Per i tanti tifosi accorsi sulle tribune, pronti a sostenere con calore e passione il Cavallino Rampante, la vera sorpresa del weekend di Monza purtroppo non è stata la Ferrari, bensì la Red Bull. Ed è forse proprio questo l’aspetto più amaro dell’intero fine settimana: al di là del quarto e sesto posto finale, la tappa brianzola rappresentava una delle migliori occasioni per provare a strappare lo scettro alla dominante McLaren.
Così non è stato. Anche la pista di Monza, dove l’efficienza aerodinamica spesso la fa da padrone, ha riportato la Ferrari di fronte ai limiti congeniti che l’hanno condizionata per gran parte della stagione, anche su un tracciato favorevole. Le speranze di centrare la prima vittoria stagione e regalare una domenica da sogno ai tifosi si sono spente di fatto al sabato, in una qualifica in cui la SF-25 è rimasta suo malgrado spettatrice.
Quello è stato il segnale più eloquente: per sperare in qualcosa di più di un quarto e sesto posto, sarebbe servita una domenica fuori dagli schemi, capace di ribaltare le gerarchie. I piloti ci hanno messo il cuore, attaccando nella prima parte di gara, ma senza una variabile impazzita o un colpo di scena, le speranze si sono presto affievolite.
Charles Leclerc, Ferrari, Oscar Piastri, McLaren, George Russell, Mercedes
Foto di: Andy Hone/ LAT Images via Getty Images
Al contrario, il GP si è rivelato sorprendentemente lineare e privo di colpi di scena, persino più di quanto previsto dai team stessi. Tutti quei fattori che lo scorso anno avevano alimentato l’incertezza e che avrebbero potuto aiutare la Ferrari, sono svaniti, esponendo le aree su cui la SF-25 è deficitaria rispetto ai rivali, in particolare sul carico aerodinamico.
Una parola ripetuta spesso durante la stagione, ma che proprio a Monza, paradossalmente, è tornata ad essere decisiva. Ed è quella parola ad aver relegato la Ferrari al ruolo di comparsa in un Gran Premio che avrebbe voluto vivere da protagonista. I segnali erano già emersi in qualifica, ma in gara, senza il supporto dell’extra grip dato dalla gomma soft nuova, le lacune della SF-25 sono diventate ancora più evidenti.
Certo, nella prima fase di gara i due piloti hanno spinto con generosità, contribuendo al surriscaldamento degli pneumatici in un momento delicato del loro ciclo vitale. Questo ha richiesto qualche giro per ristabilire l’equilibrio, ma si tratta di un aspetto relativo, perché non ha influito più di tanto sul consumo, visto che il degrado si è rivelato minimo.
Charles Leclerc, Ferrari
Foto di: Zak Mauger / LAT Images via Getty Images
Nella disamina post-gara, Frederic Vasseur ha parlato di un “ultimo decimo” assente nel confronto diretto con la McLaren. Un’analisi che, sul giro secco, ha una sua validità: la gomma nuova ha infatti mascherato alcune carenze, offrendo grip a una vettura estremamente scarica. Tuttavia, in gara lo scenario si è rivelato ben più complesso e distante da quella fotografia. Nel “Tempio della Velocità” non è bastata la… velocità.
Analizzando la gara dal ventesimo giro in poi, superata la fase più critica legata alla gestione termica degli pneumatici, emerge chiaramente dove la SF-25 ha perso terreno rispetto a McLaren e Red Bull: in curva. In particolare, nelle sezioni più veloci e tecniche come l’Ascari e la Parabolica, dove la stabilità in inserimento e percorrenza è fondamentale, la Ferrari ha accusato a tratti un ritardo anche di 10-11 km/h.
L’ampio vantaggio di velocità sui rettilinei, fino a 6-7 km/h sulla MCL39 e 3-4 km/h sulla RB21, non è bastato a compensare il tempo perso in curva, traducendosi in un distacco medio di circa due decimi e mezzo al giro rispetto a Piastri e di oltre quattro da Verstappen, almeno fino al primo pit stop. Paradossalmente, proprio questa minore velocità in curva ha permesso alla SF-25 di stressare meno gli pneumatici, favorendo un avvicinamento progressivo nel passo nel finale dello stint, fino a raggiungere prestazioni comparabili con i rivali.
Confronto telemetrico tra Verstappen e Leclerc – Giro 20 Monza
Foto di: Gianluca D’Alessandro
Portando meno velocità in curva, la SF-25 ha generato minor sforzo sugli pneumatici, un fattore che ha giocato a favore nella fase centrale della gara. Proprio in quel momento, come ammesso da Verstappen, l’olandese ha infatti iniziato ad avvertire un decadimento dopo aver spinto per oltre trenta giri. Uno scenario che per la Rossa richiama quanto visto a Jeddah: anche lì, l’efficienza e il tempo perso nel traffico avevano contenuto il consumo, sempre su una pista caratterizzata da basso degrado e asfalto estremamente liscio.
La scelta del Cavallino di puntare su un assetto estremamente scarico è comprensibile e condivisibile: un vero e proprio all-in tecnico, al quale anche Red Bull ha finito per adeguarsi per fare la differenza seguendo proprio la direzione tracciata dalla Ferrari. Puntare tutto su un determinato ambito era l’unica vera strada per battere una vettura globale come la McLaren. Ma a quel punto il nodo cruciale resta il carico aerodinamico generato dal fondo e dal corpo vettura.
Ripercorrendo la stagione, la RB21 ha dimostrato una superiorità costante nei curvoni ad altissima velocità, grazie a una stabilità e un livello di carico che la SF-25 non è mai riuscita a eguagliare e di cui tante volte i piloti hanno riportato le criticità. Un limite già emerso in altri appuntamenti, ma che a Monza è diventato ancora più evidente e penalizzante, ma che non si poteva compensare caricando le ali, dato il rischio di perdere efficienza e il maggior punto di forza.
Charles Leclerc, Ferrari
Foto di: Marco Bertorello / AFP via Getty Images
Certo, è vero che ogni monoposto ha una propria mappatura aerodinamica, con caratteristiche che ne determinano l’efficienza in base al carico e al tipo di curva. Paradossalmente, McLaren tende a essere più efficiente e a funzionare meglio con le ali cariche, mentre per Red Bull è l’opposto, tanto che su altre piste veloci si erano già visti azzardi in termini di ala, come a Silverstone. Caratteristiche diverse dalla Rossa.
C’erano dubbi legittimi sul fatto che il minor carico al posteriore potesse generare maggiore scivolamento e, di conseguenza, un degrado più marcato degli pneumatici. In realtà, il basso consumo registrato ha attenuato fortemente il problema, neutralizzando uno dei punti di forza della MCL39, la gestione del posteriore. Un effetto collaterale inatteso, che ha livellato le prestazioni e reso meno determinante una delle sue armi migliori.
Questo scenario ha permesso ai rivali di spingere senza timori, soprattutto nella fase iniziale, mettendo in mostra tutta la superiorità del loro carico aerodinamico. Monza voleva essere il palcoscenico del riscatto, ma suo malgrado si è trasformata in uno specchio fedele dei limiti congeniti del progetto della SF-25 ed è forse proprio questa consapevolezza a lasciare il segno più profondo.
Leggi anche:
In questo articolo
Diventa il primo a sapere le novità e iscriviti per ricevere notizie in tempo reale via e-mail su questi temi
Iscriviti agli avvisi di notizie