Raccogliere le idee dopo il Festivaletteratura di Mantova non è mai semplice. Ogni edizione, questa del 2025 è la ventinovesima, porta con sé suggestioni, spunti di lettura sorprendenti e filoni nuovi di riflessione.
Questo festival non è stato da meno. 256 eventi, molti dei quali gratuiti e senza prenotazione alcuna. Un’intera città mobilitata e punteggiata di blu: sono le famose magliette dei volontari, perlopiù giovanissimi, sorridenti, indaffarati, disponibili all’aiuto. Scrittrici e scrittori da tutto il mondo, insieme a operatori culturali a tutti i livelli, hanno attirato migliaia di visitatori da ogni parte del Paese.
Con il successo quasi trentennale dell’iniziativa è lecito chiedersi quale sia la formula che lo determina. Pare essere un’idea brillante fondata su un’organizzazione puntuale di risorse, moltissimi sono gli sponsor, e un uso sapiente degli spazi cittadini.
Con inevitabili omissioni, qualche appunto per ricordare questo festival.
La lettura è un’esperienza condivisa
Tra i protagonisti figurano i libri e ce ne sono sempre tanti, a Mantova, tra nuove uscite e second hand book, ma la riflessione sulla lettura è più sottile e va oltre le logiche di mercato.
Non a caso, protagonista del primo evento del festival, è stato un incontro che ha fatto il punto sui gruppi di lettura in Italia. Simonetta Bitasi, Chiara Di Carlo e Luca Ferrieri si sono confrontati su numero e storia dei vari gruppi, o circoli o club, perché anche la denominazione è varia e interessante. Sono 1.253 i gruppi di lettura censiti in Italia, alcuni legati alle biblioteche, altri autonomi.
Comprendono realtà lontanissime per composizione e modo di procedere, sfuggono alle definizioni, caratteristica che li ha collocati al di fuori del mercato editoriale.
I gruppi hanno dato forza alla lettura condivisa, differente dalla lettura individuale, silenziosa e solitaria. Attraverso la relazione, talvolta il libro è solo un pretesto, sviluppano il confronto fra partecipanti e lo sguardo critico sulla società tutta.
«Il gruppo scardina l’inconsapevole algoritmo interiore di lettura» ha sottolineato Bitasi, perché ci porta a scegliere e apprezzare testi lontano dalle nostre scelte.
La scrittura in tempo di guerra
Scrivere di un paese distrutto dove i morti non hanno nome ha portato la scrittrice palestinese Adania Shibli (Un dettaglio minore, La nave di Teseo, 2021) a togliere il nome ai suoi protagonisti. Se il paese è spezzato, anche la lingua per raccontarlo è tale. La Palestina è un paese invisibile, che non si conosce.
Shibli è una delle voci più autorevoli della letteratura palestinese, ha scritto romanzi, saggi e opere teatrali, e a Mantova ha calamitato l’attenzione del pubblico parlando dell’amore per la lingua della sua gente, una lingua che lavora con e sulla paura. Durante l’incontro si è visibilmente commossa e con lei tutti i presenti.
L’autrice usa una lingua che si rifà chirurgicamente ai sentimenti, imita le parole dei potenti ma significa altro perché altro è il contesto. I palestinesi, osserva, hanno una relazione di amore per la loro terra, non di possesso, a differenza degli israeliani. La parola araba per “proprietario terriero” è infatti “amico della terra” e corrisponde al sentimento che provano i palestinesi.
«Cosa può fare la poesia quando la lingua è inquinata dalla violenza?» si è chiesta anche la poeta e giornalista russa Marija Stepanova (Sacro inverno, Bompiani, 2024). Definita da Elisabetta Bucciarelli, che l’ha presentata, «Una delle più grandi fra le poete contemporanee».
La poeta cerca, nella speranza di riuscire, di ingentilire la lingua per renderla più aperta, dando la precedenza a parole palpabili, con un senso preciso. La parola “conversazione”, per esempio, è importante perché nella sua poesia cerca di far risuonare più voci. E ritiene molto importante la fase di traduzione da una lingua all’altra perché desidera che le sue poesie viaggino per il mondo.
Il carcere non è vendetta
Uno spazio del Festival è stato dedicato a quel grande rimosso collettivo che è il carcere. Nel corso di uno degli incontri ne hanno parlato insieme il magistrato Marcello Bortolato (Oltre la vendetta. La giustizia riparativa in Italia, Laterza, 2025) e Verdiana Benatti (podcast Fuori Formato, 2025).
Marcello Bortolato e Verdiana Benatti. Foto di Laura Bertolotti
La giustizia riparativa è materia di legge dal 2023 e disciplina un approccio al reato che parte dai sentimenti, normalmente non contemplati nell’iter processuale. «Non è buonismo o perdonismo» ha sottolineato Bortolato «Non cancella il dolore ma suggerisce un’alternativa alla vendetta».
Il processo riparativo si interseca con quello riabilitativo e non è alternativo alla giustizia tradizionale. È un percorso volontario che si può intraprendere o meno in cui le due parti sono sullo stesso piano e si fronteggiano con una terza parte, il mediatore «che non è equidistante, ma equiprossimo a loro» .
Tutte le testimonianze di chi ha intrapreso questo non facile percorso dimostrano la sua efficacia per quanto attiene al dolore delle vittime e un possibile cambiamento possibile in chi ha commesso il reato.
Il cambiamento climatico e le parole per raccontarlo
Roberto Grossi con Stefano Liberti e Stefania Prandi hanno ragionato sul cambiamento climatico e il modo per raccontarlo. Grossi (La grande rimozione, Coconino Press, 2024) ha scelto la strada del graphic novel perché «Il fumetto ha il pregio di veicolare informazioni senza annoiare».
Secondo Liberti reportage giornalistico e graphic novel si completano. La sua esperienza l’ha portato a viaggiare in tutto il Mediterraneo e conoscere quelle realtà in via di estinzione rappresentate dai pescatori, il cui lavoro pare sempre più difficile e così poco remunerato che richiede dei sussidi per sopravvivere. Liberti vuole raccontare le storie delle persone che vivono sulla loro pelle il cambiamento climatico (Tropico Mediterraneo, Laterza, 2024).
Per entrambi gli autori l’indifferenza generale al problema è elemento di preoccupazione e concordano sulla necessità di un cambiamento radicale di paradigma economico, ritenendolo responsabile del disastro attuale e futuro.
Christie e i suoi clan
Con questo titolo il Festival ha dedicato un ciclo di sei incontri incentrati sulla figura e l’opera della scrittrice inglese Agatha Christie. Argomento in discussione la sua eredità culturale che, a distanza di anni, è ancora di ispirazione per critici, storici e autori.
E si sono appunto avvicendati scrittori e scrittrici come Alessia Gazzola (serie in corso di Miss Bee, Longanesi) e Luca Crovi (Andrea Camilleri: una storia, Salani, 2025) per citarne alcuni che, in qualche modo, si richiamano alla sua opera.
Lucy Worsley (La vita segreta di Agatha Christie, Salani, 2024) ha dialogato con Crovi intorno all’episodio più misterioso della vita di Christie. Nel 1926, già assai famosa, sparì senza lasciare traccia e fu poi ritrovata in un albergo, registrata sotto falso nome . Fu un momento di grande disagio da parte sua ma la stampa le si accanì contro fornendo della fuga versioni contrastanti e poco lusinghiere.
Worsley ha sottolineato come la vita dell’autrice fosse piena di avventure e che il secondo matrimonio la salvò, in un certo senso, dalle polemiche che l’avevano circondata durante e dopo la fuga. Scoprì l’archeologia e visse lontano dall’Inghilterra, continuò a scrivere con il consueto umorismo che, purtroppo, ha sottolineato Worsley, si perde nelle trasposizioni cinematografiche e televisive.
Il suo libro migliore? Sicuramente L’assassinio di Roger Ackroid, del 1926, in cui c’è una Christie al culmine della sua bravura. Ma Worsley ha puntualizzato che la costruzione di quell’ingranaggio perfetto le procurò una dose eccessiva di stress, fino a indurla a fuggire da tutto e tutti.
Altre sfumature di giallo
Anche Chiara Valerio (La fila alle poste, Sellerio, 2025) e Stefano Tofani hanno dialogato di “giallo” con Elisabetta Bucciarelli. Giallo è una parola ombrello che raggruppa testi diversi e i due autori in questione, in un incontro spassosissimo, hanno discettato non del grande crimine organizzato o della spy story ma del più puro genere investigativo in salsa provinciale, che si nutre di piccoli e grandi indizi.
Quello di Tofani è ambientato a Cuzzole, versione romanzata del reale Filettole e quasi subito, nelle prime pagine, muore una maestra. Non è spoiler perché è solo l’inizio della storia. Il libro di Valerio è ambientato a Scauri «Volevo raccontare una paturnia amorosa, ma senza annoiare e l’innamoramento sfigato è la palestra del giallo», l’autrice ha così motivato il contenuto.
Tra battute di spirito e citazioni profonde, i due autori, arginati a stento dalla più moderata Bucciarelli, hanno toccato temi quali la felicità, l’intelligenza artificiale e il cambiamento del romanzo nel corso del tempo.
Ritratto di donna
Nel quadro dei dodici eventi dedicati alla “Scoperta dell’Olanda”, per far conoscere diverse voci della sua letteratura, figura l’incontro con la scrittrice e giornalista Judith Koelemeijer (Hetty Hillesum. Il racconto della sua vita, Adelphi, 2025)
Judith Koelemeijer
L’ha presentata la stessa Chiara Valerio, non senza fulminanti osservazioni «Ha ridefinito il profilo dell’intellettuale donna, all’inizio del ‘900, al di là del ritratto mistico che conosciamo».
Koelemeijer, dal canto suo, non ha nascosto la difficoltà di reperire le fonti per scrivere questa biografia, prevalentemente basata sui diari di Hetty.
Un lavoro durato anni e compiuto sugli undici diari che Hetty aveva affidato a un’amica, ormai centenaria. Ma uno mancava all’appello, introvabile il numero sette. Difficile anche parlare con i suoi amici, ormai scomparsi, ma la volontà di costruire un ritratto più sfaccettato della sua persona l’ha guidata oltre i tasselli mancanti.
«Hetty lascia una lezione» conclude l’autrice « Aveva una grande capacità di credere nella libertà interiore e insegna che siamo sempre chiamati a scegliere, anche in circostanze prive di umanità».
Memoria in viaggio
Fuggire da un paese in guerra può portare alla perdità dell’identità? È la domanda che i giovani di Passports pongono a Elvira Mujčic (La stagione che non c’era, Guanda 2025) e Boban Pesov (C’era una volta l’Est, Tunué, 2025).
Il laboratorio di Passports, un’iniziativa interna al Festival, ha coinvolto dieci ragazzi e ragazze nella lettura di alcuni libri con l’obiettivo di formulare delle domande ad alcuni autori e autrici.
Le risposte di Mujčic e Pesov hanno cercato di ridimensionare la portata dell’identità che, quando diventa strenuo patriottismo, può essere pericolosa e condurre alla guerra.
Nel suo libro Mujčic racconta «la quiete prima della tempesta», gli umori dei personaggi prima dello scoppio della guerra in Bosnia. «La storia illumina i grandi fatti, ma è anche fatta da piccole cose» ha affermato l’autrice. Nel racconto si respira l’atmosfera che precede le catastrofi, ci sono già tutti i segni, ma non si pensa al peggio. Il personaggio di Elisa, meticcia, è sempre fuori posto e vive con dolore la domanda “di dove sei?” perché suppone “non sei di qui”.
Il libro di Pesov, scrittore macedone e italiano da quando aveva sette anni, è un graphic novel e il titolo è ispirato al film di Sergio Leone, C’era una volta l’America. Presenta uno scontro generazionale tra padre e figlio. Il padre, fuggito dal paese, ha dovuto lasciare la famiglia e tutto il resto, perché la priorità era salvarsi e poi ha vissuto momenti molto difficili senza poter comunicare con i suoi cari per lungo tempo.
L’autore, con il suo libro, racconta l’immigrazione senza parlare della guerra e vuole comunicare l’idea che noi non abbiamo la consapevolezza di essere fortunati, infatti perdiamo tempo a discutere del nulla, a confronto di chi ha vissuto l’esperienza della fuga dal proprio paese.
Il Festivaletteratura, davvero una festa dei libri, di chi li legge e di chi li scrive, si è concluso con il partecipato incontro che ha visto la scrittrice statunitense Elizabeth Strout parlare del suo ultimo libro Raccontami tutto (Einaudi, 2025) intervistata dalla nipponista Laura Imai Messina (Quel che affidiamo al vento, Piemme, 2020). Ci siamo già occupati di Elizabeth Strout e poiché anche questo suo romanzo presenta elementi di grande interesse merita una recensione a parte.
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