto 10

(ansa)

Luna Wedler e la musichetta liberatoria

In una serata scandita dall’incessante sigletta musicale che cercava – spesso invano – di accompagnare fuori scena vincitori logorroici e ringraziamenti infiniti, l’unica a salutare quella marcetta come una liberazione è stata la giovane protagonista di Silent Friend, l’attrice svizzera Luna Wedler nei panni di una botanica femminista, visibilmente spiazzata. Vestita di fucsia e spaesamento, ha balbettato sul palco confessando di non essersi preparata un discorso, e l’ha ripetuto più volte, come un mantra. Il premio intitolato a Mastroianni se lo è portato a casa comunque grazie al suo talento. Ma, insieme, anche una lezione utile: la prossima volta, almeno un bigliettino o un appunto sul telefono. Qualcosa, preparalo.

Voto 6

(ansa)

Nino D’Angelo, Odio e lacrime: “Non s’uccidono le criature”

In una cerimonia ibrida e interminabile, tra cambi di ritmo e tempi dilatati, la vera sorpresa – e forse il momento più autentico di spettacolo – è stato l’arrivo sul palco di Nino D’Angelo. Lo scugnizzo, in smoking d’altri tempi, ha raggiunto il centro del palco e ha intonato con grande trasporto una canzone scritta vent’anni fa: parole semplici e potenti, che parlano del presente con quella sua anima popolare capace, proprio per questo, di arrivare dritta al cuore e un messaggio dritto: “Non s’uccidono le criature”. Un’interpretazione impeccabile, intensa, che ha dimostrato come anche una cerimonia di premiazione possa trasformarsi, per un attimo, in vero spettacolo. Peccato che in quella lunga serata momenti così ne abbiamo visti solo a sprazzi.

Voto 8

Rosi tra Toronto e un mondo da esplorare

Non dev’essere semplice salire sul palco subito dopo l’esplosivo Toni Servillo. Ma Gianfranco Rosi, con quel modo discreto di nascondersi dietro al microfono, riesce a trasformare anche una voce sommessa in un momento di grande calore. Parla dei documentaristi – quindici presenti alla Mostra, li ha contati uno a uno – e li difende con passione. Ricorda con affetto Bernardo Bertolucci, che dodici anni fa gli consegnò il Leone d’Oro per Sacro Gra, e lo fa con una dolcezza che sa di gratitudine profonda. Rosi sembra avere sempre un piede sul palco e uno già altrove: tra i mondi che racconta, tra Roma e il Medio Oriente, tra Napoli – dove ha trascorso gli ultimi tre anni – e la prossima tappa. Fisicamente è già in viaggio verso Toronto, atteso al festival ma in testa, ne siamo certi, ha già un’altra meta. Un nuovo luogo da esplorare, in cui sparire e riemergere tra qualche anno con uno dei mondi che sa costruire.

Voto 8