Dopo gli annunci estivi della crisi e la latitanza delle istituzioni, è piena crisi occupazionale al centro di ricerca sui farmaci oncologici Nerviano Medical Sciences (Nms), a metà strada tra Milano e Busto Arsizio. L’azienda ha aperto ufficialmente la procedura che, senza una soluzione negoziata, porterà al licenziamento di 73 dipendenti sugli attuali 123, con il trasferimento del personale restante (soprattutto amministrativo) alla sede di Corsico.
Chiuderà gran parte delle attività più qualificate, quelle di ricerca e sviluppo. A Nerviano le medicine si fanno da sessant’anni: il centro di ricerca fu costruito da Farmitalia nel 1965. Da allora il sito ha vissuto fasti e anni bui, passando per proprietà di vario tipo: dopo Farmitalia, si sono succedute Pharmacia, Pfizer, la congregazione religiosa specializzata in assistenza sanitaria delle Figlie dell’Immacolata Concezione e anche il capitale pubblico della Fondazione regionale per la ricerca biomedica lombarda. Gli ultimi investitori sono cinesi. Prima lo Shanghai
Advanced Research Institute, con un’iniezione di trecento milioni di euro. Ultimo, nel 2024, il fondo Pacific Alliance Group con un portafoglio di investimenti di 55 miliardi di euro. È quest’ultimo ad aver deciso per la chiusura delle attività di ricerca di Nms.
Per i sindacati la vertenza è appena iniziata. «Abbiamo chiesto un primo incontro all’azienda per martedì prossimo» spiega al manifesto Luisa Perego, che segue la vicenda per la Filctem-Cgil. L’obiettivo è la sopravvivenza di un sito strategico. «Fonti terze ci hanno fatto capire che le attività potrebbero essere trasferite in Cina. Ma nulla esclude che vengano chiuse del tutto».
Nerviano è un simbolo della politica industriale italiana, o meglio della sua assenza. La nostra industria farmaceutica è leader in Europa per fatturato insieme a Francia e Germania, ma è basata sul subappalto: da noi si producono farmaci ideati altrove e destinati per il 95% all’esportazione. Nerviano invece è un unicum nel settore ed è specializzato nella ricerca oncologica: qui si seguono tutte le fasi industriali, dalla ricerca alla traslazione clinica fino alla produzione, al momento non coinvolta dalla ristrutturazione ma che rischia di rimanere senza “cervello”. Il centro è una risorsa preziosa nell’epoca dei dazi trumpiani che minacciano di scombussolare le catene di fornitura globali. ù
«Un impianto produttivo può essere trasferito facilmente, se non è più conveniente dal punto di vista economico» spiega Perego. «Ma le competenze di un territorio non si possono spostare. Per questo Nerviano è un patrimonio scientifico e industriale per il Paese». I ricercatori e i tecnici detengono un know how che affonda radici lontane e produce tuttora farmaci innovativi. Qui negli anni ‘70 sono state sviluppate molecole antitumorali come le antracicline ancora impiegate nella clinica. E anche negli anni della crisi dai laboratori sono usciti l’encorafenib – poi commercializzato dalla Pfizer per il tumore al colon – e l’entrectinib contro quello al polmone, ora targato Roche. Diverse molecole innovative sono ancora in fase di sperimentazione.
La chiusura delle attività mette a rischio la chemoteca, che raccoglie oltre centomila molecole in gran parte originali, e oltre 700 linee cellulari utilizzate in tutto il mondo per sperimentare i farmaci in laboratorio.
Le attività di Nms hanno fatto largo uso di risorse pubbliche, che forse non sono state gestite nel modo migliore a giudicare dallo scontro andato in scena al Pirellone il 29 luglio durante l’audizione dell’amministratore delegato di Nms Hugues Dolgos. L’ad ha infatti accusato la regione per aver venduto le proprie quote a condizioni poco trasparenti e favorevoli solo per l’acquirente privato, per la cessione dell’entrectinib a Roche e per il veto su una non meglio specificata operazione finanziaria di rilancio. Un’ombra pesante per l’istituzione che dovrà ospitare la trattativa tra azienda e lavoratori.