C’è chi farebbe follie per avere l’auto dei propri sogni. E, guarda un po’, tra questi troviamo anche un “certo” Bill Gates, rimasto talmente stregato dalla Porsche 959 da affrontare una maratona lunga ben tredici anni, tra tasse, burocrazia e ostinazione. Al cuore, del resto, non si comanda, e quel gioiello, uno dei modelli più veloci, rari e proibiti degli anni Ottanta, ha mandato in cortocircuito le sinapsi di tanti appassionati, comprese quelle di un uomo che ha fatto della razionalità il suo credo.

Perché era proibita in America

Siamo nel 1988 e il capo di Microsoft è già un giovane miliardario con qualche Porsche in garage – una 911, una 930 Turbo – ma la 959 è un altro pianeta. Una macchina nata come laboratorio di tecnologia su ruote: motore boxer biturbo da 2,85 litri, 450 cavalli, scocca in Kevlar e alluminio, sospensioni elettroniche, trazione integrale intelligente. Ai tempi era la vettura stradale più veloce del pianeta: 0-100 in meno di quattro secondi, 320 km/h di punta. E inoltre, rarissima: ne hanno costruite 300 circa.

Gates se la compra, peccato per un problema, grosso come una dogana: negli Stati Uniti la 959 non è omologata, avendo fallito i crash test richiesti e violato gli standard sulle emissioni. Quando la macchina arriva al porto di Seattle, le autorità la bloccano e qui succede la cosa incredibile: invece di rinunciarci, Gates paga 28 dollari al giorno di tasse per 13 anni, nonostante debba tenerla lì, ferma, in un magazzino della zona franca, a cui aggiungere un rinnovo annuale da 500 dollari, necessario a mantenere attivo il vincolo legale. Il conto finale? Oltre 133.000 dollari dell’epoca, equivalenti a circa 300.000 dollari odierni, pur di non dire addio a una macchina “proibita”. Una dedizione che farebbe invidia a qualsiasi collezionista.

Una battaglia vinta

Ma le vicissitudini hanno un finale a sorpresa. Gates, insieme ad altri collezionisti, inizia a fare pressioni a Washington affinché la legge venga modificata e, dopo anni di discussioni, nasce la famosa regola “Show or Display”, che permette di importare veicoli privi di omologazione purché possiedano valore storico e abbiano percorso meno di 2.500 miglia all’anno. Nel 2001, finalmente, la sua 959 esce dal limbo: Gates la può portare in garage e “coccolare”. Un gesto da fanatico? Può darsi, ma anche un atto di amore assoluto verso la meccanica e l’innovazione. E forse, perché no, una sfida contro il sistema: solo un vero irriducibile poteva ingaggiare una battaglia del genere per tenersi stretto questo capolavoro d’ingegneria tedesca.

Eppure, non è l’unico a perdere la testa per un’auto. Justin Bieber, ad esempio, ha mobilitato il suo staff per settimane alla ricerca di una Ferrari scomparsa, mentre Shaquille O’Neal ha modificato interni, sedili e telai pur di riuscire a entrare nelle sue supercar. Gates, però, ha dato prova di una tenacia fuori dal comune, avendo pagato e promosso un cambio di regole, prima di avere la meglio nella sua battaglia personale. Alla domanda: “Ne è valsa la pena?”, lui probabilmente risponderebbe con un sorriso e una leggera pressione sull’acceleratore. A 320 all’ora.