Massimo Cellino torna a far discutere. L’imprenditore cagliaritano ha scelto l’Unione Sarda, il quotidiano della sua terra, per concedere una lunga intervista in cui ripercorre i 35 anni di carriera calcistica, senza risparmiare frecciate al mondo del pallone e soprattutto al Brescia Calcio, società guidata dal 2017 al 2023.

“Non c’è più il calcio che conosciamo”

Alla domanda se il calcio gli manchi dopo l’addio forzato alle Rondinelle, Cellino è categorico: “No. Non c’è più il calcio che conosciamo, per il quale siamo andati a vedere le nostre squadre negli stadi. Il sistema è scoppiato e chi gestisce la Federazione ha devastato il calcio”.
Un calcio che, a suo dire, non lascia scampo a chi prova a opporsi: “E chi li ostacola viene sopraffatto e distrutto”.

L’esperienza bresciana tra illusioni e debiti

Il ricordo di Brescia resta amaro. “Io ho preso il Brescia perché sono stato allettato all’inizio. Ero convinto che ci fosse una società molto più organizzata. Io, arrivato dall’Inghilterra, pensavo di spenderci un giorno al mese, a Brescia. Invece mi sono reso conto che c’erano molti più debiti di quelli che mi avevano dichiarato”.
Una situazione che, secondo Cellino, ha segnato irrimediabilmente la sua gestione: “C’erano 12 milioni di debiti Iva e me li hanno chiesti il giorno dopo che sono arrivato. Sono riuscito a salire in Serie A, poi è arrivato il Covid. Ma soprattutto c’è stata tanta cattiveria, tanta malvagità, io non riesco proprio a capirlo. Però è il posto malvagio”.
Un passaggio che lascia poco spazio a interpretazioni: “Se una società, in 115 anni, ha fatto 10 anni di Serie A e 105 in altre categorie, non è colpa di Massimo Cellino. C’è il maligno là dentro. A parte il fatto che il compleanno del Brescia è il 17 luglio. Se l’avessi saputo, col c… che l’avrei comprato”.

“Io sono vittima”

Non manca un riferimento diretto alla retrocessione della scorsa estate e all’esclusione dal campionato: «Io non mi sento, io sono vittima di una serie di circostanze negative, con una Sampdoria che non deve retrocedere perché ha 200 milioni di debiti e ha garanzie con delle banche e con la Federazione. La mia disgrazia è stata la coda del diavolo”.
Un destino che Cellino descrive come inevitabile: “Un giorno prima dell’iscrizione mi dicono che è tutto falso e che devo tirar fuori 8 milioni in 24 ore per iscrivere la società, retrocessa in Serie C. Non ce li avevo. Se l’avessi saputo li avrei procurati. È quello che volevano loro. Ed è quello che è successo”.

Fede e “maligno”

Nelle sue parole torna più volte il tema religioso, a partire dalla cappella costruita nel centro sportivo di Brescia come ex voto per la promozione in Serie A. “Diciamo che l’ho pagata cara. Mi hanno spiegato che il maligno si accanisce con chi fa qualcosa di importante per la Chiesa. Io l’ho costruita perché avevo fatto un voto all’Immacolata”.
Se mai dovesse tornare in città, conclude, la prima tappa sarebbe proprio quella cappella: “Anche se il maligno si è accanito in una città dove la bestemmia è troppo diffusa. Una cosa che non ho mai tollerato”.