Lena Dunham è definitivamente tornata. Sui nostri schermi, con la deliziosa comedy Too Much che ha debuttato lo scorso luglio su Netflix, e ora anche in libreria. Il 14 aprile 2026 arriva infatti Famesick, il suo secondo libro che fa seguito a Not That Kind of Girl, uscito in Italia nel 2014 con il titolo Non sono quel tipo di ragazza (Sperling & Kupfer). Non una raccolta di saggi, com’era il suo primo sforzo letterario, ma una sorta di autobiografia, come ha annunciato lei stessa con un post sul suo profilo Instagram. «Quando ho iniziato a scrivere questo libro, ero appena uscita da una clinica di riabilitazione in cui ero rimasta 30 giorni. Ero immersa nella nube di delirio che accompagna la nuova sobrietà: il mondo era improvvisamente così rumoroso (…) Se mi avessero detto allora che il processo di scrittura mi avrebbe portato attraverso i successivi sette anni, probabilmente avrei stracciato il contratto e buttato il portatile nella vasca», scrive Dunham. «Per tutti i miei vent’anni, scrivere era pura immediatezza. Vivevo un’esperienza, ne filtravo una versione attraverso la mia fantasia e la trasmettevo in televisione sei mesi dopo. Scrivere era il modo in cui elaboravo quello che succedeva. Non avevo vissuto abbastanza per affrontare quello che mi stava accadendo dandomi del tempo. Anzi, non capivo il valore che il tempo ha nel guarirci, nel dare un senso a dove siamo stati, nel cambiare davvero le modalità che continuiamo a ripetere nel nostro lavoro e nella nostra arte. Il dono che questo libro mi ha fatto negli ultimi sette anni è che è sempre stato lì. Non importa cosa sia cambiato – la mia posizione, il mio corpo, la mia mente – c’era una costante: quel posto dove potevo andare per cercare di dare un senso alla storia. Quando finalmente abbiamo fissato una data di pubblicazione per Famesick, ho provato qualcosa di simile al dolore. Uno dei miei compagni più fedeli se ne stava andando».

Una descrizione che si allinea a quello che Dunham ha raccontato di sé ora che è tornata sotto i riflettori, dopo lunghi anni di assenza. La «voce di una generazione», come si era ironicamente definita con il suo alter ego Hannah Horvath in Girls, creando un’etichetta che le sarebbe rimasta attaccata per tutto il periodo in cui la serie Hbo è andata in onda, dal 2012 al 2017. Le polemiche, le accuse di dipingere una New York troppo bianca e troppo distante da quella reale, le modalità spesso goffamente bizzarre in cui ha parlato pubblicamente di temi come l’aborto: Dunham è cresciuta, sia professionalmente che umanamente, sotto l’occhio vigile e a volte opprimente dell’opinione pubblica, che in quegli anni iniziava a moltiplicarsi sui social media. Nonostante le gaffe e le cantonate Girls, rimane un prodotto televisivo di prim’ordine, che ha introdotto un nuovo modo di fare televisione e di raccontare i ventenni, i loro corpi, le loro vite sentimentali e sessuali, le loro aspirazioni. È diventata di culto non solo per i Millennial che sono cresciuti con lei e oggi sono vicini ai quarant’anni: lo dimostra il successo di Girls Rewatch, il podcast creato da Evan Lazarus e Amelia Ritthaler che ha fatto scoprire alle Generazione Z la serie. Per lanciare Too Much, Lena Dunham ci è andata da ospite e ha parlato dell’impatto di Girls e di com’è stato, da giovane autrice, avere tutta quell’attenzione addosso, quasi dieci anni dopo il suo debutto folgorante. In Famesick, leggeremo di «anni di magia impossibile e anni in cui pensavo di non sopravvivere, malattia, dipendenza e crepacuore, le lezioni che non mi vergogno più di aver dovuto imparare». Gli anni che Dunham racconta vanno, indicativamente, dal 2010 al 2020: «Un decennio in cui la mia vita è cambiata profondamente e in modo permanente, in cui quasi ogni filamento del mio Dna si è ricostituito. Ma parla anche della malattia come maestra, del corpo come spia, del nostro rapporto sociale con le donne al limite, e delle condizioni che creano l’arte in contrapposizione a quelle che creano la felicità (…) Riguarda me, ma ogni volta che scrivo di me, spero profondamente che riguardi anche te», conclude su Instagram.