di
Alice Scaglioni

Per la maggior parte di loro il Leone d’oro doveva andare al film di Kaouther Ben Hania, non solo «per l’urgenza politica» che esprime ma perché «siamo usciti tutti dalla sala piangendo». Altri hanno espresso preferenze diverse. Ma tutti i giovani interpellati nella Vox Populi di «Che Spettacolo!» alla Mostra di Venezia hanno concordato sull’importanza del «cinema che fa pensare»

«Per l’urgenza politica e perché è giusto, deve vincere». Seduti o sdraiati sul prato verde del parco alle spalle del Palazzo del Casinò, i ragazzi al Lido di Venezia parlavano così di The Voice of Hind Rajab, il film che secondo la maggior parte di loro avrebbe meritato il Leone d’Oro. Come sappiamo, non si è aggiudicato il premio più prestigioso, ma è stato celebrato con il Gran premio della Giuria. Eppure, per la maggior parte dei giovani che abbiamo interpellato negli ultimi giorni della kermesse non c’era alcun dubbio sulla scelta del film vincitore a Venezia.

Da anni, durante la Mostra del Cinema, lo spazio verde che circonda la Sala Giardino e ripara dal sole che abbaglia il Lungomare Guglielmo Marconi è il ritrovo di decine di giovani e studenti che, tra una proiezione e l’altra, si fermano a chiacchierare a gruppetti, per scambiarsi pareri e riflessioni, o anche solo per riposarsi all’ombra degli alberi prima di entrare nuovamente in sala.



















































Li abbiamo ascoltati poco prima della proclamazione del vincitore, chiedendo loro di indovinare quale titolo sarebbe stato premiato. Ed è stato quasi un plebiscito: The Voice of Hind Rajab. «La proiezione ci ha lasciato straziati, siamo usciti tutti dalla sala piangendo», dice una ragazza; «La pellicola è di qualità, la regista ha fatto un ottimo lavoro: si è rapiti dall’inizio alla fine», aggiunge un altro. E ancora: «Vincerà perché è importante valorizzare attraverso l’arte tematiche forti e potenti come quella del film».

Ma non sono mancati punti di vista differenti. C’è chi ha detto No other choice di Park Chan-wook («Il vecchio Park è il regista vivente migliore secondo me»); Sotto le nuvole di Gianfranco Rosi («In confronto agli altri film utilizza un linguaggio differente, ed è una cosa da premiare, in più è il miglior film di Rosi secondo me»).

C’era anche chi non riusciva proprio a scegliere: «Personalmente vorrei vincesse Bugonia di Yorgos Lanthimos, perché ha una sceneggiatura molto forte e solida e delle interpretazioni notevoli, ma anche The Smashing Machine, perché nonostante parli di sport, affronta comunque dei temi forti come la dipendenza e la dinamica di una relazione tossica».

Nessuno aveva indovinato il Leone d’Oro, che quest’anno è andato a Father Mother Sister Brother di Jim Jarmusch. Ma c’è una riflessione che accomuna tutti: il cinema non ha smesso di emozionare, stupire e far pensare.

8 settembre 2025