«Alla fine della Guerra Fredda le potenze mondiali concordarono sulla de-escalation nucleare. Oggi quell’era è terminata». Questo è il cartello con cui si apre A House of Dynamite, il film di Katrhyn Bigelow in concorso alla Mostra del Cinema di Venezia 2025.
Diciannove minuti a mezzanotte
Avete presente il Doomsday Clock, l’orologio simbolico creato dagli scienziati per avvertire sui pericoli delle armi nucleari? Era il 1947 quando venne coniata questa semplice ma potente metafora, per allertare il mondo sulla possibilità di un conflitto senza precedenti. La mezzanotte rappresentava la fine del mondo, mentre i minuti che la precedono indicavano la distanza ipotetica dal disastro. Katrhyn Bigelow riprende quella metafora e la trasforma nel motore narrativo della sua idea di apocalisse, spostando le lancette a diciannove minuti dal punto di non ritorno, e innescando un conto alla rovescia che lascia senza fiato.
La trama del film è semplice: un missile non rivendicato viene lanciato contro gli Stati Uniti, avviando una corsa contro il tempo per scoprire chi sia il responsabile e come rispondere. «Sono cresciuta in un’epoca in cui nascondersi sotto il banco di scuola era considerato il protocollo standard di sopravvivenza alle bombe atomiche – ha spiegato la regista –. Ora sembra assurdo (e lo era), ma allora la minaccia sembrava così immediata che misure del genere venivano prese sul serio. Oggi il pericolo non ha fatto altro che aumentare. Diverse nazioni possiedono armi nucleari sufficienti a porre fine alla civiltà in pochi minuti. Eppure si respira una sorta di torpore collettivo, una silenziosa normalizzazione dell’impensabile. Volevo realizzare un film che che esplorasse la follia di un mondo che vive sotto l’ombra costante dell’annientamento ma ne parla raramente».
Il conto alla rovescia si interrompe e riprende tre volte, affinché lo spettatore possa esplorare le reazioni dei personaggi che si muovono all’interno delle principali sedi decisionali degli Stati Uniti: dalla Casa Bianca al Pentagono, dalle basi antimissile agli avamposti celati nell’area indopacifica. Bigelow dirige un thriller serrato, che rapisce lo spettatore e rende impossibile distogliere gli occhi dallo schermo.
Come si crea una guerra
La principale sensazione che travolge chi guarda A House of Dynamite è l’impotenza, ed è proprio su questo cortocircuito che si costruisce l’intera opera: l’azione che dà origine alla vicenda è già avvenuta prima dell’inizio del racconto, fuori scena. Di fatto, ci troviamo ad assistere al suo contrario semantico: l’inazione, dettata dalla consapevolezza di non poter fare nulla per evitare la catastrofe. Non esistono risposte alle molteplici domande che si affollano nella mente, non ci sono soluzioni. Nell’ineluttabilità dell’evento, l’unica possibilità rimasta ai protagonisti è riflettere su ciò che accadrà dopo di loro: è meglio predisporre una reazione o evitare una spirale di violenza ancora più devastante? In un mondo privo di alternative realmente salvifiche, il nichilismo diventa il sentimento predominante.
Vincitrice di due Premi Oscar per Zero Dark Thirty, Bigelow torna a indagare l’emergenza bellica con il suo inconfondibile stile adrenalinico e incalzante, giocando su contrasti e tensioni. Le riprese sono mosse, quasi nevrotiche, quando si concentrano sugli esseri umani; diventano ferme quando invece si aprono su orizzonti e paesaggi. L’indagine della regista statunitense è asettica, a tratti neorealista, ma, di tanto in tanto, concede rari lampi emotivi, ed è proprio in quei frammenti che l’autrice riesce a raccontare, in pochissimi istanti, il vissuto dei suoi personaggi senza mai cedere alla facile empatia.
Il punto di vista è quasi sempre quello del potere: una comandante, il viceconsigliere per la sicurezza nazionale, il segretario della difesa, un generale, un ammiraglio, lo stesso presidente degli Stati Uniti. E questo coro di voci istituzionali rende ancora più pesante quella sensazione di impotenza di cui si è scritto prima. Le “persone comuni” compaiono solo come figure marginali, appena accennate sullo sfondo, ignare del loro destino, la cui rilevanza emerge soltanto quando diventano cifre, precisamente i numeri delle potenziali vittime della deflagrazione.
Angosciante e frenetico, A House of Dynamite ci mette di fronte alla realtà quotidiana, ricordandoci quanto fragile sia l’equilibrio delle nostre esistenze. Un compendio su come si generano le escalation, su come la violenza comporta altra violenza. Spietato. Imperdibile.
Voto: 8 ½