di Andrea Laffranchi e Martina Pennisi

La cantautrice torna oggi con il primo brano del suo nuovo album, La mia storia tra le dita. «Ho cominciato a perdere peso durante l’ultimo tour e ho iniziato a sentirmi fisicamente più forte»

Ma come, un museo di un’artista ancora in vita e con una carriera attiva?
«Mio papà ha conservato tutto quello che riguarda la mia carriera e da fan di Elvis ha detto “facciamo come Graceland!”. Io all’inizio ho detto “mai finché sono viva”. Lui ha lanciato un sondaggio nel fan club e mi ha convinta dicendo che avrei tradito tutti quelli che lo volevano… La sede del museo è la casa dove ho vissuto fino ai 18 anni e ogni sala ha un argomento: la cucina è dedicata alla tv, il soggiorno ai tour, una stanza è per i memorabilia che saranno esposti a rotazione e l’ultimo spazio conterrà gli oggetti che ho ritrovato in soffitta e usato per il docufilm. L’oggetto più particolare? I fogli con i miei appunti e le modifiche al testo di La solitudine che nasceva parlando una certa Anna e che io girai su Marco, il mio fidanzatino dei 14 anni…»

Laura Pausini si racconta dal suo studio di registrazione di Castel Bolognese, a due passi dalla “sua” Solarolo dove sorge anche il museo che accoglierà i suoi fan dal 13 settembre. Pausini sorride, insegue Lila, il piccolo maltese di famiglia («io sono la nonna di Lila, la mamma è mia figlia»): ha voglia di parlare e di ripartire, si sistema i capelli, si aggiusta la t-shirt con la scritta Santorini, testimone di un’estate che ora è davvero finita: nei prossimi mesi uscirà l’album Io Canto 2, in due versioni, italiano e spagnolo, con brani diversi: «È la prima volta che un mio album esce con una tracklist in spagnolo completamente diversa da quella italiana. È per questo che sono in studio da mesi, una ricerca lunga e ancora in corso… ho fatto 84 provini…».



















































Perché due album diversi per Io Canto 2?
«Io canto 1 era arrivato dopo il Grammy e voleva essere il mio modo di portare la musica italiana nel mondo. Nei sound check dell’ultimo tour ho iniziato a fare cover, del resto le faccio da quando ho 8 anni e andavo nei pianobar con papà, e mi è venuta voglia un seguito. Un disco è dedicato alle mie versioni di canzoni italiane. Io canto 2, invece, omaggia i cantautori spagnoli e latinoamericani. Il nostro canta utorato è basato più sui testi e il messaggio, quello in spagnolo sulla ricerca di un suono tipico».

Oggi esce il primo singolo La mia storia tra le dita: ha chiarito con Grignani dopo il bisticcio social?
«Lui sa che amo la sua musica e che da anni avrei voluto fare questa canzone… Ne abbiamo parlato anche a dicembre al mio concerto. E poi il mio editore, che è anche il suo, già lo scorso febbraio lo aveva informato di tutto quello che avrei pubblicato. La notte dell’annuncio del pre-save del mio singolo ho scoperto che sarebbe uscito anche un duetto suo con Matteo Bocelli. Sono rimasta un po’ sorpresa. In privato ho scritto loro tutto quello che pensavo. Il mio omaggio è fatto con il cuore. Il mio modo di vivere e lavorare si basa sempre sul rispetto. Forse però stavolta io non l’ho sentito nei miei confronti».

“I problemi senza di te si chiamano guai”: cosa racconta di lei e Paolo questa canzone?
«Non è dedicata a lui! Stiamo insieme da 20 anni proprio perché i guai che avevamo abbiamo saputo risolverli senza creare drammi. Io ho capito che volevo sposare Paolo proprio perché c’è un equilibrio nel parlarci, confrontarci, lasciarci i nostri spazi e accettare le nostre differenze. È la persona che mi fa sentire più libera».
 
C’è anche una nuova Pausini fisica…
«Sì, sono dimagrita. Ho cominciato a perdere peso durante l’ultimo tour e ho iniziato a sentirmi fisicamente più forte. Da adolescente, come tutte, ho seguito le diete fai-da-te, poi ho capito che bisogna affidarsi ai medici. Ora mi alleno tre volte a settimana: alterno sedute aerobiche e di allungamento. Infine ho capito che per una vita sana bisogna eliminare le persone false e non solo i carboidrati».

Erano tante?
«Sul lavoro non riesco ad avere rapporti basati sulla falsità, ma visto che voglio non litigare faccio fatica a dire alle persone con cui non mi trovo bene che c’è qualcosa di finto nel nostro rapporto».

Davanti allo specchio come si vede?
«Non sono mai arrivata ad accettare o ad amare i miei difetti, so che è un lavoro importante che andrebbe fatto, ma ho sempre cercato di nasconderli. I movimenti dell’ opinione pubblica ti aiutano a non vergognarti, ma dentro rimane l’insicurezza. Io l’ho sfogata nella musica: il palco è l’unico posto dove non ho paura».

Come vive i commenti sui social?
«Quelli negativi non bisognerebbe leggerli. All’inizio facevo fatica, adesso sono un po’ tranquilla, so che a insultare o screditare i personaggi noti è una minoranza degli utenti. Viene da chiedersi perché gli altri non scrivono: credo che la risposta sia perché sono più intelligenti e hanno meglio da fare».

Paola ha il permesso di usare i social e lo smartphone?
«Con il primo telefono che ha avuto poteva solo chiamare noi, poi le abbiamo dato un vecchio smartphone e le abbiamo vietato i social. Ma lei ha aperto da sola un profilo Instagram. Io che sono un po’ Gianna Ballardini, che è mia mamma, le ho ritirato il telefono. Dopo una settimana ha ottenuto di usarlo dalle 18 alle 20 e alla fine Paolo, che è meno severo di me, le ha consentito di usarlo la sera per sentire la sua migliore amica che vive a New York. Quindi sì, ce l’ha e lo usa. Io non vedo l’ora che torni a scuola e ricominci le attività extrascolastiche che la tengono lontana dallo schermo. Fa tante cose e cambia spesso idea: pallavolo, calcio, musica…».

La preoccupa l’idea che provi a seguire le sue orme?
«Io sarei dell’idea di lasciarla ancora un po’ fuori dal palco ma lei me lo chiede di continuo. A 12 anni è già come me a 25: in generale la sua generazione è così, vanno veloci, poi Paola è andata a scuola in quattro nazioni, in quattro lingue diverse, è molto indipendente… Durante il concerto di Capodanno è salita sul palco e ha suonato il basso per 21 minuti. È scesa e ci ha detto “Mamma, papà, ho sbagliato solo tre volte. Voi sbagliate di più!”. Ha il suo caratterino insomma…».

Laura Pausini conduttrice e direttrice artistica del Festival di Sanremo?
«È il posto in cui ci si può fare più male in assoluto, emotivamente. A me piace curare tutto, ed è anche questa cosa che mi ha trattenuta dall’accettare in passato. Potrei pensare un giorno alla conduzione, ma non la direzione artistica: sceglierei i miei amici, sono una di pancia e di cuore».

La Rai e la città hanno trovato un accordo, ma c’era chi voleva spostarlo da Sanremo…
«Come buttare giù San Siro… cadono tutti i santi, ma stiamo scherzando? Si dice “guardo Sanremo”, non “guardo il Festival”. La magia è anche il posto. Cambiare sarebbe stato un peccato».

Pippo Baudo era Sanremo. C’era quando lei ha vinto fra le Nuove Proposte nel 1993, l’anno successivo per il podio e in mille altre occasioni… L’ultima volta che lo ha sentito?
«Da quando è mancata Raffaella Carrà, una volta al mese ho iniziato a temere per Pippo e lo chiamavo per placare le mie ansie. L’ultima volta per il suo compleanno. Non stava già bene ed ero preparata alla sua morte, ma quando è successo ho pianto tanto. Sua figlia Tiziana alla camera ardente mi ha detto per lui eravamo come sorelle. Un’altra cosa che mi ripeteva sempre è “quando canti, Laura, tu vinci sempre”. Me lo ha detto a giugno quando gli ho chiesto consigli dicendogli che in radio non vogliono più le chitarre e che in alcuni Stati mi chiedono di cantare più sottovoce».

Sono le nuove tendenze della musica…
«Abbiamo paura che i ragazzi della nuova generazione perdano il contatto fisico e non riconoscano più le emozioni, ma siamo noi a insegnare loro a non andare a fondo nelle cose. Anche nelle canzoni è così. La musica è diventata un circo. Siccome tutto va veloce, anche la musica deve essere più immediata, più, tra virgolette, easy. Di recente poi mi è arrivata la proposta di un pezzo per un featuring: si capiva che era scritta dall’AI come risposta alla domanda “fammi una canzone d’amore che vada bene per Laura Pausini…” ma non vi dico il nome… Detto che non conosciamo il reale impatto che produrrà sulle nostre menti, non mi scandalizza l’uso dell’AI nella musica o nell’arte, ma vorrei che venisse dichiarato».

Lei ha sempre parlato di difesa dei diritti… Dopo un decennio di apertura, sembra che ci siano passi indietro da parte della politica.
«Non riesco a spiegarmi perché dovrebbe esserci una differenza tra un essere umano e un altro. Quando alla morte di un mio amico omosessuale ho visto che il compagno è stato tagliato fuori da tutto ho pensato che io e Paolo non ci saremmo mai sposati finché tutti non saremmo stati uguali. E comunque anche io e Paolo quando ci siamo sposati, abbiamo firmato le carte per l’unione civile».

12 settembre 2025 ( modifica il 12 settembre 2025 | 13:10)