«Non c’è nessuna relazione nota o pubblicamente confermata tra Gigi D’Alessio e Matteo Paolillo; le ricerche su questi nomi non mostrano alcun collegamento diretto tra i due artisti», diceva l’Intelligenza artificiale ieri. Sbagliando, anzi no: perché è vero che fino ad oggi, fino a queste righe, non era «noto», e tantomeno «pubblicamente confermato», che sarà proprio l’attore salernitano di «Mare fuori», classe 1995, a vestire i panni del divo neoromantico napoletano, che si prepara al record dei sette sold out sette in piazza del Plebiscito: 19, 20, 21, 23, 26, 27 e 28.

APPROFONDIMENTI


Ma davvero, Gigi, stanno girando un biopic sulla tua vita?
«Proprio così. È una produzione Rai Cinema e Titanus, il regista è Luca Miniero, l’autore di “Benvenuti al Sud”, napoletano doc, il protagonista è Matteo Paolillo: una bella squadra, direi».

Titolo provvisorio «Solo se canti tu»: racconterà tutta la tua storia da pianista di Mario Merola a star passando per Sanremo, la Carnegie Hall, i primi posti in classifica?
«No, si fermerà quando inizia la mia carriera solista, racconterà i miei esordi, come ho scoperto la musica, l’ambiente in cui ho messo i primi passi».

Data di uscita nelle sale?
«Novembre, quando uscirà il nuovo disco».
 

Tanta carne a cuocere, tra i live, lo show su Canale 5, l’album. Proviamo a mettere un po’ d’ordine sulle attività dello stakanovista D’Alessio. Partiamo dai sette sold out sette in piazza del Plebiscito: 12.000 spettatori per sette sere fanno 84.000 presenze, da aggiungere alla carica dei 101.000 che sono venuti ad applaudirti in giugno al Diego Armando Maradona. Un dato persino stupefacente.
«A volte meraviglia anche me, ci sarebbero richieste per aggiungere ancora altre due date, ma mi avrebbero accusato di occupare manu militari il salotto buono di Napoli».
 

Come ti spieghi questo fenomeno, che sembra persino andare oltre il tuo pur innegabile successo?
«Credo che chi mi viene a sentire torna a casa contento, si diverte. E, soprattutto a Napoli nella mia Napoli, avverte il senso di comunità che provo a costruire con le mie canzoni. Così magari torna pure a sentirmi. Ma piazza del Plebiscito per il mio pubblico ormai è una tradizione a parte, magari chi è venuto allo stadio, è stato in piedi sul prato, o lontano sugli spalti, non coincide con chi viene a sedersi dando le spalle al palazzo reale. C’era un signore che voleva comprare 100 biglietti per regalarli agli amici e festeggiare insieme con loro – e con me – il giorno del suo compleanno, comitive intere che si erano organizzate per acquistare 20-30 ticket per volta».
 

Ci saranno ospiti?
«Nessuno, forse non ci sarò nemmeno io. Scherzo, ma ci saranno le sessanta canzoni da intonare al Maradona, in fondo anche lì ero solo, non era la formula dei “friends”, anche se, oltre a mio figlio Luca, erano passati a trovarmi Elodie e Geolier».
 

Ma le hai contate le volte che ti sei esibito al Plebiscito?
«Ventisei, mi pare, sto perdendo il conto, 22 soltanto dal 2023. Finisce che me la prendo per usucapione».
 

Procediamo in ordine cronologico, allora. Dopo i live ci saranno le tre puntate su Canale 5 con Vanessa Incontrada, ricostruendo la coppia del 2019.
«Stiamo ancora scrivendo lo spettacolo, ma credo che abbiamo trovato una chiave intrigante».
 

Il disco?
«Un disco alla D’Alessio, ricco di melodie, con testi in italiano e in napoletano, è finita ormai la discriminazione contro la nostra lingua, tornata anche di moda».
 

«Fra», l’album, dell’anno scorso era ricco di ospiti, «Buongiorno» del 2020 sanciva la tua alleanza verace con Geolier e la scena hip hop newpolitana.
«Credo che quello di “Buongiorno” sia stato un momento speciale. Emanuele e gli altri mi vedono come un fratello maggiore, forse persino un padre, anche se così mi sento vecchio».
 

E poi di figli ne hai già abbastanza.
«Vero, ma quei rapper, a me hanno dato un’energia incredibile. Io sono un curioso per definizione, mi sono immerso nel loro mondo portandone a casa stimoli ed insegnamenti. È stato un arricchimento reciproco: i ragazzi mi chiedevano consigli sul fronte musicale, poi venivano da me e mi proponevano di fare un pezzo rap col solo accompagnamento di pianoforte. Dovevi vederci in sala di registrazione: quel luogo per me è sacro, è come una chiesa, ma loro sembravano criature ‘e tre anne dentro una playroom».