Prima l’esordio con l’Udinese, poi l’Italia a Bergamo contro l’Estonia: così la punta nerazzurra può sognare in grande
Giornalista
8 settembre – 14:41 – MILANO
La “tag-line” del film sul più piccolo degli Esposito è diretta e intuitiva: “Una settimana da Pio”. Al posto di Morgan Freeman c’è il volto tirato ma entusiasta di Gattuso. La punta dell’Inter ha realizzato due sogni nel giro di sei giorni: prima il debutto in Serie A con l’Inter, la squadra della vita che gli ha teso la mano a nove anni e che l’ha reso un centravanti dalle spalle larghe che di sicuro si farà, e poi i primi minuti con l’Italia di Rino, uno che contro l’Estonia gli ha dato una pacca sulla spalla e gli ha sussurrato “sogna, ragazzo. Sogna”.
destino—
Il destino a volte ti fa sorridere. Esposito è cresciuto in un campetto sgangherato nel rione Cicerone di Castellammare, ma i primi gol li ha segnati alla Voluntas Brescia, la società di Pirlo, Acerbi e dei gemelli Filippini. Ma il debutto in Nazionale è arrivato a Bergamo, a una cinquantina di chilometri più a ovest. La piazza rivale per antonomasia. Il giorno del famoso derby di Mazzone sotto la curva, Pio non era neanche nato. L’Atleti Azzurri d’Italia per sempre lo stadio del debutto con l’inno di Mameli cantato a squarciagola. Se gli Esposito hanno sfondato lo devono a papà Agostino, vecchio centrale difensivo con un passato nella primavera del Napoli, e a Roberto Clerici, lo scout che li ha visti giocare in quel campetto – poi restaurato dagli stessi Esposito – e li ha portati al nord per dargli una chance. È morto nel 2018 a 75 anni. In suo onore, Salvatore e Sebastiano hanno rilevato le quote della Voluntas. Pio ha dedicato il gran debutto alla famiglia.
l’utilità di pio—
Esposito può godersi la vista sull’orizzonte senza alzarsi in punta di piedi. Supera di poco il metro e novanta, incassa calcioni, tiene botta, difende il pallone. Sarà utile in situazioni dove ci sarà da sgomitare e aprire spazi, come a La Spezia, negli Stati Uniti e contro l’Udinese, dove ha presidiato l’area alzando la testa. Se non fosse stato per Solet, protagonista di un intervento da top player, avrebbe fornito a Thuram la palla del 2-2. Si rifarà. Sarà uno dei jolly offensivi di Chivu: può fare la punta del 3-4-2-1, la boa in tandem con Lautaro o Thuram e tenere il reparto da solo. Quando c’è lui, Dimarco e Dumfries intensificano i cross dalle fasce. L’anno scorso ha segnato sette gol di testa. Il primo graffio con l’Inter è arrivato da centravanti vero: controllo, finta, destro e River Plate ko. Chivu si aspetta questo. Gattuso pure.
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