Manuel Agnelli se n’è andato di nuovo. Ha vinto e ha salutato. Proprio l’anno che non facevo le pagelle. Questo dovrebbe dirmi qualcosa, ma speriamo non lo dica a lui. Ora c’è Gabbani, che è come sostituire Diego Armando Maradona con Beniamino Vignola (in realtà questo paragone è solo un pretesto per citare il suo omonimo John, che è il critico musicale che c’è in giro, se non ascoltate La nota del giorno su Radio 1, non sapete che vi perdete, ma questa è un’altra storia). Detto questo Vignola – Beniamino – aveva un bel piede e guizzi rari. Magari saprà stupirci. Alle Audition intanto un paio di concorrenti lo hanno fatto.

Mentre voi ridete di lui, lui diventa il re di Alviano. Non dovrà più lavorare, non dovrà nemmeno più farsi il caffè. Nel suo paese è diventato un mito nel momento esatto in cui ha fatto alzare tutto l’Allianz Cloud a cantare l’inno della squadra della U.S. Alviano. Con tanto di giudici con merchandise di quella che diventerà la seconda squadra di tutti noi. “Tiferemo senza pretese, cuore, tigna e grinta alvianese” me lo tatuerò sul petto. Solo una cosa: erano più intonati i calciatori di lui. Detto questo, tra essere uno dei tanti a X Factor e l’imperatore di Alviano, amico, hai fatto la scelta giusta. Intitolategli il campo. L’Adriano Aquili Arena suona bene, peraltro.

Vittoria Sofia Donda e Amanda

VOTO
9,5

Quando senti una voce così, una mano che fa rock con pochi accordi, degli occhi che fanno performance e permettono al resto del corpo di rimanere parallelo al microfono ti chiedi dove l’avessero nascosto finora e quasi ti dici che X Factor ha fatto anche cose buone. Incidentalmente Vittoria ha fatto innamorare tutti i maschi presenti alle audizioni, che in teoria dovrebbero odiarla e invece avevano i plettri a cuoricino. Amanda ha fatto innamorare me, invece. Come la sua collega, ha una voce che è un’arma impropria, una capacità d’interpretazione profonda e piena di una purezza struggente. Se si scioglie e esce fuori dall’occhio lucido e prova a sporcarsi, a lanciarsi senza rete, qui ce n’è per pochi.

Mentre parlava e scavava la sua fossa con solerzia pensavo che la laurea magistrale in Finanza a 24 anni è un bel risultato e che la stava rovinando in pochi minuti, questa impresa. Poi ho cercato di capire se qualcuno che conosco da quelle parti ha quello che si è preso nel backstage, perché sono disposto a pagarlo bene. Poi è arrivato l’effetto Gigi La Trottola. Pierci – cambiati il nome d’arte ora, cazzo – diventa bello, sano di mente e incredibilmente bravo appena parte la musica. Degli indizi c’erano, eh. Dovevo capirlo dal sorriso sornione della zia del tipo “rideterideteridetesustocazzochedoporidoioevivengoacercareaunoauno”.
 Già. C’è chi si rovina con l’emozione mentre canta. Lui dovete portarlo sul palco bendato e in camicia di forza e liberarlo solo a intro iniziata. Che rischia di rovinarsi prima di iniziare a cantare. Ma se superate quel momento di imbarazzo vi farà piangere.

Abat-Jour e Plastic Haze

VOTO
8,5

Ci sono venuti da Frasso Sabino a cantare Frank Sinatra, gli Abat-Jour. Inizia, il cantante, e sembra rincorrere il testo, hai per qualche secondo l’impressione della band bravina che ha sbagliato frontman solo perché ha scelto quello che limonava di più al liceo. Mentre mentalmente cominciamo a chiederci che ore sono lui gratta la seconda strofa e capisci che il ragazzo ha stoffa ed è pure molto più sexy di quel ciuffo inguardabile. E così fanno i musicisti che si trovano a occhi chiusi e crescono nota dopo nota. Altro che Abat-Jour, questi ragazzi sono un abbagliante sparato in faccia. Gran bella botta pure i Plastic. Che fan tenerezza, perché si capisce che se la son sudata, che sono bravi ma nessuno gli ha regalato niente. Quella spruzzata di bianco sulla testa del cantante te la dimentichi subito mentre loro fanno cadere giù lo studio con i Muse. Il solo dubbio è: da bravi insegnanti, non saranno “troppo” bravi? Nella loro performance tutto era rotondo, tutto era esatto. Pure l’indice verso il pubblico, il batterista fabbro che si alza in piedi, le diagonali giuste al momento giusto di chitarrista e bassista.

Delia Buglisi e Francesca Dinale

VOTO
8

Se fai incazzare Carmen Consoli, hai Delia Buglisi. Standing ovation, ma è pure un problema. Quando hai così carisma al piano mentre strappi l’anima a chi ascolta cantando recitando (e viceversa), il rischio è che non riuscirai mai a fare altrettanto su altri registri. Servirebbe Manuel Agnelli per domarla e lasciarla libera allo stesso tempo. Comunque prendere Rosalía e la sua Sakura e sbattercela così in faccia è da campionesse vere. Lei lo è, ma la prossima volta deve portare Annalisa. Francesca già la amo. Un po’ perché sembra la ragazza acqua e sapone, bella e lieve, che sceglieva il primo Carlo Verdone, un po’ per quel «sono stata brava» chiesto alla mamma subito dopo aver strappato applausi pure a un acidone in andropausa come me. Un po’ perché sceglie Alfonso di Levante, ma soprattutto perché farsi licenziare perché ti rifiuti di cantare alla cena aziendale ti rende un’eroina dei nostri tempi. Altro che caso Strazzer, qualcuno si sbrighi a raccontare questa storia. Selvaggia, pensaci tu. O almeno pensaci su.

Francesca Dinale. Foto: Virginia Bettoja

Che fantastica storia è la vita è la canzone di Antonello Venditti preferita da Antonello Venditti (anche per quel “mi chiamo Antonio e faccio il cantautore” che di lui ti dice tutto), anche perché dentro ci sono tutte le donne che canta, da Cinzia alla segretaria con gli occhiali. Lui non lo scimmiotta, ma ci mette qualcosa di suo. Riesce a farla sua, a un’età diversa, in un mood diverso, ma con quella melodrammatica cazzutaggine che normalmente è credibile solo su Antonello nostro. Cognomen omen.

Faccia simpatica, falsetto un po’ falso, dubidu sparagnau che se lo rifa, gli spezzo le ditine. Bravo è bravo, ma il sospetto che lo stiamo sopravvalutando è fondato. E mentre lo dico temo di sottovalutarlo. Ritornerai, Pietro, e te lo meriti. Poi ho un debole per i giovani vecchi, quelli che in sorte hanno avuto una faccia che fai fatica a portarla in giro, ma se ci riesci non te ne penti.

Se la cava, nonostante il (moderato) nonnismo dei superstiti. Il suo problema è che deve sostituire Sua Maestà Manuel Agnelli e lo fa con barzellette con protagoniste rose e birre alla spina.
 Trova una sua cifra quasi subito, senza strafare, e questo è il lato positivo. Quello negativo è che sembra inadatto al conflitto. E pure senza Fedez e Mika e qualche altro infamòn passato da quelle parti, a un certo punto quel tavolo diventa il Vietnam. Prova a dirglielo Jake, quando lo rimbrotta «ti blastano per niente, incazzati un po’». Cringe il vantarsi di aver scritto per Adriano Celentano. Peraltro versi tipo “Vite pazze consacrate alle tasse” o “il capo degli stupidi è già re” e “fuori i cuori dai congelatori”. Insomma, di peggio c’era solo aver fatto Adrian. Te lo dice uno che ha amato Amen fortissimo, Francé.

Vicky J. Della Peruta

VOTO
6

La napolatina (parte nopea e parte dominicana) è già un enigma. Ha talento e gusto – forse non per il fondotinta – ma non mi convince. Anche se bei pezzi de La cura per me in napoletano li azzecca. Poi canta con Giorgia – che sembra proprio aver appezzato – e penso di aver sbagliato tutto. Ma proprio nella vita. Si è meritata l’esame di riparazione e credo di avere voglia di vederla ancora. Sentirla sbagliare, ma crescere. E se fa Tenco reggaeton come suggerisce Jake, divento un fan.

Ale Varrone e Giordi

VOTO
5

Mi piace il country e vorrei loro due come migliori amici. La loro Riptide funziona pure e lui ha una voce che vorrei risentire ma che può reggere massimo tre puntate senza incocciare in un’eliminazione. E il bromance così spudorato è stucchevole. Se avessero cantato al concerto dell’occupazione di quando ero in prima liceo, li avrei adorati. Ma la prima liceo l’ho fatta 31 anni fa. E mi sa che le ragazze non mi guardavano neanche perché mi piacevano quelli come loro. O forse perché ero troppo impegnato a impedire a quelli sotto acido di fare danni e prendere gomitate sui denti provando a tenerli a freno.

Ale Varrone e Giordi. Foto: Virginia Bettoja

Dolce, simpatico, ma non ho ancora capito l’entusiasmo che ha suscitato. Mi è sembrato identico a tanti altri, con una voce educata ma trascurabilissima. Certo, un sorriso che può essere accatastato come bilocale fa sempre la sua porca figura, ma non mi sembra bastare per questo abbaglio.

Il Daft Punk de noantri ci ha appena regalato il claim della stagione. “Pippetta e a nanna”. Un po’ come Più o Mino, Alter Anima si chiede se avere successo o entrare nella leggenda. E lui fa come il signor Giancarlo a La ruota della fortuna che tra qualche migliaio di euro e l’essere ricordato in eterno decide di dire che le amazzoni “vinsero battaglie grazie alla loro figa” invece che grazie alla “foga”. E diventare, appunto, il signor Giancarlo. Si prende i quattro sì. Speriamo solo abbia altri inediti così. E che commercializzino subito i suoi occhiali. Da 10 il contegno da ingegnere post performance, da 110 e lode la moglie che la canta tutta invasata. Voglio una donna che mi ami così.

Canta I Will Survive. Ma non sopravvive, anche perché la produzione è suicida. E pure io, durante, qualche brutto pensiero l’ho avuto, poi per fortuna è finita. Ed è giusto chiedersi che patologia abbiano gli affetti da “fenomenite” alle Audition. Tu hai l’occasione della vita e te la giochi nel modo più irritante, spendendo tempo (e temo, denaro) in uno studio facendo qualcosa che uno straccio d’amico ti avrebbe evitato. E poi l’espressione «i miei produttori» mi fa venire la dermatite atopica quanto «il mio calcio» di Eusebio Di Francesco. Detto questo almeno mi dà l’occasione di dirvi di non confonderla con Martina Martorano, speaker grandiosa (anche lei Radio Rai). Una che ne sa di musica quanto di radio. Cioè tanto. Perché direte? Perché se un collega è bravo va detto, ecco.

Raramente si è sentito, visto un pezzo più brutto. Anzi, neanche brutto. Chorizo è un manuale di come non immaginare neanche una canzone, non riesce neanche a fare il giro e diventare trash (come un paio di cose che ci hanno propinato risparmiandoci nomi e cognomi dei malcapitati). Ludovica cara, più che una vendetta contro il tuo ex, questo è un favore unico che gli hai fatto. Chi può dargli torto ora a ‘sto povero cristo? Non c’ho riso, mi dispiace.