La storica finale con Roberta Vinci nello slam americano del 2015 è diventata un documentario: “Tornare su quel campo e rivivere la partita mi ha dato i brividi. Ora vedo il tennis da un’altra prospettiva”
Giornalista
13 settembre – 09:04 – MILANO
Sembra ieri, e in effetti era proprio il 12 settembre, ma sono passati dieci anni da quel giorno incredibile di New York. Una finale Slam tutta italiana, con Roberta Vinci che ci era arrivata sbriciolando il sogno di Serena Williams di completare il Grande Slam fermandola in semifinale. Pennetta aveva superato Simona Halep per poi incrociare Roberta in una finale da favola. Le due ragazzine pugliesi che avevano mosso insieme i primi passi, si trovavano una contro l’altra nello stadio di tennis più grande del mondo a disputare la prima finale Slam tutta italiana della storia. Di quel giorno indimenticabile si ricorda l’abbraccio a rete con Robi, alla quale aveva sussurrato “Mi ritiro”. Una decisione scioccante, ma che Flavia ha sentito nel cuore con una serenità mai provata prima. Ora Pennetta lavora come talent di Sky ed è mamma felice di tre figli, Roberta un tecnico della federazione. Ma quella giornata di gioia pura resterà per sempre negli occhi degli sportivi italiani ed è diventata un documentario che sarà trasmesso a fine anno su Sky e Now.
Flavia, è appena tornata a New York per commentare lo Us Open e girare il documentario sul trionfo di dieci anni fa. Che effetto le ha fatto rivivere quei luoghi e quei momenti?
“È stato molto emozionante. Tornare su quel campo, anche vuoto, mi ha riportata indietro come se stessi rigiocando la finale. Ho rivissuto la partita in pieno ed è stato bellissimo, da brividi. Questa volta, però, ho avuto anche il tempo di vedere New York in modo diverso: quando sei lì per il torneo sei così concentrata che non ti accorgi davvero della città che ti circonda. Questa volta, invece, mi sono lasciata avvolgere”.
Ha mostrato quei luoghi ai suoi tre bambini?
“No, sarebbe stato troppo impegnativo. Magari vedranno il documentario. Con me c’era mia sorella ed è stato speciale perché non era con me il giorno della finale, quindi tornare a New York e condividere quei momenti con lei è stato come rivivere tutto da capo”.
Le capita mai di sognare quella finale, quella giornata pazzesca?
“A volte è capitato, ma le immagini si fermavano sempre a quando piangevo prima di entrare in campo. Il momento della vittoria, invece, non l’ho mai rivissuto. Credo fosse un sogno che è diventato reale, e quindi non ho avuto bisogno di viverlo ancora. Sa, i sogni nascono dai desideri, e quando li realizzi…”.
Avete festeggiato con Roberta Vinci, l’altra protagonista di quella finale tutta italiana?
“Certo. Ci siamo fatte gli auguri e abbiamo parlato un po’ delle nostre vite di oggi. Lei lavora con la Federazione, io sono impegnata su altri fronti: ognuna ha preso la sua strada, ma resta un legame speciale che ci unirà per sempre”.
Ora il tennis lo vede da un’altra angolazione, commentando i tornei e i suoi protagonisti. Come si sta dall’altra parte del campo?
“All’inizio non mi piaceva guardare il tennis. Seguivo solo Fabio, ma non avevo voglia di vedermi un match intero per piacere. Ora invece sì: mi diverto a seguire, ad analizzare, a capire. È un approccio diverso, che ho imparato ad apprezzare col tempo. A New York mi sono vista tutte le partite degli italiani”.
Lei ha detto basta nel discorso di premiazione. Fabio era già lì con lei, da quel momento avete costruito molto insieme. Faccia un bilancio di questi anni.
“Sono orgogliosa di tutto quello che abbiamo costruito insieme. Mi sento grata per quello che ho avuto. Ogni tanto mi spavento quasi, perché so che non è scontato essere così fortunati. In dieci anni ho vissuto tutto: carriera, vittorie, famiglia. Non ho mai rimpianto di aver detto basta quel giorno”.
Che mamma è Flavia Pennetta? Poliziotto buono o cattivo?
“Diciamo che alterno bastone e carota. Sono severa ma nei limiti. Li lascio sfogare, divertire, sotto il mio ombrellone quest’estate c’erano 18 bambini. Voglio che vivano la loro infanzia con gioia ma sempre seguendo regole su cui non transigo. Se andiamo al ristorante e iniziano a fare confusione, pago l’acqua e ce ne andiamo a casa. È successo davvero. Ma è anche così che si cresce”.
E i social, le fanno paura?
“È un tema che ancora non li tocca più di tanto perché Federico, il più grande, ha solo otto anni. Però ogni tanto mi chiede che metta la sua foto su Instagram perché i genitori di alcuni suoi amici lo fanno. Se vorrà, Instagram a 18 anni”.
È stata anche la prima estate intera con Fabio marito e padre a tempo pieno… Com’è andata?
“Impegnativa! Scherzi a parte, gli equilibri sono stati diversi dagli altri anni. Fabio non è abituato: si chiedeva sempre ‘e ora cosa facciamo?’. In vacanza, con i bambini, stai seduto, controlli e speri che nessuno si faccia male, che non affoghino…”.
Vede Fabio come “super coach” in futuro?
“Sì. Ma credo che gli serva ancora un po’ di tempo per staccare e capire se vuole davvero intraprendere quella strada. Non è semplice, devi prima “uccidere” il giocatore e poi rinascere coach: le dinamiche cambiano completamente”.
Le è mai venuta voglia di allenare?
“Non seriamente. Mi piace giocare ogni tanto, dare un consiglio, ma non mi vedo come coach a tempo pieno. Ho trovato il mio equilibrio così”.
Flavia, possiamo dire quindi che non le manca la vita di prima?
“No, l’ho amata nel bene e nel male ma non mi manca. Una cosa bella degli sportivi è che hanno la possibilità di ‘andare in pensione’ presto e scegliere cosa fare della loro vita. Io ho realizzato i miei sogni, persino più grandi di quanto immaginassi”.
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