La guerra in Sudan ha letteralmente stravolto il tessuto sociale, politico ed economico di un paese già fragilizzato. La stima delle vittime, fissata a circa 150mila, non rende nemmeno lontanamente giustizia all’epocale crisi umanitaria che si sta svolgendo sotto gli occhi del mondo. Nessun dato preciso può chiarire quanti civili siano morti a causa del conflitto. Oltre ai morti diretti dei combattimenti, si devono considerare le vittime silenziose della fame, delle malattie e delle ferite non curate. La dimensione della sofferenza umana è talmente grande da sfuggire a qualsiasi tentativo di quantificazione.

Fame e Scarsità Alimentare: Un’Economia in Rovina

I conflitti hanno reso la situazione alimentare insostenibile. I raccolti sono andati perduti e i prezzi dei generi alimentari sono schizzati alle stelle, costringendo milioni di persone alla fame. Le testimonianze di famiglie disperate, che cercano di sopravvivere mangiando erba o foglie, sono diventate sempre più comuni. Ancor più inquietante è l’uso strategico della fame come arma di guerra da parte dei contendenti. Il generale al Burhan, a capo dell’esercito governativo, e il generale Dagalo, leader delle forze paramilitari RSF, hanno ostacolato ripetutamente l’arrivo di convogli umanitari nei territori controllati dal nemico. Questo ha ulteriormente aggravato le condizioni di vita di una popolazione già provata.

In numeri, più della metà della popolazione sudanese, pari a circa 26 milioni di persone, ha bisogno di assistenza umanitaria per sopravvivere. In un contesto del genere, la guerra ha reso l’accesso a cibo e risorse essenziali una lotta quotidiana, mettendo in discussione le basi stesse della sussistenza.

Emergenza Sanitaria: Un Sistema in Crisi

Fin dall’inizio della guerra, la questione sanitaria è emersa come una delle prime emergenze. Gli scontri a Khartoum hanno portato alla chiusura di molti ospedali, e le strutture rimaste agibili affrontano una serie di difficoltà impossibili da sistemare. Si stima che tra il 70 e l’80% degli ospedali siano stati chiusi. Quelli funzionanti faticano a rifornirsi di medicinali e attrezzature, mentre le interruzioni di energia elettrica impediscono adeguati trattamenti medici. Il personale sanitario è anch’esso decimato, con molti medici e infermieri che non riescono a raggiungere il lavoro a causa dei combattimenti incessanti.

Questa emergenza sanitaria è amplificata dalla scarsità di acqua potabile e dalla diffusione di malattie infettive. La mancanza di cure adeguate ha già portato a un aumento dei decessi evitabili, aggravando così una situazione già insostenibile. Le testimonianze di pazienti costretti ad affrontare le loro patologie senza la minima assistenza medica sono uno specchio della devastazione in corso.

Darfur: Un Conflitto Etnico e le Sue Terribili Conseguenze

Il Darfur si presenta come uno degli Stati più colpiti. La guerra del 2003 aveva già causato immensi danni, con circa 300mila morti e quasi tre milioni di profughi. Oggi, le violazioni dei diritti umani continuano a perpetrarsi con brutalità. L’area è segnata da un conflitto etnico persistente tra tribù arabe dedite alla pastorizia e tribù africane dedite all’agricoltura, creando una frattura sociale difficilmente sanabile.

El-Fasher, capitale del Nord Darfur e ultimo presidio dell’esercito governativo, è stata letteralmente assediata dalle RSF. I bombardamenti indiscriminati di mercati e luoghi affollati rappresentano un attacco diretto contro la popolazione civile. Gli eventi più recenti, come quello che ha visto l’ospedale di El-Fasher attaccato durante un parto cesareo, evidenziano un livello di violenza che travalica ogni limite di civiltà.

Il Dramma dei Profughi

Nel contesto di questa crisi, oltre 700mila civili hanno trovato rifugio nel campo profughi di Zamzam, ma neanche lì sono al sicuro. Le RSF hanno bombardato la zona, causando migliaia di morti e costringendo centinaia di migliaia di profughi a fuggire nuovamente, spesso a piedi. La strada per Tawila, dove operano ancora alcune organizzazioni umanitarie, diventa un percorso costellato di pericoli; le vittime collassano per fame e sete lungo il tragitto.

La situazione dei profughi è estremamente complessa. Essi non solo devono affrontare la scarsità di cibo, ma anche l’assenza di assistenza sanitaria e le terribili condizioni meteorologiche. Molti di loro, già segnati da traumi fisici e psicologici, si trovano a dover affrontare la disperazione dell’incertezza continua.

Frane e Malattie: Ulteriori Minacce

Le recenti piogge torrenziali hanno causato frane devastanti, uccidendo quasi mille persone in un solo evento a Tarseen, una remota regione colpita dalla guerra. I sopravvissuti, privi di macchinari o attrezzature, sono stati costretti a scavare a mani nude per cercare i corpi dei propri cari. Questa tragedia aggiunge un ulteriore capitolo al già drammatico conto delle vite spezzate in queste terre.

Inoltre, l’emergenza sanitaria è alimentata da epidemie quali colera, malaria e dengue. Gli ottomila casi di colera già registrati dimostrano quanto vulnerabili siano queste comunità, soprattutto senza accesso a cure e a strutture sanitarie funzionanti. Gli abitanti del Sudan, già messi a dura prova dai combattimenti, ora devono fronteggiare una doppia minaccia: quella dei conflitti e quella delle malattie.

La guerra in Sudan, con i suoi effetti devastanti sulla popolazione civile, rappresenta una delle crisi umanitarie più gravi del nostro tempo. La combinazione di fame, violenze, emergenze sanitarie e disastri naturali ha trasformato la vita quotidiana in un incubo per milioni di persone. La comunità internazionale, sebbene consapevole della gravità della situazione, sembra spesso impotente di fronte a tanta sofferenza.

La dimensione umanitaria di questa crisi richiede un impegno collettivo e urgente. La necessità di fornire assistenza umanitaria, protezione e sostegno ai rifugiati e ai sopravvissuti è diventata ineludibile. La storia del Sudan ci ricorda quanto sia fragile la pace e quanto possa rapidamente deteriorarsi il benessere umano in situazioni di conflitto. La speranza è che il dialogo e gli interventi umanitari possano finalmente portare un cambiamento significativo verso la ricostruzione e la pacificazione di questa terra martoriata.