In Umbria le famiglie risparmiano meno rispetto alle altre regioni del Centro-Nord. È questo il quadro che emerge dall’indagine condotta dal centro studi delle Camere di commercio «Guglielmo Tagliacarne» in collaborazione con Unioncamere, con ulteriori elaborazioni effettuate dalla Camera di commercio dell’Umbria.

I numeri Nel 2023 la propensione media al risparmio delle famiglie umbre è stata del 6,4 per cento, nettamente inferiore alla media nazionale che è pari all’8,3 per cento. Il dato umbro è il più basso fra tutte le regioni del Centro-Nord e risulta inferiore anche rispetto alle vicine Toscana (8,1 per cento), Marche (7,5 per cento) e Lazio (7,2 per cento). Fanno peggio dell’Umbria solo le regioni del Sud, con la Basilicata al 6 per cento e Sicilia e Sardegna al 4,5 per cento. Ai primi posti della classifica ci sono Piemonte (11,2 per cento), Lombardia (10,9 per cento) ed Emilia-Romagna (10,3 per cento).

Le province A livello provinciale, Terni fa meglio di Perugia, con una propensione al risparmio del 6,9 per cento rispetto al 6,5 per cento del capoluogo umbro. Entrambe le province si posizionano nella parte bassa della graduatoria nazionale: Terni al 73° posto e Perugia all’82°. Complessivamente le famiglie umbre nel 2023 hanno accantonato 1 miliardo e 187,9 milioni di euro, pari solo all’1,1 per cento del risparmio totale italiano. Una quota inferiore rispetto al peso demografico ed economico della regione, che rappresenta circa l’1,5 per cento del Pil nazionale.

Redditi troppo bassi La causa principale di questo basso livello di risparmio, secondo l’indagine, è il reddito medio umbro, che risulta inferiore dell’11,8 per cento rispetto alla media nazionale. In pratica, se il valore medio del reddito in Italia è 100, in Umbria è 88,2. Gli esperti sottolineano però che il reddito non è l’unico fattore determinante: incidono anche qualità dei servizi pubblici, investimenti familiari e sicurezza economica percepita.

Leggero aumento Negli ultimi anni, in realtà, la propensione al risparmio in Umbria è leggermente aumentata rispetto al 2019 (Terni da 6,2 a 6,9 per cento e Perugia da 5,9 a 6,5 per cento). Questo incremento, però, non indica un miglioramento della situazione economica. È piuttosto la risposta delle famiglie a condizioni di crescente incertezza, causata da inflazione, instabilità internazionale e difficoltà del welfare pubblico.

Lavoro povero Giorgio Mencaroni, presidente della Camera di commercio dell’Umbria, sottolinea in una nota che «il basso livello dei redditi, specchio di un lavoro spesso povero e di profitti aziendali inferiori alla media nazionale, non aiuta certo la propensione al risparmio». Per Mencaroni il vero nodo è «la scarsa produttività» su cui bisogna agire subito con «una spinta decisa sull’innovazione, puntando su transizione digitale ed ecologica». Secondo il presidente della Camera di commercio, per realizzare questo salto di qualità servono «competenze e formazione continua», ma soprattutto «un New deal umbro che coinvolga istituzioni, forze economiche e sociali, e anche il governo centrale». L’obiettivo è evitare «lo scivolamento della regione verso il Mezzogiorno, in atto da almeno venti anni» e garantire un futuro di maggior benessere ai cittadini umbri.

Questo contenuto è libero e gratuito per tutti ma è stato realizzato anche grazie al contributo di chi ci ha sostenuti perché crede in una informazione accurata al servizio della nostra comunità. Se puoi fai la tua parte. Sostienici

Accettiamo pagamenti tramite carta di credito o Bonifico SEPA. Per donare inserisci l’importo, clicca il bottone Dona, scegli una modalità di pagamento e completa la procedura fornendo i dati richiesti.