Fare l’infermiere ha perso appeal. Aspetto che si sta trasformando in emergenza nazionale, problema da cui l’Astigiano è tutt’altro che escluso. La facoltà di Scienze infermieristiche del polo universitario Astiss, ogni anno mette a disposizione 75 posti. Nell’anno 2024-2025 gli iscritti erano stati 74, scesi ora a 55 con 40 infermieri che intanto quest’anno sono stati 40.

Non solo. Alla carenza di nuove leve si somma l’esodo. Nel 2023 hanno cessato il loro rapporto con l’Asl in 46 (18 in pensione e 28 per dimissioni volontarie), mentre nel 2024 il pensionamento ha riguardato 20 infermiri con altri 26 che hanno rinunciato.

I numeri

Tutti numeri che confermano la gravità del problema: «La questione infermieristica è ormai una vera emergenza – dice Stefania Calcari, presidente dell’Opi, l’Ordine delle professioni infermieristiche – Non bastano misure tampone: serve un investimento strutturale che renda la professione più attrattiva, sostenibile e valorizzata, a partire da questa legge di bilancio».

Il numero dei laureati in infermieristica in Italia è in crescita, 11.404 nel 2024, con una previsione di 14.500 nel 2027. Numeri importanti, ma ancora insufficienti a coprire il fabbisogno nazionale, considerando che ogni anno circa 25 mila infermieri vanno in pensione.

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«Il problema è strutturale e riguarda tutte le professioni di cura – prosegue Calcari – Alla base di questo fenomeno pesano: carichi di lavoro eccessivi, retribuzioni non adeguate alle responsabilità, scarse prospettive di carriera, difficoltà nella conciliazione vita-lavoro, scarso riconoscimento sociale e limitazioni all’esercizio della libera professione».

A ciò si aggiungono altri fattori come il calo demografico, i tempi ridotti per l’iscrizione ai test, il caro-affitti nelle grandi città e l’aumento delle iscrizioni a lauree telematiche. I numeri piemontesi sono da incubo. Nel 2024 mancavano 123 iscrizioni per fare il «tutto esaurito» dei 1.176 posti totali, nel 2025 i banchi rimasti vuoti sono 190.

«Dalle università piemontesi escono 600 infermieri all’anno ma le cessazioni arrivano al migliaio e mancano 4 mila infermieri per il settore pubblico e 2 mila per quello privato» dice Gabriele Montana, segretario del Nursind.

Le reazioni

I numeri dell’Asl di Asti sono meno in «rosso» rispetto ad altre parti perché si è provveduto ad assumere infermieri, terminando però le graduatorie di tutti i concorsi «Alle nostre spalle non ci sono più i rimpiazzi necessari», sostiene Montana.

Nell’Astigiano, lavorano 1.500 infermieri di cui 950 nel settore pubblico. Il fabbisogno, al momento, è coperto, ma il futuro è pieno di incognite. «Non sono i pensionamenti che devono far riflettere – prosegue il sindacalista – ma chi decide di lasciare per altre strade».

Ossia di andare a lavorare per il settore privato, all’estero oppure di lasciare una professione diventata troppo «dura». Lo stipendio è buono. Secondo il rapporto Fnopi (Federazione nazionale professioni infermieristiche) gli infermieri astigiani percepiscono uno stipendio medio di 33.800 euro, superiore alla media nazionale di 32.400 euro, e hanno una percentuale di assenza pari al 15% delle giornate lavorative (16% in Italia).

«Un infermiere del Pronto Soccorso arriva a superare i duemila euro mensili – dice Montana – tra insulti, turni che sembrano non finire mai o tentativi di aggressione, lavorando di notte, sabato e domenica a Natale o capodanno».

Ogni centesimo è guadagnato ma non sono gli eventuali aumenti di stipendio che impediranno un futuro ospedale senza infermieri: «E’ necessario un cambio di marcia culturale da parte di tutti», conclude Montana.