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C’è un film, a Venezia 82, che si è fatto notare non tanto per la sua bellezza quanto per la sua sorprendente particolarità. Protagonista è Cate Blanchett, insieme ad Adam Driver e molti altri nomi del grande schermo come Tom Waits, Mayim Bialik, Charlotte Rampling, Vicky Krieps, Sarah Greene, Indya Moore, Luka Sabbat, Françoise Lebrun. E la trama? Beh, è impossibile da raccontare perché sostanzialmente non c’è. 

Il film in questione si intitola “Father Mother Sister Brother”, ha vinto il leone d’oro alla Mostra del Cinema di Venezia 2025, e nasce da un’idea del regista statunitense Jim Jarmusch, anzi, dalla sua voglia di trasmettere stati d’animo e provare a raccontare le stranezze e allo stesso tempo la tenerezza dei rapporti familiari. 

“Father Mother Sister Brother” è un film antologico diviso in tre parti. Ognuna di queste ha protagonisti diversi e racconta una storia diversa ambientata in tre città: c’è Dublino, c’è Parigi e c’è il New Jersey. Tutte le storie, però, sono accomunate dal tema della famiglia e dell’amore raccontato attraverso scene di vita quotidiana, senza alcuno sviluppo narrativo. 

Si tratta di una scelta molto inusuale quella del regista statunitense che opta per il genere antologico che, al cinema, potrebbe risultare poco coinvolgente e bisogna dire che è un po’ quello che accade con questo film, almeno fin quando non si entra totalmente nel suo schema narrativo e lo si apprezza in tutta la sua “stranezza”. 

In “Father Mother Sister Brother” vediamo due sorelle dal carattere opposto prendere il tè insieme alla loro mamma, vediamo due fratelli bere il caffè al bar mentre affrontano una nuova quotidianità dopo la morte dei genitori e due figli, ormai adulti, andare a trovare il loro papà anziano a casa. Nulla di sconvolgente dal punto di vista dei contenuti ma ciò che colpisce di questo film è la sua capacità di trasmettere emozioni senza dover ricorrere a schemi narrativi, a uno sviluppo della storia, a colpi di scena o altri mezzi. 

Vedere l’ultimo lavoro di Jim Jarmusch è come assistere, sul grande schermo, a piccoli estratti della propria vita  e con la sua ironia e apparente leggerezza questo film riesce a toccare corde molto profonde, forse molto di più di un’opera in cui la trama ha un inizio, uno svolgimento e una fine. 

Non siamo abituati a vedere lungometraggi con una struttura così particolare e dialoghi che potrebbero sembrare casuali e senza significato ma bisogna concedersi il tempo di prendere le misure con questo film, apprezzarne l’unicità e capire quanto possa essere emotivamente forte vedere sul grande schermo semplici e apparentemente insignificanti stralci di quotidianità. 

Dopotutto, non sono proprio questi momenti quelli che contano di più nella vita?

Voto: 6,4

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