di
Giuseppe Sarcina

La Polonia non è pronta agli attacchi come lo è l’Ucraina. I droni erano una sfida, per vedere che avrebbe fatto la Nato

La Polonia, la Nato «non sono preparate a questo tipo di attacchi». Il «momento è cruciale: occorre una risposta forte, perché Putin vede debolezza nel nostro campo». John Bolton, 76 anni, repubblicano, è stato ambasciatore Usa all’Onu dal 2005 al 2006 e consigliere per la Sicurezza nazionale di Donald Trump dal 2018 al 2019. Ha risposto a tutte le domande del Corriere, tranne a quelle sulla perquisizione condotta, il 22 agosto scorso, dall’Fbi nella sua abitazione e nel suo ufficio di Washington, per «non interferire con le indagini in corso». L’iniziativa dell’Fbi, alla ricerca di documenti classificati, è subito apparsa una ritorsione di Trump nei confronti di uno dei suoi critici più severi. 

Putin ha ordinato l’incursione dei droni in Polonia? 
«I russi, ovviamente, sostengono che sia stato un incidente. Il loro obiettivo era l’Ucraina che, però, si trova a sud della Bielorussia, da dove sono stati lanciati i droni. Ma è stata colpita la Polonia che è più spostata a ovest. Insomma trovo davvero poco convincenti queste spiegazioni. Ho il sospetto che sia stata un’iniziativa studiata da Putin per sondare la determinazione della Nato. Innanzitutto, Putin voleva vedere come avremmo reagito. Alcuni droni sono stati abbattuti, ma chiaramente la Polonia non è preparata a questo tipo di attacchi come lo è ormai l’Ucraina. I russi, quindi, hanno imparato qualcosa sulle nostre attuali capacità militari, per lo meno nel settore polacco. In secondo luogo penso che Putin abbia lanciato una sfida politica per vedere quale sarebbe stata la risposta collettiva della Nato». 



















































In particolare degli Stati Uniti? 
«Certo. Dopo il summit in Alaska con Trump, Putin si è mosso come se avesse campo libero, visto che il presidente Usa non ha dato seguito alla minaccia di sanzionare la Russia, se non ci fosse stato un cessate il fuoco. L’Armata russa ha aumentato gli attacchi in Ucraina, in particolare sugli obiettivi civili in Ucraina. E, nello stesso tempo, immagino che Putin abbia visto un’opportunità per condurre in piena tranquillità un test sulla risolutezza della Nato». 

Trump ha minimizzato… 
« Non è una risposta seria, non è adeguata al momento. Siamo in un momento decisivo e sarebbe un grave errore se la Nato non mettesse in campo un’azione forte, aumentando le sanzioni e applicando in maniera più rigida quelle già esistenti». 

La possibilità di un bilaterale tra Putin e Zelensky o di un triangolare con l’aggiunta di Trump è svanita? 
«Non la vedo all’orizzonte. Il ministro degli Esteri Sergej Lavrov lo ha escluso negli ultimi giorni. Putin dice che se vuole Zelensky può andare a incontrarlo a Mosca. Ma, naturalmente, ciò non può essere. E Trump alla fine non vorrà apparire come un perdente. Potrebbe disimpegnarsi imponendo qualche altra sanzione di dubbia efficacia. A quel punto, al Cremlino concluderanno che le parole di Trump non sono altro che chiacchiere vuote. Già adesso Putin può pensare che gli eventi stiano volgendo a suo favore. Le sue truppe continuano ad avanzare sul terreno. Lentamente, è vero, e al prezzo di ingenti perdite. Ma la sua considerazione del valore della vita umana non è uguale alla nostra. Il leader russo scorge debolezza nell’altro campo. Vede che Trump non è determinato a contrastarlo. Finché le cose andranno così, non sarà disponibile a negoziare». 

Che cosa potranno fare gli europei per l’Ucraina se Trump si disimpegna?
«Gli europei potranno fornire armi e munizioni, comprese quelle comprate dagli Stati Uniti. Ma la vera domanda è: chi darà a Kiev le informazioni di intelligence per monitorare le mosse dei russi? Solo gli Usa hanno queste capacità. Trump ha detto che non vuole interrompere il sostegno offerto dai servizi segreti Usa. Ma chi ci può giurare? Gli europei non possono pensare di poter rimediare in breve tempo, anche perché ci sono diverse minacce nel mondo. Penso, per esempio, alla Cina sempre più schierata a sostegno della Russia. In definitiva gli europei hanno la necessità di rimanere agganciati a Trump, nonostante tutti i danni che il presidente americano ha già fatto». 

13 settembre 2025