Anche Brooksby, Norrie e Johnson sono “prodotti” del tennis Ncaa, il campionato dei college americani. Ecco funzionamento, curiosità e legami con il professionismo

Pellegrino Dell’Anno

9 settembre 2025 (modifica alle 14:08) – MILANO

Ben Shelton, John Isner, Jenson Brooksby. E ancora Danielle Collins, Emma Navarro, Cameron Norrie, Steve Johnson. Che cos’hanno in comune questi giocatori, apparentemente un elenco di nomi senza alcun legame? Sono tutti prodotti del tennis Ncaa, il campionato universitario della disciplina, una parte integrante dello sport negli Usa. Meno noto del college basketball o del college football, anche il tennis ha un suo importante ruolo nel panorama dello sport universitario americano. Sia da un punto di vista economico, con ricche borse di studio che nei college più prestigiosi ammontano all’intera retta, sia personale. Infatti completare un percorso di studi riserva sempre un piano B se non si dovesse riuscire a sfondare nel tennis. 

funzionamento dei campionati—  

Il campionato Ncaa è un campionato che va chiaramente a premiare le migliori università, e si divide in tre divisioni: Division I, II e III. La Division I è la più prestigiosa, da dove riescono poi a spiccare il volo giocatori e giocatrici che ambiscono a diventare protagonisti anche nel circuito professionistico. E queste università sono quelle che offrono borse di studio anche solo per il merito sportivo, al termine di percorsi di selezione complessi, che non raramente richiedono ingenti investimenti per prepararsi nel miglior modo possibile. A quel punto si entra a far parte del team del proprio college, e si disputa una stagione regolare, la quale ha il proprio culmine in primavera con i playoff e le successive finali NCAA. Tradizionalmente nel mese di maggio, vanno ad incoronare la squadra regina, ma anche i campioni di singolare e di doppio, sia maschile che femminile. 

regolamento—  

Per quanto si tratti di tennis, e si giochi allo stesso modo dei professionisti, ci sono alcune particolarità. Ad esempio nel doppio si gioca solo un set, senza vantaggio sul 40-40, e chi lo vince porta a casa il match. Nel singolare permane il “deciding point” sul 40-40, un po’ come alle NextGen Finals (anche qui, tra l’altro, quando la palla colpisce il nastro su un servizio viene giocata senza ripetere la battuta), ma si gioca un normale incontro al meglio dei tre set. Per vincere una partita, ogni squadra deve vincere almeno due incontri di doppio e tre di singolare, o quattro di singolare. Si giocano infatti tre doppi, tutti in contemporanea, e la prima squadra a vincerne due conquista un punto (il terzo in questa situazione viene stoppato). Archiviato ciò si passa al singolare, e nel lasso di tempo tra le due specialità i coach delle squadre selezionano i sei giocatori che scenderanno in campo. Anche qui, tutti i sei match si giocano in contemporanea, e vince la prima squadra ad arrivare a quattro punti totali. Il tabellone che determina i campioni Ncaa è un classico tabellone tennistico ad eliminazione diretta. 

curiosità—  

Una delle caratteristiche peculiari di questo tennis Ncaa, che in certi atteggiamenti di Shelton emerge ancora, è il modo di fare tipico da studente di college e l’ambiente che si respira. Trattandosi di uno sport tipicamente da uno contro uno, non è così comune vivere in contesti di squadra. E qui vale molto più che in Coppa Davis, visto che i giocatori sono ragazzi molto giovani, compagni di squadra ma anche di corso, spesso di stanza. E infatti una delle difficoltà maggiori è proprio abituarsi alla convivenza, un po’ come capita agli studenti fuorisede. C’è quasi un’esasperazione alla competizione, visto che non è permesso dal regolamento scaldarsi prima della partita con un giocatore della squadra avversaria. È invece permesso al pubblico, in una tipica atmosfera da partita di college, di tifare e fare rumore anche durante il gioco. 

Legami con il professionismo—  

Tra tutte le regole e i cavilli esaminati, abbiamo lasciato la più importante per ultima: i giocatori di college devono essere dilettanti, da qui non si scappa. Possono arrivare a percepire, come montepremi, un massimo di 10.000 dollari. Il messaggio è quindi abbastanza chiaro: per iniziare a guadagnare bisogna lasciare il college. La scelta, apparentemente scontata, non sempre è così facile. C’è comunque il rischio di lasciare un titolo universitario per lanciarsi in una carriera professionistica dove tutto dipende, e spesso comunque in giovane età, esclusivamente da te. Ben Shelton non ci pensò su due volte nell’estate 2022, ma dopo aver battuto un top 10 come Ruud e disputato gli ottavi a Cincinnati. Non ebbe dubbi neanche Alex Michelsen nel 2023… ma era già il 137° al mondo con una finale in tour disputata. In tanti altri casi, come quello di Steve Johnson (il più grande giocatore di college di sempre, che chiuse la sua carriera universitaria con 72 vittorie di fila) o Danielle Collins, il salto al professionismo arriva in tarda età e quando si è certi delle proprie qualità e di quello a cui si va incontro. Nel caso della nativa della Florida, addirittura a 23 anni, quando lasciò il college della Virginia vincendo il titolo NCAA (come Shelton nel 2022 con Florida). Naturalmente dipende dalle situazioni e dalle possibilità: Collins non aveva fondi per giocare i tornei esteri e si allenava contro il muro, dunque le borse di studio le hanno permesso nei fatti di diventare poi una professionista. 

Qual è il momento giusto?—  

Viene spontaneo a questo punto chiedersi, in chiusura, se esista un metodo giusto, replicabile, per un giocatore di college nel diventare professionista. Onestamente, a quell’età, la cosa più giusta è farlo quando più ci si sente pronti, senza contemplare l’idea del guadagno immediato. Negli anni sono arrivati buoni prodotti dal college, anche top 10 nonché semifinalisti Slam e campioni 1000 (Shelton, Isner, Norrie), ma dall’altro lato della medaglia c’è un intero meccanismo universitario di questi giocatori, alcuni capaci anche di laurearsi campioni NCAA, che per un motivo o per un altro non hanno la forza di emergere. Ma che, completando il percorso di studi, potranno sempre fregiarsi di un titolo accademico e di qualche bella coppa nel migliore dei casi.