Uno dei temi più importanti relativi al rendimento in Formula 1 riguarda l’utilizzo delle gomme, specie all’interno dell’attuale corpo normativo. Un contesto in cui spesso la Ferrari soffre, l’ultimo esempio a Monza, e non riesce a esprimere il massimo rendimento. A tal proposito, abbiamo intervistato in esclusiva Mario Isola, direttore di Pirelli Motorsport, che ci ha spiegato i segreti delle coperture, oltre a fornirci qualche anticipazione sul mondiale 2026.
Ascoltando i team radio di vari piloti, specie nelle prove libere, si sente spesso parlare di temperature delle gomme, in particolare quelle superficiali e al bulk. Anzi tutto vorremmo sapere qual è la differenza tra le due. Inoltre, sarebbe interessante capire l’importanza relativa di questi due valori a seconda della pista, senza dimenticare come si porta nella corretta finestra di temperatura lo pneumatico nella sua parte interna ed esterna.
”Sì, beh, domanda molto tecnica. Giustamente parliamo delle due temperature che le squadre guardano e monitorano nel fine settimana. L’ideale sarebbe poter avere la temperatura che c’è all’interno dello strato di mescola battistrada (bulk), che ovviamente non è misurabile outdoor. In indoor abbiamo dei sistemi. La temperatura più vicina è pertanto quella di carcassa, che i team, tramite dei sensori che misurano anche la pressione, ne controllano i valori essendo quelli più vicini al bulk.
Quest’ultimo, precisiamo, si trova tra la temperatura di carcassa e quella superficiale, essendo i due limiti della fascia battistrada dove puoi misurare le temperature. Quella di carcassa è fondamentale, perché rimanere in un range di temperature ideali della mescola vuol dire generare grip. Anche quella superficiale è da tenere d’occhio con grande attenzione, in quanto, soprattutto quando ci sono scivolamenti, c’è il rischio che si alzi molto, dando vita pertanto al famoso overheating.
Parliamo di un fenomeno fortemente legato alla temperatura superficiale, che se troppo alta fa perdere aderenza e, di riflesso, prestazione. Questo è tipico quando hai piste che non mettono tanta energia sul pneumatico. Per fare un esempio, possiamo parlare di Montreal o Las Vegas. In questo tipo di circuiti, una vettura fatica a tirar su la temperatura del bulk, mentre risulta più semplice scaldare quella in superficie, perché le auto tendono a scivolare.
Per questa ragione, i team cercano di slittare il meno possibile pur mettendo temperatura sulla mescola. All’interno di questo scenario, i team possono “giocare” con carico aerodinamico e setup meccanico, senza contare il disegno stesso della vettura, che fornisce una base più o meno buona nell’amministrazione di questi fattori. Questa è la parte complicata per le squadre nel realizzare una messa a punto che permetta di mantenere gli pneumatici sempre nel loro range ideale di funzionamento.
E poi non dimentichiamoci che c’è un asse posteriore e uno anteriore che lavorano diversamente. Quindi ci sono tante piste, per esempio Baku, dove sincronizzare l’avantreno co il retrotreno della monoposto è tutto tranne che banale, rischiando di avere l’anteriore freddo e il posteriore caldo: condizione che può generare una carenza di rotazione nociva e di riflesso una perdita di grip importante.”
In termini di mescola, per l’anno prossimo verranno mantenuti sei livelli differenti di mescola, quindi da C1 a C6? Inoltre, considerando il modo differente tramite cui verrà generato il carico aerodinamico dalle vetture di nuova generazione, il battistrada sarà più morbido o più duro?
”Anzi, tutto l’obiettivo è quello di confermare le sei mescole differenti. Per il resto, tramite le nostre analisi, abbiamo scelto di allinearci alla stagione attuale e mantenere la medesima gamma come durezza. Quello che ci manca da capire, lo scopriremo solo all’inizio della stagione 2026, quando le macchine andranno in pista, è se con questa gamma di mescole noi siamo centrati o meno. E qui si spiega la nostra scelta di cui sopra.
La ragione per cui vogliamo tenerne sei mescole è per avere un certo range di flessibilità all’interno del quale possiamo muoverci. Se dovessimo scoprire di essere troppo morbidi, per esempio, possiamo scegliere per un determinato Gran Premio dei compound più duri. Nella situazione contraria, se fossimo troppo conservativi, abbiamo la possibilità di passare a delle coperture più morbide.
Con un range ridotto a cinque mescole, si farebbe un po’ a farlo. Ecco perché l’idea iniziale è questa. Poi, come abbiamo fatto in passato nel 2017, con le gomme più larghe eravamo un po’ troppo duri; quindi nel 2018 siamo scesi di uno step di mescola, rivedendo tutto il range per sistemare le cose. Per quanto riguarda i 18 pollici, invece, in realtà la scelta sugli pneumatici era abbastanza centrata.
Ci siamo quindi limitati al fine tuning, cercando di allargare o restringere il rendimento tra due mescole che erano troppo vicine o lontane. Per il resto, la gamma è rimasta più o meno centrata. Discorso valido per la prossima stagione, dove non potremo cambiare le mescole per regolamento, ma possiamo senz’altro lavorare sullo sviluppo del 2027 che possa eventualmente ricentrare il tutto.”