di
Paola Pollo

In 16 mila per l’omaggio allo stilista: oggi i funerali a Rivalta, il paese della madre. Il compagno: «Indecisi se organizzare la camera ardente per uno o due giorni: ci sembrava esagerato»

A porte chiuse arriva Rosanna Armani, la accompagna per mano il figlio Andrea Camerana e la nipote Maria Vittoria. Accarezza la bara del fratello. Si appoggia. Poi alza lo sguardo e con un filo di voce dice «grazie, grazie a tutti». Ed è un lungo, lunghissimo, intimo applauso. La giornata alla camera ardente per Giorgio Armani si chiude così, con il toccante saluto di una sorella a un fratello e a una vita condivisa. 

Nell’aria ancora le note di Ludovico Einaudi, nella sala le trecento lanterne, alla parete la foto dello stilista che saluta e nel cuore l’immagine di centinaia e centinaia di persone che per nove ore hanno sfilato per dirgli addio: un segno della croce, un inchino, una carezza, una preghiera.



















































Dell’Orco sempre lì ad accogliere, il viso scavato, pronto a stringere la mano a tutti: quasi diecimila persone — più le 6mila di sabato — sono entrate nel teatro di via Bergognone. E rompe il silenzio per esprimere tutta la sua commozione per tanto affetto. «Non eravamo preparati, ma teniamo duro. Siamo stati indecisi se organizzare o meno la camera ardente per uno o due giorni, ci sembrava quasi esagerato — si apre —. E invece siamo stati sopraffatti dalla quantità di folla, dall’affetto e dal rispetto che tutti ci stanno dimostrando. È stato giusto così».

«La cosa più bella è che l’80, 90 per cento di chi è venuto in questi due giorni — continua Dell’Orco, con uno stupore sincero, lo stesso che aveva sempre lo stilista quando percepiva tanta ammirazione attorno a lui — lo ha fatto senza conoscerlo, solo per rendergli omaggio. Ci sono famiglie intere, uomini e donne di tutte le età. È bellissimo. Vedere tutte queste persone ci ha fatto capire quanto la gente lo amasse. Chissà cosa avrebbe detto lui». 

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E il pensiero poi ad oggi, giorno dei funerali, in forma privata: «Lo saluteremo in famiglia e poi andremo avanti come lui avrebbe voluto. Tutto è pronto per ricordarlo con la sua moda». Dando appuntamento a quel 28 settembre che Giorgio Armani ha preparato nei minimi dettagli, sino a pochi giorni dalla morte: mostra e sfilata per festeggiare i 50 anni dalla fondazione del marchio.

Dell’Orco e Andrea Camerana non lasciano per un solo istante il teatro. Accanto a loro si alternano i collaboratori più stretti, i dirigenti ma anche gli altri dipendenti e gli amici, nei loro rispettosi completi blu di armaniana leggenda. In mattinata con discrezione arriva anche Silvana Armani, la nipote alla quale Giorgio lascia l’eredità delle collezioni donna (Dell’Orco segue l’uomo): pochi minuti in raccolto silenzio. «È dura, durissima» dice a chi l’abbraccia. La sorella Roberta non se l’è sentita di venire. Ci sarà oggi ai funerali. La famiglia è unita più che mai. Ognuno vive il dolore a modo proprio, con il rispetto di tutti. E nella giornata, tra la gente comune, si mescolano i volti conosciuti: da Ludovico Einaudi a Federica Pellegrini a Margherita Buy, i De Laurentiis, Marco Tardelli e Myrta Merlino, Paolo Maldini, Flavia Pennetta e Bianca Vitali, Barbara Palombelli e Francesco Rutelli, Enrico Lo Verso, Matteo Renzi, Mario Monti, Attilio Fontana e altri ancora.

Latitano gli stilisti e imprenditori della moda. Non si può non registralo. Ma c’è chi sente il desiderio di esserci. Anche se non riesce a dire nulla per la commozione, come Santo Versace o come Rocco Iannone, che ha lavorato per 11 anni a fianco di Armani e ora guida la direzione creativa di Ferrari: «Non posso dimenticare il suo impeto, la sua visione, quel suo inseguire sempre la perfezione. Ma soprattutto la ferocia con la quale proteggeva la sua libertà, anche quando il mondo parlava una lingua diversa sapendo che il suo vocabolario era quello riconosciuto in tutto il mondo». Laura Lusuardi, per anni anima creativa di Max Mara: «Era il nostro faro e lo sarà per le generazioni che verranno». 

Dean e Dan Caten, i creativi di Dsquared, arrivati per lui da New York: «Un vero leader che ha sempre supportato tutti noi. Un uomo giusto e tenace». Raffaello Napoleone, amministratore di Pitti: «Intuiva quale fosse qualsiasi progetto valido». Deanna Ferretti, imprenditrice del tessile, che vendette ad Armani la sua azienda, eccellenza nella maglieria: «Gli chiesi: “Perché noi Giorgio, che siamo così piccoli?”. “Perché siete i migliori e il made in Italy deve continuare”. E si occupò sempre di tutti i dipendenti». Anche Afef arriva dall’aeroporto: «Mai avrei mancato di salutarlo: lui era la moda». Poi Robert Dreyfus, ad di Stone Island, in Armani per dieci anni: «All’epoca lui aveva sessant’anni e mi disse: “Voglio creare un mondo di stile” e così fece: una leggenda». Già, una leggenda. Che meritava i saluti di tanti altri protagonisti della moda.

8 settembre 2025 ( modifica il 8 settembre 2025 | 14:42)