di
Marianna Peluso
Andrea Peripolli, di Cornedo Vicentino, li ha recuperati nel 1998 nel cantiere di demolizione dell’azienda tessile dove negli anni 70 Armani, ancora freelance, disegnò per conto terzi la sua prima linea a portare il suo nome
Dopo la morte di Giorgio Armani, il sogno di Andrea Peripolli resta intatto. Anzi, si fa più urgente. Quello di ricordare l’arte del re della moda attraverso i bozzetti originali (realizzati tra la fine degli anni 70 e metà 90), i fax ingialliti, le cartelle con tessuti spillati e le prove colore che salvò dal macero quasi per caso. «Sognavo da anni di andare a Milano da lui, per raccontargli questa storia – confida oggi –. Non ce l’ho fatta. Ma chissà, magari sarà Silvana Armani a contattarmi. Ho molti documenti firmati da lei, quando era nell’ufficio stilistico. Uno in particolare porta la sua firma in calce ed è legato alla collezione 1990-91, realizzata nel 1989».
I bozzetti salvati dal macero
La collezione personale di Peripolli, classe 1979, originario di Cornedo Vicentino, in provincia di Vicenza, è cresciuta con il tempo e con la consapevolezza. Di recente si è arricchita di un volume raro: un libro di bozzetti che Giorgio Armani regalò ai dipendenti della maison nel 2011, che lui è riuscito ad aggiudicarsi su eBay. «Sfogliandolo, ho notato che mancano alcune tavole – racconta –. Mancano proprio quelle che ho io. È stata una piccola conferma: sono disegni unici, autentici, non duplicati. E fanno parte di quella prima stagione creativa che ha dato forma allo stile Armani». Il nucleo originario della raccolta risale al 1998, quando Peripolli, allora diciannovenne, si ritrovò per caso nel cantiere di demolizione dell’ex stabilimento Sicons, l’azienda tessile dove negli anni Settanta il giovane Armani, ancora freelance, disegnò per conto terzi la sua prima linea a portare il proprio nome: “Armani by Sicons”. Durante lo sgombero, in un container dimenticato, Andrea recuperò faldoni in pelle, scatole di cartone, schede tecniche, cartelle tessuti e venticinque bozzetti originali firmati con le iniziali “G.A.”. Per anni tutto rimase in cantina, fino al lockdown del 2020, quando Peripolli cominciò a catalogare quel tesoro silenzioso.
Il sogno di un museo
Dopo la pubblicazione del primo articolo sul Corriere della Sera, la collezione ha iniziato a suscitare interesse anche fuori dall’Italia. «Mi ha contattato un’amica da Dubai – spiega –. Mi ha dato una lista di cinquanta musei e gallerie d’arte degli Emirati Arabi, a cui proporre un’esposizione. Negli Emirati il Made in Italy ha una risonanza fortissima. E il Louvre di Abu Dhabi ha già mostrato una certa curiosità». Ma a colpire Andrea più di tutto sono state le reazioni degli ex dipendenti della GA Operations. «Mi hanno scritto messaggi bellissimi – dice –. Alcuni ricordavano con precisione i modelli, le firme, le lavorazioni. Mi hanno detto: “ci hai fatto rivivere quel periodo”. Questo per me è il senso di tutto». Nel frattempo Peripolli continua a pubblicare, con discrezione, immagini e frammenti dell’archivio sul profilo Instagram dedicato @giorgio_armani_sketches. Resta però fedele alla sua idea iniziale: «Se un museo, una fondazione o un collezionista vorranno dare una casa a questi materiali, sarò felice di parlarne. Ma il mio primo pensiero resta sempre Armani. Non voglio farne un cimelio da rivendere, ma un pezzo di memoria da valorizzare. Questi disegni, questi fogli, sono l’inizio di una storia. E sarebbe giusto che tornassero dove tutto è cominciato».
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7 settembre 2025
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