Un provvedimento interdittivo è stato eseguito questa mattina dalla polizia di Catania nei confronti di Giuseppe Angelo Reina, medico di 63 anni, all’epoca dei fatti primario ospedaliero e oggi titolare di un incarico pubblico nel sistema sanitario. L’ordinanza è stata emessa il 4 settembre scorso dal gip del Tribunale di Catania su richiesta della Procura distrettuale della Repubblica, che indaga su presunti episodi di violenza sessuale avvenuti all’interno dell’ospedale di Paternò, nella provincia etnea.
Secondo la ricostruzione accusatoria l’indagato avrebbe messo in atto, tra il dicembre 2018 e il settembre 2024, comportamenti a sfondo sessuale nei confronti di personale femminile in servizio presso il presidio sanitario. Episodi che, stando a quanto emerso dalle indagini, sarebbero stati consumati sul luogo di lavoro, durante i turni, e in alcuni casi immortalati da un impianto di videosorveglianza.
L’inchiesta, affidata alla III sezione investigativa “reati contro la persona, in pregiudizio di minori e reati sessuali” della squadra mobile di Catania e alla sezione di polizia giudiziaria della Procura, ha ricostruito diversi episodi di presunte molestie e abusi, basandosi su dichiarazioni delle persone offese, intercettazioni e videoriprese.
Il gip, però, ha ritenuto sussistenti gravi indizi di colpevolezza solo per un singolo episodio, rigettando la richiesta più ampia avanzata dalla Procura che aveva domandato la custodia cautelare in carcere, ritenendo la gravità dei fatti e la pluralità delle presunte vittime tali da giustificare la misura più severa.
Il caso per cui è stata disposta la misura riguarda una collega medico chirurgo che, secondo l’accusa, sarebbe stata indotta a subire atti sessuali in ragione dello stato di soggezione derivante dal rapporto di subordinazione. L’uomo, approfittando della sua posizione apicale, l’avrebbe palpeggiata ripetutamente con gesti rapidi, anche durante le visite ai pazienti, accompagnando tali condotte con avances sessuali e impedendo alla vittima di reagire o manifestare dissenso.
Il gip ha disposto la sospensione dell’indagato da incarichi e funzioni in strutture sanitarie pubbliche o a partecipazione pubblica, ma ha rigettato le contestazioni relative agli altri episodi ritenendo non sufficientemente corroborati gli indizi raccolti. La Procura, da parte sua, si riserva di impugnare il provvedimento.