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Redazione Milano
L’archistar indagato nell’inchiesta urbanistica si sfoga sui social: «Il mio silenzio ha lasciato spazio a troppi dubbi. La Commissione paesaggio bloccava la Torre Botanica senza averne i requisiti»
«Nei giorni scorsi sono stato oggetto di una violenta campagna diffamatoria, dovuta in particolare alla diffusione di una serie di frammenti decontestualizzati di miei messaggi privati, trasmessi agli organi di informazione prima che ai miei legali e al sottoscritto. Una situazione incresciosa, non nuova in Italia, che sull’onda di un processo mediatico trasforma in colpevole chi, come nel mio caso, è semplicemente coinvolto in un’indagine preliminare». Lo scrive in un lungo post sui suoi canali social l’architetto Stefano Boeri, tra gli indagati nel nuovo filone dell’inchiesta sull’urbanistica della Procura di Milano.
«Resto convinto che l’unica sede di un qualsiasi processo giudiziario debba essere il Tribunale. Per questo ho deciso nei giorni scorsi di non rilasciare dichiarazioni o interviste, lasciando ai miei avvocati, nel rispetto del lavoro della magistratura, il tempo necessario per istruire una solida difesa», afferma Boeri, «mi sono tuttavia reso conto che questo mio silenzio ha lasciato spazio a troppi dubbi e malevole interpretazioni. Su molti media, dei frammenti di miei messaggi sono stati infatti pubblicati e tra loro montati in modo pretestuoso, senza alcun riferimento al contesto in cui erano stati formulati, così da suggerire un’immagine totalmente distorta della mia vita professionale e della mia storia privata. Il warning espresso in un mio messaggio al sindaco di Milano non era una minaccia, ma invece un vivo allarme per l’operato della Commissione Paesaggio del Comune, che continuava a bocciare il progetto della nostra Torre Botanica adducendo ragioni che non avevano nulla a che vedere con i compiti attribuiti alla Commissione stessa»
«Amo questa città. Sono un architetto e non un cementificatore – aggiunge Boeri -. Certamente oggi serve una più incisiva politica di redistribuzione delle ricchezze che Milano attrae – e troppo spesso concentra in spazi e ambienti ristretti ed esclusivi. Ma certo – al netto di una opportuna indagine su eventuali illegalità – non serve all’Italia la demolizione di un modello, quello milanese, di governo della complessità urbana. Un modello che da almeno venticinque anni ha saputo produrre, grazie ad una serie di straordinarie accelerazioni, ricchezza per un intero Paese», dice.
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26 luglio 2025
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