Tra motori, gomme e aerodinamica, nel 2026 tutto è destinato a cambiare e i freni non sono da meno. La portata della rivoluzione delle power unit è tale da condizionare lo sviluppo di ogni area della monoposto, incluso l’impianto frenante. Brembo osserva un proliferare di soluzioni diverse tra i team, in base anche alle scelte concettuali dei singoli motoristi, registrando inoltre un’attenzione spasmodica per il peso. FormulaPassion ha avuto modo di approfondire l’argomento con Andrea Algeri, responsabile dei clienti F1 per Brembo Racing.
Il freno nasce dal motore
Algeri racconta come i regolamenti 2026 si accompagnino a numerose incognite, dando vita ad ampie differenze progettuali tra i team: “Noi ovviamente ci rifacciamo alle simulazioni delle squadre, che sono abbastanza discordanti. Non è chiarissimo chi abbia ragione. Soprattutto al retrotreno, le squadre stanno prendendo delle scelte direttamente legate alle strategie di recupero dell’energia, che sono abbastanza diverse. All’anteriore la frenata è più classica e tutti cercano di dimensionare l’impianto in funzione delle coppie e delle temperature, mentre al posteriore dipende molto dal tipo di power unit che verrà realizzata. Abbiamo delle soluzioni abbastanza disparate”.
In base a come sono pensate per lavorare, le power unit dei singoli motoristi seguono logiche differenti per la gestione della batteria. Ne conseguono diverse strategie di ricarica, da cui dipende l’utilizzo della frenata rigenerativa in supporto all’impianto idraulico. Prosegue Algeri: “In funzione di queste strategie e a seconda delle condizioni, il freno potrebbe essere molto o poco sollecitato. Ovviamente noi dimensioniamo il freno per lo scenario più impegnativo, ma bisognerà offrire un materiale che sia pronto a reagire anche in condizioni in cui il motore elettrico svolgerà gran parte del lavoro frenante al retrotreno, per poi ricorrere improvvisamente ai dischi”.
“Siamo allo studio su delle soluzioni che verranno realizzate dopo l’estate per una consegna più o meno tra fine novembre e i primi di dicembre. I nostri clienti hanno una tendenza abbastanza chiara all’anteriore, mentre al posteriore ci sono alcune scelte controcorrente abbastanza evidenti. Se questi team avessero indovinato la strada, tutti gli altri dovrebbero seguire in un secondo momento, perché sono soluzioni molto compatte e leggere. Se invece non l’avessero azzeccata, dovrebbero essere loro a riallinearsi alla maggior parte del gruppo”.
Occhio alle temperature
Le strategie di ricarica potrebbero essere tali che in alcune curve si frenerebbe solo attraverso il motore elettrico. I freni a disco potrebbero quindi rimanere inutilizzati per periodi di tempo prolungati, raffreddandosi e ponendo nuove sfide per i progettisti. Spiega l’ingegnere Brembo: “Il carbonio ha bisogno di una certa temperatura per funzionare al meglio. Per questo serviranno delle modifiche affinché possa essere utilizzato come qualsiasi freno stradale, che dopo 50 chilometri in autostrada è pronto non appena lo si aziona. Questo sarà un po’ il tema caldo dell’anno prossimo”.
“Il nostro materiale ha la particolarità di avere comunque un buon attrito anche da freddo. Bisognerà capire se serviranno ulteriori modifiche, perché un ‘freddo’ da 150-200°C è diverso che da 20°C. Servirà studiare i cicli di lavoro di questi assali posteriori. Noi abbiamo l’esperienza della Formula E, che da questo punto di vista è molto sfidante, perché lì per gran parte della gara i freni non vengono utilizzati. Nelle fasi finali però non si ricarica più e si sfruttano i freni, che dalla temperatura ambiente raggiungono gli 800°C. In questo intervallo di temperature il nostro carbonio si comporta in maniera ottima. Speriamo che lo scenario del 2026 sia simile”.
Con i freni a disco destinati ad essere utilizzati in maniera diversa, Brembo si prepara a rivedere il ranking delle piste più impegnative per l’impianto frenante: “Ad oggi i circuiti più pesanti sono Canada, Bahrain, Singapore e Monza, ma questa gerarchia l’anno prossimo potrebbe cambiare proprio per questo tipo di approccio. Si parla molto di Monza, dove per recuperare sufficiente energia servirà un utilizzo peculiare del motore elettrico, cambiando profondamente la strategia di sfruttamento dei freni. È probabile che dovremo rivedere un po’ il nostro ranking dei circuiti. Quelli più pesanti nel 2025 potrebbero non esserlo più nel 2026”.
Le novità
Il tutto si inserisce nel contesto di un regolamento tecnico con numerosi cambiamenti a livello dell’impianto frenante. Spiega Algeri: “All’anteriore le dimensioni dei dischi potranno crescere molto. Il diametro massimo potrà arrivare a 345 mm, contro i 330 mm attuali, mentre lo spessore salirà da 32 a 34 mm. Al posteriore invece crescerà soltanto lo spessore, fino a 34 mm, mentre il diametro massimo rimarrà sempre di 280 mm”. Quelle del 2026 saranno auto teoricamente in grado di raggiungere velocità maggiori sul dritto, sostenendo invece percorrenze inferiori in curva. Cresce così il salto di velocità e l’energia da dissipare in frenata, portando a un allargamento dei dischi: “Cambierà anche il diametro minimo dei fori di ventilazione sui dischi, che potranno tornare ad un minimo di 2.5 mm, come in passato”.
“Un’altra importante novità è che la pinza potrà avere più di sei pistoni e arrivare fino a otto, con tre punti di attacco al portamozzo invece dei due attuali. Questo era un vincolo che resisteva da un paio di decenni e apre un po’ di porte per i progettisti, che potranno sbizzarrirsi un po’ da questo punto di vista”. Si tratta di un’opportunità che i team ponderano attentamente, garantendo determinati vantaggi: “Più frazioni l’impianto, più a parità di pressione idraulica hai una distribuzione migliore della forza frenante sulla pastiglia contro il disco, con una resa di attrito migliore”.
Lotta al peso
Non è così scontato comunque che le squadre coglieranno le opportunità del regolamento in termini di dimensionamento dei dischi e numero di pistoni. Gli ingegneri, infatti, sono concordi nel dire che raggiungere il peso minimo sarà estremamente sfidante nel 2026 e Brembo ne è testimone: “L’aumento del diametro massimo dei dischi è talmente grande da provocare anche un importante aggravio di peso non solo per il disco, ma anche per la pinza che ci sta intorno. Da quello che stiamo vedendo, praticamente nessuno sta sviluppando al massimo delle dimensioni come accadeva in passato”.
Photo Fia
“Nel 2026 la ricerca del peso minimo sarà spasmodica. Tutti stanno cercando di avere un impianto sufficientemente prestazionale dal punto di vista delle coppie e del raffreddamento, ma allo stesso tempo il più leggero possibile. Con il diametro dei dischi non si andrà oltre i 330-335 mm di diametro, pur potendo arrivare a 345 mm da regolamento. Vediamo soluzioni veramente estreme dal punto di vista del risparmio del peso”, conclude Algeri.