Verstappen vince, tra Red Bull aggiornata e la sua guida che “fa sembrare tutti stupidi”
Max Verstappen vince il Gran Premio d’Italia, non in maniera del tutto inaspettata, ma di certo con un margine di performance in gara superiore alle attese. La combinazione di fattori che ha portato a una tale prestazione è da ricercarsi sia lato vettura che pilota. Da una parte la Red Bull in questa stagione ha una performance nettamente migliore nelle piste a basso o medio-basso carico, dove esprime un bilanciamento migliore e un livello di efficienza particolare. L’impressione, anche guardando i dati in qualifica, è che, specialmente con gli ultimi aggiornamenti al fondo, la RB21 abbia una sorta di “squilibrio positivo” alle alte velocità e a basso livello di carico, spettro di condizioni in cui la deportanza aumenta senza pagare particolare dazio nella resistenza all’avanzamento. A questo ovviamente si aggiunge anche la Power Unit nuova per questa gara, che gli ingegneri di Milton Keynes hanno potuto spremere leggermente più del solito comprendendo l’occasione importante che si presentava. Dall’altra parte c’è Max Verstappen, cannibale, sempre pronto a cogliere l’occasione e a guidare al meglio quando si presenta, e probabilmente l’unico in grado di gestire l’assetto scarico, prendendosi la responsabilità di mantenere la vettura nella finestra ideale per tutta la gara. Il distacco finale sulle McLaren è troppo generoso rispetto alla realtà, con i due piloti di Woking rimasti in pista nell’attesa di una eventuale Safety Car per provare a vincere la gara, cosa che non è avvenuta e ha quasi raddoppiato il gap reale. Su Verstappen le parole di Toto Wolff che ha detto che “ha fatto sembrare tutti gli altri stupidi” sono decisamente esplicative, e rappresentano a nostro parere il primo “imbarazzo”, in questo caso generale, del weekend italiano che vogliamo sottolineare.
McLaren non vince, ma sulla pista peggiore è seconda solo a Max
In tutto ciò la “notizia” può essere che la McLaren non fosse questo weekend la miglior vettura in pista, ma non c’è da meravigliarsi troppo in negativo, anzi. Andrea Stella scherzando dopo la gara ha detto che Monza per la MCL39 è una pista dura perché ci sono poche curve e non possiamo che dargli ragione. Abbiamo visto chiaramente che c’è un limite entro cui gli uomini del team papaya possono spingersi a scaricare la vettura senza finire in zone di pessima efficienza complessiva o di sbilancio aerodinamico, e per questo Norris e Piastri erano i due piloti alla fine con più carico sulla monoposto in valore assoluto. Quello che stupisce in realtà è positivo per loro e negativo per la concorrenza: la quantità di tempo guadagnata mediamente dai piloti McLaren nel secondo e nel terzo settore della pista, dalla prima di Lesmo alla Parabolica, era notevolmente superiore alla perdita in rettilineo per mancanza di velocità di punta. Alla vigilia si supponeva anche che il vantaggio McLaren sarebbe stato sul passo gara, sfruttando un’usura inferiore degli pneumatici, ma le mescole Pirelli si sono dimostrate decisamente di durezza eccessiva, con un degrado quasi nullo ed una gara che si poteva percorrere tranquillamente quasi per tutti addirittura con la gomma media (senza scomodare neppure la hard). Monza è una pista ormai dai cordoli piatti, che quindi non mettono in difficoltà il sistema sospensivo né pongono dubbi sulle altezze da terra, con appena 6 curve e poi solo infiniti rettilinei, in un’era in cui le differenze di potenze dei motori sono esigue ed in una gara dove la gestione gomma non ha praticamente fatto alcuna differenza, dato che appunto il degrado e l’usura sono risultati praticamente nulli, e soltanto una vettura (nemmeno un team intero) è riuscita ad arrivare davanti a Norris e Piastri. Se non è imbarazzante (per gli altri) questo, non sappiamo cosa possa esserlo. C’è un teorico fattore di imbarazzo anche in casa McLaren, con il pit stop lungo di Norris che ha poi causato l’ordine di scuderia che ha invertito le posizioni restituendo all’inglese il secondo posto. Pubblico e addetti ai lavori, tra cui i piloti stessi, si dividono sul fatto che la manovra sia stata effettivamente giusta oppure “troppo corretta e noiosa” in qualche modo, in un mondo che dovrebbe essere di “racing spietato”. Su questo però chi scrive non concorda, ritenendo che in fin dei conti l’errore al pit stop era stato puramente della squadra e rimettere le cose a posto è, come ha detto Piastri in conferenza stampa, un modo anche di proteggere i membri del team ed i meccanici, oltre che ridare a Norris ciò che gli spettava. Peraltro, una volta data gara libera dopo il sorpasso, Lando ha confermato quello che si era visto nella prima parte di gara, ossia di avere leggermente più passo di Piastri, circa un decimo e mezzo, e al di là di quanto scelte del genere piacciano o meno, l’ordine di arrivo ha rispecchiato i valori in pista. Sui piloti c’è infine da sottolineare la battaglia di Piastri con Leclerc a inizio gara: l’australiano ha mostrato un gran coraggio nell’attaccare la Ferrari numero 16 all’esterno della prima di Lesmo. Sebbene forte della importante disparità di carico aerodinamico, Piastri si gioca il mondiale ed in quella situazione il confine tra il gran sorpasso ed un contatto con il conseguente 0 in classifica era particolarmente sottile.
Ferrari: più che un all in è stato un bluff
Il team di Maranello esce male dal Gran Premio di casa. Le dichiarazioni di Frederic Vasseur dopo l’arrivo in cui ha parlato di “uno dei migliori weekend in rapporto alla McLaren” risultano quantomeno poco condivisibili, se non proprio da imbarazzo. Peraltro, a pochi metri da Vasseur, Andrea Stella stava contemporaneamente dichiarando che la pista di Monza è probabilmente la peggiore per la MCL39, e, nonostante questo, Leclerc ha potuto solo guardare da lontano Norris e Piastri che se ne andavano, per non parlare di Verstappen. Bravo il monegasco a lottare come un leone nei primi giri, anche se ciò ha mandato la temperatura delle gomme posteriori alle stelle e ha richiesto quasi 10 giri di lift and coast per riportare tutto nella finestra. Ciò dà un po’ l’idea da una parte di quanto siano sensibili queste monoposto e queste gomme, che imbrigliano la guida su un unico ritmo obbligato, dall’altra di quanto fosse scarica la Ferrari, che anche solo con un paio di battaglie scivolava come fosse sul ghiaccio. Il ritmo a fine stint delle SF-25 era migliore, quasi a livello McLaren, a conferma di una vettura in generale sempre gentile sulle gomme, ma in una gara a degrado quasi nullo anche per la rossa è stata un’arma inutilizzabile. Contava solo la prestazione pura: la penetrazione aerodinamica sul dritto, la potenza del motore in trazione e allungo, la stabilità in frenata e il giusto carico nei tratti guidati e nulla di ciò è stato all’altezza, mettendo definitivamente un punto sul progetto SF-25, seppur riaggiornato con la nuova sospensione posteriore. L’impressione è che il tempo trascorso ad attendere appunto il retrotreno aggiornato abbia pesato anche sui possibili sviluppi dell’aerodinamica complessiva della vettura, incluso probabilmente un passaggio significativo di aggiornamento del fondo che portasse più carico efficiente. Red Bull ha potuto mettere in cantiere come ultimo step di aggiornamento proprio un passaggio del genere e il risultato si è visto. Gli imbarazzi in casa Ferrari sono anche sul rapporto con Hamilton e sulla gestione dei due piloti. Quanto avvenuto sabato in qualifica per il discorso scia, seppur sicuramente privo di alcun effetto sul risultato finale, rimane un passaggio discutibile, ma anche in gara la strategia adottata sul sette volte iridiato, che aveva due possibili variabili strategiche per provare a lottare con Russell, ossia l’undercut o l’overcut provando la gomma soft nel finale, ed entrambe non sono state perseguite. Il motivo appare il perseguimento della filosofia delle “stesse possibilità per entrambi i piloti”. La gestione dei due alfieri della rossa deve essere coraggiosa anche da parte del Team Principal, e tutti questi timori servono solo a privare la squadra di possibilità di fare meglio.
Mercedes ancor peggio di Ferrari. Albon, Bortoleto e Hadjar grandi gare
L’unico top team che si è distinto per una performance ancora peggiore della rossa è stato la Mercedes, con un Toto Wolff imbarazzato a sua volta dopo la gara, ma con una performance che non è una vera sorpresa: il team di Brackley non ha mai trovato una buona chiave di lettura per questa generazione di vetture, e la mancanza di fondamentali è emersa anche a Monza. La W16 continua a mostrare prestazioni generalmente insufficienti, con una stagione macchiata anche da una sospensione posteriore aggiornata che ha portato più danni che benefici. Russell è stato poi l’unico dei primi ad avere addirittura quasi un crollo sulle gomme medie, a conferma che, con le temperature più alte, gli anglotedeschi non trovano il modo di gestire le coperture. Nel complesso invece sufficiente la prestazione del weekend di Antonelli, anche se la gara non è stata pulita tra la brutta partenza e la penalità rimediata. L’italiano però è riuscito a concludere il Gran Premio a punti ed è comunque ciò di cui ha bisogno per trovare un po’ più di serenità. Davanti a lui è arrivato un ancora straordinario Alex Albon, perfetto sulla strategia e “martello” nel ritmo gara, mentre subito dietro hanno concluso Bortoleto, autore di un altro weekend di altissimo livello, e Hadjar, che ha trovato a sua volta una grande rimonta partendo dai box.
Insomma, qualche buona prestazione tra gli imbarazzi. La prossima gara, a Baku, potrebbe riservare, almeno si spera, qualche sorpresa in più data la peculiarità del tracciato.