Nel giorno in cui Parigi ha ottenuto l’approvazione da parte dell’assemblea Onu della Dichiarazione di New York che sostiene la soluzione a due Stati, i ministri degli Esteri di Francia, Gran Bretagna e Germania hanno condannato il raid aereo israeliano su Doha. Definendolo “violazione della sovranità del Qatar” che “rischia una ulteriore escalation nella regione”. In una nota si legge inoltre che l’attacco “rappresenta un serio rischio per il raggiungimento di un accordo negoziato, che garantirebbe il rilascio di tutti gli ostaggi rimasti e porrebbe fine alla guerra a Gaza”. Per questo, i ministri “esortano tutte le parti a rinnovare e raddoppiare gli sforzi per concordare un cessate il fuoco immediato”. Le tre capitali chiedono che l’attenzione resti “rivolta al raggiungimento di un cessate il fuoco permanente, al rilascio di tutti gli ostaggi rimasti e all’arrivo di aiuti a Gaza per porre fine alla carestia” e chiedono “con urgenza la cessazione immediata delle operazioni militari israeliane a Gaza City, che stanno causando massicci sfollamenti di civili, vittime civili e la distruzione di infrastrutture essenziali” in modo che “le Nazioni Unite e le ong umanitarie possano operare in sicurezza e su larga scala in tutta la Striscia, compreso il Nord’’.
Poi Londra, Parigi e Berlino ribadiscono infine la “inequivocabile condanna degli efferati crimini commessi da Hamas, un movimento terroristico che deve rilasciare immediatamente e incondizionatamente gli ostaggi che detiene, essere disarmato ed escluso definitivamente dal governo della Striscia di Gaza”. Hamas dal canto suo dopo giorni di silenzio ha fatto sapere che Khalil Hayya, capo negoziatore e figura di spicco dell’organizzazione, non è rimasto ucciso nel raid israeliano a Doha. Nell’attacco hanno invece perso la vita il figlio di Hayya, alcune guardie del corpo e un agente della polizia qatarina. L’organizzazione, senza fornire prove dirette, afferma che Hayya è vivo e che ha partecipato in Qatar alla cerimonia funebre per i familiari e i collaboratori deceduti.
Intanto il premier del Qatar, l’emiro Muhammad Al Thani, è volato a Washington per incontrare il segretario di Stato Marc Rubio e discutere della crisi. E Donald Trump lo ospiterà per una cena nel suo resort di golf a Bedminster, nel New Jersey, a nord-est della capitale. L’inviato speciale Steve Witkoff parteciperà all’incontro.
La vicenda, ancora avvolta da zone d’ombra, ha acceso nuove tensioni diplomatiche. Negli Emirati Arabi Uniti l’ambasciatore israeliano è stato convocato per chiarimenti, in un ulteriore segnale di tensione tra i due Paesi che hanno normalizzato i rapporti nel 2020 con gli Accordi di Abramo, e il ministero degli Esteri ha sottolineato che “qualsiasi aggressione contro uno Stato membro del Consiglio di cooperazione del Golfo costituisce un attacco al quadro di sicurezza collettivo del Golfo”. Intanto dall’Egitto filtrano notizie di un raffreddamento dei rapporti con il governo Netanyahu, con il Cairo che avrebbe ridotto i contatti di coordinamento. Nella Striscia di Gaza, intanto, l’offensiva israeliana continua e Hamas ribadisce che la resistenza andrà avanti finché Israele non si ritirerà del tutto dalla Striscia e non sarà avviata la ricostruzione. Un nuovo attacco al coltello vicino a Gerusalemme, costato il ferimento di due civili, è stato rivendicato dal movimento come “risposta naturale ai crimini israeliani”.
Il dossier sarà anche al centro del vertice del Consiglio di cooperazione del Golfo, in programma a Doha domenica e lunedì. I sei Paesi membri – Qatar, Arabia Saudita, Emirati, Oman, Kuwait e Bahrein – discuteranno di una possibile “risposta regionale” all’attacco israeliano, che, assicurano da Doha, resterà nei limiti del diritto internazionale. La partita si gioca anche sul fragile equilibrio tra governi che hanno normalizzato i rapporti con Israele, come gli Emirati, e quelli più inclini a sostenere la causa palestinese.