Il mondo interverrà per salvare i bambini affamati di Gaza?
di Juliette Touma, dipartimento di Comunicazione dell’Unrwa
Ultimamente ho pensato ad Adam, più del solito.
Ho conosciuto Adam anni fa nella città portuale yemenita di Hodeidah, allora sotto assedio e sottoposta a pesanti bombardamenti. Nel poverissimo reparto pediatrico dell’ospedale giaceva Adam, un bambino di 10 anni che pesava poco più di 10 Kg. Non riusciva parlare né a piangere. Poteva solo respirare emettendo un suono rauco. Pochi giorni dopo, Adam è morto di malnutrizione.
Il ricordo di Ali
Un paio di anni prima, la mia collega Hanaa mi chiamò dalla Siria a notte fonda. Era in lacrime e riusciva a malapena a parlare. Alla fine Hanaa mi disse che Ali, un ragazzo di 16 anni, era morto. In un’altra città sotto assedio, coinvolto in una guerra non sua, anche lui era morto di malnutrizione. Il mattino seguente, il mio superiore, un epidemiologo, mi disse: «Che un ragazzo di 16 anni muoia di malnutrizione la dice lunga. È praticamente un uomo. Significa che in quella zona della Siria non c’è cibo».
In Yemen, in uno dei pochi ospedali funzionanti di Sana’a, la capitale, stavo attraversando il reparto pediatrico durante il picco di un’epidemia di colera. Ragazzi di 15-16 anni che lottavano per rimanere in vita. Erano così deboli e scheletrici che riuscivano a malapena a girarsi nei loro letti. Queste immagini e queste storie mi hanno perseguitato nel corso degli anni, come lo hanno fatto per molti di noi che hanno lavorato in situazioni di grave fame o di carestia.
Leggi qui l’articolo completo