Condividi










C’è stato un tempo in cui Monza era il tempio della velocità, il luogo in cui la Ferrari si trasformava da scuderia in religione nazionale. Ma da Monza la Ferrari esce come un’ombra stanca, smarrita e impreparata, attenta più a sopravvivere all’umiliazione che a lottare per la gloria. Il tutto nonostante una fiducia, un po’ illusoria, di un popolo di 150mila persone pronto a mettersi in marcia e in missione, nella speranza di un colpo di scena che dia un senso all’intero mondiale.

Lo scorso anno, con la vittoria di Leclerc, era andata anche bene. Ma non si può sempre cenare con gli avanzi.

A Monza l’illusione finisce fuori pista

La prestazione del weekend del Gp d’Italia 2025 è stata l’ennesimo capitolo di una stagione che somiglia sempre più a un lento, costante suicidio tecnico e strategico. Una squadra che brancola nel buio, con due piloti demoralizzati e un team principal che pare ripetere frasi motivate con la convinzione di un centralinista. Sentire definire a fine gara “a solid performance” il quarto posto di Leclerc e il sesto di Hamilton è proprio quello che avevamo definito qualche giorno fa una gigantesca supercazzola. Dire che ci si può accontentare di essere arrivati quattro secondi dietro la McLaren non è consono. E non ci sembra nemmeno molto serio.

Lewis Hamilton ha portato in dote alla Ferrari una fama mondiale, sette titoli, e la speranza di un cambio di passo. E potenzialità di marketing infinite: tant’è che le Ferrari si vendono meglio di prima. Ma il bilancio sportivo è disastroso: una macchina apparentemente ingestibile, appesantita e incapace di mantenere un passo competitivo per più di dieci giri consecutivi.

Rispetto alla disfatta olandese, a Monza è andata persino meglio: se non altro le due macchine non sono finite fuori pista in modo grottesco, aggiungendo alla beffa il danno. Un quarto e un sesto posto: per qualcuno il bicchiere sarà anche mezzo pieno. Ma il vero bilancio è che le due Ferrari sono sempre rimaste fuori da una competizione alla quale fin dall’inizio si è capito che non avrebbero mai potuto aspirare. Ed è così dall’inizio della stagione.

Le giustificazioni di Vasseur

Fred Vasseur ha provato a gettare fumo negli occhi parlando di “errori nell’esecuzione” più che di limiti tecnici. Ma quando ogni fine settimana si trasforma in una corsa all’improvvisazione, qualcosa non torna. Il team arriva impreparato, prova assetti apparentemente non lucidi, cambia strategia ogni due ore e spera che piova per mischiare le carte. Non è un piano tecnico. È una roulette russa.

Anche a Monza la Ferrari ha cercato di spingere forte, di guadagnare almeno all’inizio qualcosa nella speranza di sfruttare qualche errore altrui e ritrovarsi quanto meno sul podio, giusto per dare un senso alla corsa forsennata di decine di migliaia di persone sotto il palchetto delle premiazioni. Ma non è bastato. Quando le gomme hanno cominciato a mostrare il limite, la Ferrari ha potuto solo accontentarsi. Ed è già stato un risultato dignitoso tenersi alle spalle la Mercedes.

Il divario con la concorrenza è imbarazzante

I numeri non mentono. A parità di carburante, in qualifica, Ferrari è dietro McLaren e Mercedes di tre decimi, e dietro Red Bull di almeno mezzo secondo. In gara, il degrado gomme porta questo distacco a oltre un secondo al giro dopo metà stint. La doppietta Mercedes a Zandvoort è stata una sentenza: loro crescono, la Ferrari implode. Da Monza cambiano alcuni fattori ma non il prodotto finale di una macchina che più di così non è in grado di fare. Nemmeno con uno dei piloti migliori nella storia del Mondiale e con un Leclerc che ormai è un veterano che dovrebbe conoscere a menadito i meccanismi e le strade per un perfezionamento che ormai sembra essere impossibile.

Una scuderia che non crede più in sé stessa

Ferrari ha smesso di essere un team che combatte. È un gruppo che sopravvive. I piloti chiedono chiarezza ma ottengono incertezza. Gli ingegneri sembrano in un eterno stato di beta test. I meccanici sono sotto pressione costante. E il reparto strategico continua a inanellare errori grossolani che ricordano più un team di metà classifica che un ex simbolo della Formula 1.

La cosa più grave, però, è l’atmosfera. Da Monza è trapelata la sensazione netta che tra Leclerc e il team si sia incrinato qualcosa. Non si tratta solo di risultati: è la fiducia a essersi dissolta. Quando un pilota in diretta mondiale afferma di “non capire cosa stia succedendo alla macchina”, significa che qualcosa si è rotto. Quando Hamilton, sette volte campione del mondo, si dice “confuso dalla gestione delle gomme”, allora anche il progetto 2026 comincia a tremare.

Il teatrino industriale: un alibi stanco

Vasseur da grande affabulatore tenta di distogliere l’attenzione parlando di strategie aziendali, piani futuri, sinergie con Le Mans e nuove tecnologie ibride. Ma tutto questo, oggi, suona come l’ennesima foglia di fico. Perché se non si riesce a mandare in pista una monoposto che tenga le gomme per 20 giri, e che spinga con continuità reggendo il confronto con le migliori, il quarto posto resta ‘solid…’ Il miglior risultato possibile,

Impressionante invece la risposta del pubblico di Monza: da record. Molti striscioni, alcuni dei quali per la verità più malinconici che fieri. Il senso di frustrazione anche nel popolo del Cavallino è palpabile. E chi conosce la Formula 1 sa che una squadra che si presenta al proprio Gran Premio con l’unica speranza di “non sfigurare troppo” è una squadra che forse ha già finito prima ancora di cominciare.

Cosa augurarsi da qui alla fine del campionato? Di mantenersi sul podio dei costruttori quanto meno: magari a suon di quarti posti. Al momento la Ferrari è seconda, con venti punti da difendere sulla Mercedes e 41 di vantaggio sulla Red Bull che sta mostrando prepotenti segni di riscatto sotto la guida di Laurent Mekies che in quattro gare ha conquistato la prima vittoria, un secondo e un quarto posto correndo praticamente con una macchina sola. Più e meglio delle due Ferrari messe insieme.