La Due Giorni Ciclistica Internazionale Juniores di Vertova si è confermata uno degli appuntamenti più prestigiosi del calendario giovanile italiano. Una gara che mette a confronto i migliori talenti nazionali con alcune delle squadre più forti d’Europa, diventando un banco di prova fondamentale per misurare il livello del movimento juniores (in apertura foto Zanetti).

Con Patrick Pezzo Rosola grande protagonista, Mirco Gualdi – organizzatore della corsa – traccia un bilancio della manifestazione, analizzando le differenze con il ciclismo straniero e riflettendo sul futuro dei giovani in Italia.

Mirco Gualdi, ex iridato fra i dilettanti, ora nell’organizzazione della due giorni bergamasca

Mirco Gualdi, ex iridato fra i dilettanti, ora nell’organizzazione della due giorni bergamasca

Mirco, partiamo dalla tua gara: sei soddisfatto? Come è andata?

Allora, soddisfatto perché innanzitutto non ci sono stati incidenti e quindi nessuno si è fatto male. Questo è il primo risultato minimo. Non abbiamo avuto problematiche legate al traffico. Ci sono state delle cadute, ma solo piccole sbucciature, nulla di grave. Dal punto di vista tecnico e organizzativo è filato tutto liscio: avevamo più di 100 volontari sul percorso.

Quindi i presidi erano capillari?

Sì, praticamente in ogni comune avevamo qualcuno. A volte chiedo 15 persone e loro ne portano 20. Molti tornano ogni anno volentieri. A ottobre facciamo una cena con tutti i volontari e gli sponsor per ringraziarli pubblicamente. Rispetto a dieci anni fa i corsi e i vincoli burocratici sono raddoppiati, ottenere permessi è diventato complicato e sfiancante. Gli enti proprietari delle strade ti obbligano a farti carico al 100 per cento della responsabilità.

E l’aspetto tecnico delle gare?

Il sabato è stato velocissimo: più di 47 orari di media su un tracciato tortuoso a metà e scorrevole nell’altra. Il gruppo correva a oltre 50 orari, con tanti attacchi. Alla fine si è formato un quartetto e i due ragazzi della Team Grenke, Anatol Friedl e Karl Herzog, hanno giocato di squadra. Ha vinto un corridore che da poco è diventato campione europeo di mountain bike juniores, segno che la famosa multidisciplinarità paga.

Al sabato l’arrivo in parata dei due tedeschi Karl Herzog e Anatol Friedl (poi vincitore) del Team Grenke. (foto Zanetti)

Al sabato l’arrivo in parata dei due tedeschi Karl Herzog e Anatol Friedl (poi vincitore) del Team Grenke. (foto Zanetti)

E la domenica?

E’ stata ancora una gara tirata. Gli italiani hanno fatto una bella figura, correndo senza timori reverenziali. C’erano due delle migliori squadre danesi, altre formazioni straniere di altissimo livello, e diverse squadre del Nord Italia. Il secondo posto è andato a Patrick Pezzo Rosola, il quarto a Mattia Agostinacchio.

Abbiamo avuto cinque italiani nei primi dieci: un bel segnale…

Infatti eravamo contenti. Altrimenti diventa un monologo straniero e dispiace, visto che l’organizzazione è per tutti. Se gli italiani emergono, l’appeal della corsa cresce.

Come ti è sembrato il movimento juniores rispetto a qualche anno fa?

La differenza è che le squadre straniere crescono, mentre alcune realtà italiane faticano. All’estero i team juniores sono legati a strutture professionistiche: ad esempio la Grenke è il vivaio della Red Bull-Bora. Quest’anno non c’era la Decathlon-AG2R, ma il livello è quello. Sono ragazzi che corrono gare 1.2 e hanno già un approccio internazionale.

Il giorno dopo, Georgs Tjumins conquista il Trofeo Paganessi

Il giorno dopo, Georgs Tjumins conquista il Trofeo Paganessi

In cosa consiste questo approccio?

E’ diverso: all’estero vedono i ragazzi come uomini, non come bambini. Li lasciano crescere, sbagliare, maturare. In Italia hai procuratore, mental coach, preparatore, ma il giovane resta “solo un ragazzo” e al tempo stesso è sotto pressione per fare risultato a tutti i costi. Se non porti punti da juniores, rischi di non trovare squadra under 23. All’estero magari hanno meno, ma come detto vengono trattati da uomini.

Chiaro…

E poi servono direttori sportivi, ma non ce ne sono se vuoi fare una doppia attività. I genitori non possono accompagnare e di conseguenza qualche ragazzo deve rinunciare a correre quella domenica. Con Giuseppe Guerini e altri ex corridori giriamo a turno con i ragazzi, ma il legame tra chi dirige e la realtà sembra mancare. Il rischio è che, senza un cambio di mentalità, molte squadre spariranno.

Il discorso è davvero ampio….

Quali obiettivi ci poniamo? L’obiettivo di avere un vivaio rifornito o, se capita, qualche campione? Noi come UC San Marco Vertova facciamo promozione nelle scuole e nelle piazze, ma è tutto volontariato. Non esiste un sistema federale che sostenga queste iniziative, né tutele legali. Se un bambino si fa male provando la bici, la responsabilità è nostra. Se continua così, serviranno accademie federali provinciali. Intanto però chiudono le squadre più grandi, che garantivano rimborsi ai ragazzi.

Patrick Pezzo Rosola quest’anno è stato anche in Nazionale. Dal DNA offroad si sta spostando verso la strada con ottimi risultati

Patrick Pezzo Rosola quest’anno è stato anche in Nazionale. Dal DNA offroad si sta spostando verso la strada con ottimi risultati

Veniamo a Patrick Pezzo Rosola: come lo hai visto?

Non ho avuto modo di parlarci molto, ero preso dall’organizzazione. L’ho visto un po’ contrariato dopo l’arrivo. Bisogna capire se lo fosse perché deluso, o per il modo in cui è stato battuto. Nel finale c’era un’inversione a U, il campione lettone a cronometro, Georgs Tjumins , è entrato fortissimo e ha preso subito due metri. Che all’uscita della curva sono diventati, tre, quattro, sette… Forse Patrick pensava che con un approccio diverso avrebbe potuto cambiare l’esito.

Alla fine però ha fatto una grande gara…

Esatto, è stato il migliore sulla salita finale, non si è fatto riprendere dal gruppo. Dopo 130 chilometri durissimi, vuol dire avere gamba e carattere. Ma torno al punto: le squadre straniere hanno un programma internazionale incredibile, tra Germania, Belgio, Olanda e Francia. Gli italiani invece non sono stati nemmeno alla Parigi-Roubaix juniores quest’anno. Senza esperienze fuori, cosa pretendiamo?

E quindi il nodo resta quello delle corse internazionali?

Assolutamente. La Federazione dovrebbe dire: “La Due Giorni di Vertova diventa la nostra Coppa del Mondo juniores. Cosa vi serve?”. Noi ospitiamo 17 squadre straniere e 18 italiane, metà del budget va per vitto e alloggio. Quasi tutti gli altri sono volontari, appassionati ed amici che lavorano gratis. Serve una visione d’insieme: i ragazzi italiani devono correre di più all’estero e avere appuntamenti di riferimento anche in patria.