di
Fernando Pellerano

Per tutti a Bologna il Bar Sport di Benni è il Bar Billi al Meloncello, sotto il portico dello stadio: Luisone, calcio e caffè tra amici. «Ordinava sempre panino al prosciutto e una Coca», «No chiedeva un tè freddo alla pesca». Se l’uomo primitivo non conosceva il bar, quello digitale non ricorda come è fatto

«L’uomo primitivo non conosceva il bar». Il geniale incipit di «Bar Sport», un capolavoro. Esordio esplosivo di un Benni scoppiettante, mezzo secolo fa, marzo 1976. Dalle caverne all’intelligenza artificiale, dopo aver «tocciato» miliardi di Luisone in altrettanti cappuccini, ci hanno lasciati entrambi: l’amato scrittore e quei concentrati di umanità da cui seppe estrarre pepite letterarie e una cascata di situazioni e personaggi fulgidi e spassosi. 

Stefano Benni e quel Bar Sport diventato mito letterario

Di Stefano Benni ci rimarranno per sempre le fantasmagoriche invenzioni letterarie, non però quei suoi spazi urbani dove si alternavano — come si legge nella cover del suo best seller — «amori, sfide, cappuccini, risse, scommesse, fenomeni, avventure, sbronze, trasferte, grappini, nonni, sesso e meringhe». 



















































Il bar Billi di Bologna: vintage da sempre e lontano dalle mode

Un po’ come le osterie, a Bologna di «bar sport» ne sono rimasti pochissimi. Il Lupone c’è andato fin quando ha potuto, fino a un anno fa. Nel suo ultimo lustro ha vissuto al Meloncello, nella Casa di riposo per artisti Lyda Borrelli, ha avuto a portata di passi uno dei suoi preferiti, forse vero ispiratore, il Bar Billi, lì dal 1833: sospeso nel tempo, arredo inox da mettere sotto tutela così come sotto vetrina ci sono dolci e salate del forno di casa, sala interna ed esterna essenziali e dietro al bancone la terza generazione Billi. Oggi Lorenzo e Antonio, ieri Giuseppe, ieri l’altro Mario. Clienti superumani.

Al tavolo con gli amici e quell’ordine fisso

«Benni ordinava sempre un panino al prosciutto e una Coca», dice Paolo, fidato collaboratore. «No, voleva un tè freddo alla pesca», lo corregge Antonio, «e Alessandro prendeva una banana». Cioè Bergonzoni, amico di sempre, legato dal filo «cunibertiano» — parole e immagini, connubio di fantasia — che a Stefano portava in visita amici e amiche, da Angela Finocchiaro ad Atina Cenci, con passaggio felice da Billi. 

«No, Grillo no, ma sappiamo che andava anche lui», sì, prendendosi pure degli affettuosi «vaffa» da un Benni a tratti furioso (titolo di un suo libello anni Ottanta). Voci, rumori, luci e profumi, un nutrimento per lo scrittore accompagnato, anche se ogni tanto si ritrovava un po’ «sotto al mare». «Ci ha informati della sua scomparsa Maurizio Gatti», racconta Antonio, «altro grande amico di Vergato», driver della Fortitudo. 

Luoghi di una volta dove non arriva l’uomo digitale

Il Billi, un’ancora, un resistente frammento del passato dove si va e si viene e ci si percula con le Luisone (primissimo capitolo del bar) e si degusta la famosa crescente. Sullo sfondo dobbiamo immaginarci sempre quel sottile, beffardo e ironico sorriso dello scrittore, pronto a cogliere la minima sfumatura per poi servirla in prosa.

Spazi vivi che restituiscono calore: «Il lupo è partito alla ricerca dei suoi animali di Stranalandia… Insieme alla compagnia dei celestini per aprire un bar nell’universo dove ci saranno luisone fatte a stella…. Buon viaggio Lupo», hanno scritto i Billi nella chat di comunità. Spazi in via di estinzione. L’uomo digitale non conosce (più) il bar.


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10 settembre 2025 ( modifica il 10 settembre 2025 | 07:49)