Dimenticate la Danimarca perfetta, patria dello stato sociale e del benessere. In “Nessun altro posto dove andare”, primo romanzo di una trilogia di Thomas Korsgaard, si racconta di una remota contrada contadina, in cui c’è poco spazio per i sentimenti e perfino per la legalità, di una famiglia noncurante e indifferente, e degli occhi di un ragazzo, proiezione dell’autore, che guardano il mondo in modo autentico; il giovane Tue affronta le difficoltà con coraggio e perspicacia, scopre la propria omosessualità e cerca un posto nel mondo…
Per quanto riguarda gli scrittori della Danimarca eravamo fermi al “patriarca” Ludvig Holber, all’universalmente noto Hans Christian Andersen, alla mitica Karen Blixen, alla grande riscoperta di Tove Ditlevsen, all’enigmatico Peter Hoeg – e ci scusiamo con tutti gli altri che non abbiamo letto e ci rammarichiamo per quelli ancora non tradotti. Tocca aggiornare il file “scrittori danesi”. Tocca farlo per Thomas Korsgaard, classe 1995, ennesimo gioiello della narrativa straniera della casa editrice Sellerio, che negli ultimi anni ha proposto nomi celeberrimi come Mia Couto, Clara Usón, Jenny Erpenbeck, Masha Gessen, Ben Lerner, Max Porter, Pajtim Statovci. Thomas Korsgaard è il giovane autore di una trilogia che in patria ha avuto parecchi consensi, in termine di vendite e di premi ottenuti, e di cui Nessun altro posto dove andare (291 pagine, 17 euro) è il primo volume, tradotto da Andrea Romanzi.
Pochi mezzi materiali ed emotivi
Il romanzo, pubblicato in patria nel 2017, non racconta della Copenaghen, capitale a misura d’uomo, patria del benessere, dello stato sociale, dei diritti e dell’ecosostenibilità, che qualche anno dopo, cioè quest’anno, ha incassato il titolo di «città più felice del mondo». Tue, dodicenne che potrebbe essere un alter ego di Thomas Korsgaard (e un fratello di Shuggie Bain, epico personaggio di Douglas Stuart, di cui abbiamo scritto qui), è un ragazzino curioso, ingegnoso, che prova a cavarsela sempre nelle ostilità e la cui voce autentica, candida, spietata, ingenua, sarcastica, ironica, anche involontariamente, arriva da una remota contrada contadina, la desolata Nørre Ørum, nella penisola dello Jutland, a nord-ovest della capitale, due realtà distanti non solo fisicamente. Di indifferenza e noncuranza, di vite ai margini in una fattoria e nei suoi dintorni, in mezzo ad altri villaggi anonimi, racconta Tue/Thomas, di una famiglia di pochi mezzi materiali ed emotivi, che vive di allevamento e d’espedienti. Il risultato è un ibrido di romanzo sociale e romanzo di formazione. Dimenticate la società danese perfetta, c’è un ragazzo che desidera spesso andar via e piangere (ma senza che gli altri se ne accorgano), con due fratelli più piccoli (poi apparirà anche un fratellastro…) abbandonati al loro destino da un padre (che Tue accompagna la notte a rubare cavi di rame) violento e inseguito dai creditori e da una madre (di cui Tue prova a prendersi cura) depressa e alle prese con la ludopatia.
Il desiderio di salvarsi e fuggire
A volte maldestro e vulnerabile, Tue, che come regalo di cresima vorrebbe «una famiglia nuova», cioè possibilmente non disfunzionale e infelice come quella che gli è toccata, sente il vuoto e la superficialità dei rapporti familiari, il peso della solitudine e di un’asfittica provincia, un oscuro sobborgo del pianeta Terra, ma fa di tutto per trovare la propria strada, tra maturità e humor nero, provando anche a vivere con coraggio la maggiore attrazione per i corpi maschili rispetto a quelli femminili, l’omosessualità che scopre e per cui teme soprattutto la condanna del padre Lars. Il romanzo di Thomas Korsgaard, con i suoi capitoli brevi, scorre veloce, tra ricorrenze, compleanni, capodanni e momenti di vita quotidiana. La tenacia del suo giovane protagonista, che fa i conti con una realtà cruda, è ammirevole, come il suo spiccato senso di responsabilità, la sua perspicacia e la sua sensibilità ben oltre la media, con il suo desiderio di salvarsi e fuggire. Difficile trovare, fra i romanzi delle ultime stagioni, uno così puntellato di silenzi e allo stesso tempo così feroce.
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