Villa Miralfiore e il suo giardino, oggetto di una recente e importante riqualificazione conservativa in quel di Pesaro, non è solo un gioiello cinquecentesco restituito al pubblico, ma è anche la casa di FIAM Italia, azienda pioniera dell’arredo di vetro di design. In una conversazione schietta e vivace, in un coinvolgente intreccio di memoria e futuro, ce ne racconta la storia Vittorio Livi, il fondatore.
A Pesaro, Villa Miralfiore riapre le sue porte dopo un attento e appassionato restauro conservativo. Di proprietà della famiglia Livi – che nella persona di Vittorio Livi ha fondato FIAM Italia, storico brand internazionale specializzato nella lavorazione del vetro curvato – la villa si offre oggi come un luogo dove arte, natura e storia si intrecciano in un racconto affascinante.
Il suo magnifico giardino, accoglie i visitatori in un itinerario incantevole tra alberi monumentali e geometrie perfette del giardino all’italiana, dove ogni dettaglio racconta un’antica visione di bellezza e armonia.
All’interno della Villa, lo sguardo si perde tra le architetture del Cinquecento, impreziosite dai raffinati affreschi tardo-rinascimentali dei Fratelli Zuccari. Un ambiente sospeso nel tempo, che dialoga sorprendentemente con le opere in vetro dei grandi protagonisti dell’arte contemporanea come Arnaldo Pomodoro, Gianni Colombo, Emilio Isgrò, Bruno Munari realizzate con Fiam Italia. Salendo al piano nobile, il percorso culmina con la straordinaria esposizione dei pezzi più iconici del brand: creazioni nate dalla visione di maestri del design internazionale – Cini Boeri, Enzo Mari, Philippe Starck, Marcel Wanders, solo per citarne alcuni – che hanno trasformato il vetro in arte e dato forma a un nuovo linguaggio del contemporaneo.
L’inaugurazione di Villa Miralfiore è stata anche l’occasione di una conversazione con Vittorio Livi e ripercorrere così con lui la storia dell’azienda di cui è fondatore, ma di cui è soprattutto mente e cuore.
MP Facciamo un passo indietro. Qual è stato il motivo che ti ha spinto nel 1973 a fondare un’azienda di arredi di vetro, tipologia fino ad allora inesplorata?
VL Avevo già lavorato in alcune vetrerie della zona, ma continuare a fare il vetraio non mi appagava più. Ero curioso, sempre alla ricerca di nuove tecnologie. Un giorno – era il 1968 – stavo appunto facendo dei vetri bombati, quelli dietro a cui si attaccava un tempo l’immagine sacra da appendere in casa: allora la gente aveva pochi soldi e le immagini interdimensionali appartenevano alla fantascienza. Aspettando il forno, ho prodotto uno sgabello di vetro “a onda” sul quale mi sono messo in piedi per dimostrane la resistenza (una foto poi diventata famosa). Mi dicevano che ero un pazzo, che il vetro non avrebbe retto, ma da lì ho capito che avrei potuto fare molte altre cose con il cristallo curvato…
E così, convinto della mia scelta, poco dopo ho prodotto il tavolo ponte, la scrivania, le vetrine, insomma la prima collezione di Fiam Italia – acronimo di Fabbrica Italiana Arredamenti Moderni – con la quale mi sono presentato al Salone del Mobile di Milano nel 1973.
MP Il pubblico ha recepito subito la novità?
VL Sì, ma come curiosità, era un po’ diffidente del mettersi un” pezzo di vetro” in casa, anche per una questione di costi. Così ho incominciato a distribuire le collezioni in Europa, dove capivano l’innovazione prima che in Italia.
MP Tu stesso disegnavi allora i pezzi di arredo. Quando hai sentito la necessità di coinvolgere altri designer?
VL Quando mi sono presentato con la prima collezione al Salone del Mobile 1973, dove guardando gli altri stand ho capito che da solo non avrei potuto farcela. Lì ho avuto la fortuna di conoscere Angelo Cortesi, allora presidente di ADI, che mi ha presentato i grandi designer come Vico Magistretti, Enzo Mari, Cini Boeri, Massimo Morozzi, con cui ho iniziato a lavorare.
Ero così certo della loro capacità, che non davo delle regole, lasciavo carta bianca alla loro creatività dicendo semplicemente “ Tu disegna, sono io che tecnicamente devo riuscire a realizzare quello che tu hai progettato”.
E questo mi ha dato la forza di fare sempre cose nuove. La forza di FIAM è stata appunto la ricerca, la sfida tecnologica, dei materiali, dei macchinari stessi che ci costruivamo da soli per le portare a termine le lavorazioni innovative che avevamo in mente… una sfida continua perché l’arredo in vetro era una tipologia che non esisteva, che ci siamo creati allora.
Con il passare degli anni, ho capito che i designer italiani non bastavano più e per conquistare maggiori fette di mercato ho incominciato a lavorare con i progettisti internazionali come Philippe Starck, Marcel Wanders, Daniel Libeskind. Perché pur con le piccole cifre che abbiamo raggiunto, siamo sempre riusciti ad avere una distribuzione di design a livello mondiale.
Oltre a tutto questo, Vittorio Livi ha sempre sentito il grande legame con l’arte, di cui è sempre stato appassionato, a cui è giunto anche grazie agli insegnamenti di Giuliano Vangi, un grande maestro che l’ha introdotto alla bellezza e ai valori più autentici. Come con i designer, anche la schiera degli amici artisti che venivano a Pesaro da Milano – Munari, Mariani, Isgrò, Colombo – si è man mano allargata in una produzione di multipli d’arte e di grandi opere (una per tutte, Osso di Seppia di Pomodoro) esposte all’interno di Villa Miralfiore.
Quello dell’arte è il nostro reparto di Formula 1
afferma con orgoglio Vittorio Livi.
Il racconto è un fiume, la conversazione continua, vivace, trasparente, pagine e pagine di una vita intensa dove Vittorio Livi ha continuato e continua a progettare, ora a fianco dei figli Daniele e Davide – rispettivamente Ceo e Export Area manager – con cui si confronta nelle decisioni più importanti.
Ma attraversando lo showrooom, dove sono esposti i pezzi che hanno segnato la storia dell’azienda, si realizza quanto è stato fatto, quanti premi, Compassi d’Oro (2), brevetti e progetti esclusivi siano stati accumulati in più di cinquant’anni di lavoro ininterrotto.
Siamo artigiani a livello numerico.
MP Hai mai pensato di trasferirti?
VL Preferisco essere un buon artigiano qui nel Pesarese che un grosso industriale al nord. Perché qui si beve e si mangia bene, la gente ti dà affetto, ha voglia di lavorare, l’aria non è inquinata, non c’è delinquenza. Pensa che qui ho anche fondato la società “Persone Gentili”, qualità in cui credo fermamente.
MP Un’ultima domanda. Che cosa rappresenta per te Villa Miralfiore?
VL L’anima della nostra azienda. Mentre tutto il resto è il corpo, lì dentro c’è l’anima. Perché c’è tutto quello che mi appartiene: l’arte, il design, la famiglia, la natura. Cioè, tutto quello per cui io ho vissuto, per cui vivo e in cui ho creduto.
Lì c’è tutto quello che è la mia vita.