«Nella vita ci si sveglia sempre, meno una volta». Questa è la frase detta da Felice Andreasi in Musica per vecchi animali, il film diretto nel 1989 da Stefano Benni (a quattro mani con Umberto Angelucci). Si tratta dell’unica regia di Stefano. Del resto il suo rapporto con il cinema è sempre stato piuttosto complicato e contraddittorio. Lo conferma proprio questo film, ispirato al libro Comici spaventati guerrieri e che pure vanta tra gli interpreti principali Dario Fo e Paolo Rossi, a fianco di Eros Pagni e del suddetto Andreasi. Ma il risultato economico alla fine fu piuttosto deludente. Forse si sarebbe dovuto puntare sul risultato enocomico per ottenere un riscontro più adeguato.
NON AVEVA OTTENUTO miglior fortuna un altro film tratto da una sceneggiatura di Benni, Topo Galileo diretto da Francesco Laudadio nel 1988. Anche in questo caso un cast di tutto rispetto con Beppe Grillo, Jerry Hall (all’epoca Benni collaborava ai testi di Grillo e Hall era la compagna di Mick Jagger), con l’aggiunta di Claudio Bisio, Athina Cenci, Dagmar Lassander e di nuovo Eros Pagni. E se non bastasse ci sono le musiche curate da Fabrizio De André e Mauro Pagani. Sulla carta una bomba, nella realtà meno che un petardo. Altro botteghino da dimenticare.
La chiave probabilmente sta tutta nell’impossibilità di rappresentare la vulcanica creatività di Benni così grottescsa, surreale, fantastica, ironica e spiritosa da non poter essere ingabbiata in un susseguirsi di inquadrature con quei deliri linguistici e di senso che sulla carta stampata sono irresistibili mentre sullo schermo sembrano non funzionare più. Anche se poi qualcosa, qua e là, rimane. Come dimenticare la battuta «niente rende l’idea del tempo che è passato come il crescere del prezzo del gelato».
O ancora «la giraffa ha il cuore lontano dai pensieri, si è innamorata ieri e ancora non lo sa» interpretata da Lucia Poli nel documentario La storia quasi vera di Stefano Benni – Le avventure del lupo che Enza Negroni gli ha dedicato nel 2018 coinvolgendo nel progetto Daniel Pennac, Alessandro Baricco, Angela Finocchiaro e altri amici, tre cui una sagoma di Belushi, John, quello originale, a grandezza naturale.
PER TROVARE UN RISCONTRO meno negativo con il cinema bisogna arrivare a Bar Sport che Massimo Martelli ha diretto nel 2011. Erano passati 35 anni da quando quell’esordio letterario di Benni era stato pubblicato trasformandosi in un terremoto editoriale e un successo clamoroso quanto inaspettato. Forse proprio perché lasciato sedimentare, forse anche perché si tratta di qualcosa di molto più vicino al sentire comune, seppure opportunamente stravolto e svaccato con raffinato piglio, questa volta, pur senza raggiungere vette da capogiro, il film ebbe un discreto riscontro di pubblico, sfiorando i tre milioni di euro di incasso. Complici nell’operazione Claudio Bisio, Giuseppe Battiston, Antonio Catania, Antonio Cornacchione, Teo Teocoli, Claudio Amendola e le due «vecchiette» Angela Finocchiaro e Lunetta Savino.
Il tutto nella provincia bolognese con la partecipazione di altri attori della zona pronti a interagire con la mitica pasta Luisona racchiusa da sempre nella vetrinetta, divenuta ormai a sua volta personaggio del bar con tanto di nome proprio. Tutto questo funzionicchia anche al cinema. Così come la grottesca trasferta calcistica o l’insegna perennemente svirgola che il «tennico» non riesce a sistemare come dovrebbe o il soprannome Onassis dato al barista molto attento al denaro.
Purtroppo invece la critica si tenne a distanza dal progetto, anzi qualcuno avrebbe proprio voluto che quelle mitiche vicende raccontate dal libro negli e sugli anni ’70, non approdassero mai su grande schermo. Sicuramente quell’avventura non rimarrà nella storia del cinema, e forse neppure lo merita. Ma almeno nella cronaca cinematografica dovrebbe trovare spazio, così come tutti gli altri contributi (corti compresi) che Stefano Benni ha fornito alla settima arte, anche quelli meno riusciti, perché così sarebbe giusto.
COME SAREBBE GIUSTO poter ritrovare quei materiali. In rete dove si trova veramente di tutto, il cinema di Benni è completamente svaporato, unica eccezione una versione scaricata da Telepiù3 e rintracciabile in YouTube di Musica per vecchi animali. Ma si tratta di una copia talmente devastata e rovinata da consentire solo il recupero di qualche battuta. Tra cui quella di Andreasi sul sonno e il risveglio che apre questo ricordo di Stefano Benni e il cinema.