L’incubo dermatite bovina, che da mesi toglieva il sonno agli allevatori valdostani, sta diventando un brutto ricordo. In questa emergenza sanitaria che rischiava di devastare la zootecnia locale la Valle d’Aosta ha messo in moto una «macchina da guerra» impressionante: decine di veterinari e tecnici, elicotteri, jeep, gabbie, siringhe e fiale per chiudere in tempi record il piano di vaccinazioni che rappresenta il ponte verso la salvezza degli allevamenti. Risultato: 35 mila bovini vaccinati in 27 giorni anziché nei due mesi previsti dal calendario.
Numeri e tempi record che risaltano ancora di più rispetto al contesto in cui sono stati ottenuti: non le maxi stalle da migliaia di capi in Pianura padana dove in mezz’ora fai centinaia di vaccinazioni, ma alpeggi a 2.500 metri in cui bovine e vitelli pascolano in libertà e vanno rintracciati e bloccati per procedere con la profilassi.
Una donna al comando
Enrica Muraro, veterinaria, dirige la struttura Prevenzione, Sanità pubblica, veterinaria e sicurezza alimentare ed è la massima autorità regionale in questo campo. E’ lei ad aver coordinato l’imponente operazione che ha coinvolto Regione, Usl, Anaborava, Amis des Reines e Institut Agricole. Il piano vaccinale obbligatorio contro la Dermatite Nodulare Contagiosa (Dnc) è iniziato il 9 agosto. Da luglio ad oggi in Francia ci sono stati 75 focolai e quando c’è stato il «salto» di 30 chilometri tra Annecy e Albertville è scattata l’allerta rossa in Valle d’Aosta. «Se avesse fatto altri 30 chilometri ce la saremmo ritrovata qui» spiega Muraro. Il virus viaggia velocissimo perché il principale vettore è la mosca comune e la vaccinazione immediata era l’unica strada per proteggere il bestiame valdostano. Detto e fatto.
La salvezza dal cielo
E’ stata coinvolta anche la Protezione civile con gli elicotteri, almeno 11 sorvoli per raggiungere gli alpeggi: «Le operazioni erano particolarmente difficili perché sono avvenute durante il periodo di alpeggio con animali al pascolo liberi, solo in alcuni casi avevano la struttura di appoggio – spiega Muraro -. Sono state quindi acquistate a tempo di record gabbie di contenimento dove poter bloccare i manzi liberi al pascolo e queste gabbie sono state elitrasportate insieme a transenne prestate dagli Amis des batailles de reines. Negli alpeggi sono stati creati “imbuti” in cui convogliare i manzi per poi vaccinarli e rilasciarli. E così siamo riusciti a fare tutto quanto. Questa settimana abbiamo ancora qualche singola situazione da completare, oggi ad esempio (ieri, ndr) l’elicottero è a Valpelline e Oyace per 30 manzi rimasti lì. Ma di fatto su 35 mila capi ne restano 5-600 da vaccinare».
Aut aut ai piemontesi
Ci sono poi 3.500-4.000 capi di aziende piemontesi, ai proprietari è stato intimato di vaccinarsi o di trasferire i capi entro il 12 settembre fuori dalla Valle d’Aosta «altrimenti bloccano le nostre movimentazioni» aggiunge Muraro. La maggior parte ha scelto la strada della vaccinazione, 1.400 capi verranno invece trasferiti in questi ultimi giorni.
I no vax delle stalle
E poi c’è il capitolo «no vax», che spuntano anche tra gli allevatori. «Sì ma noi li chiamiamo dinieghi» spiega diplomaticamente Muraro. Sono 600 i capi di quegli allevatori che ad oggi hanno rifiutato la vaccinazione obbligatoria e l’Usl ha già fatto scattare le prime sanzioni, che non sono spiccioli: è prevista una multa da 2 mila a 20 mila euro e se nell’appuntamento successivo c’è un nuovo diniego, scatta una seconda sanzione aumentata rispetto alla prima. Se poi l’allevatore insiste, arrivano le forze dell’ordine e i capi vengono vaccinati lo stesso. La delibera regionale prevedeva anche che, in caso di focolai, il rifiuto di vaccinazione diventi reato penale e che all’allevatore sia negato ogni risarcimento per l’abbattimento dei capi. «Abbiamo chiesto all’Usl questa settimana di andare dagli indecisi e spendere la prima mezz’ora per rispondere alle loro domande e poi di procedere con la vaccinazione. Abbiamo messo come limite massimo della profilassi due mesi, ma vogliamo finirla il prima possibile» conclude Muraro.