Al Cretino Digitale che ironizza sul minuzioso testamento di Giorgio Armani, accusandolo di voler controllare le vite degli altri anche da morto, vorrei chiedere questo: c’è più generosità in chi non lascia scritto nulla, infischiandosene del fatto che gli eredi si scanneranno tra loro, oppure in chi si preoccupa di scongiurare il rischio che dopo la sua morte arrivi il diluvio delle carte bollate e il patrimonio si deprima e si disperda? 

Leggendo il lascito dello stilista si rimane sbalorditi dalla precisione con cui ha distribuito tra i suoi cari ogni singolo oggetto da lui amato, persino le stuoie e le poltrone. Certo, Armani ha pensato anzitutto a mettere in sicurezza l’azienda, e in questo si potrebbe ancora cogliere una traccia dell’umano desiderio di garantirsi l’immortalità attraverso la sopravvivenza del proprio marchio. Ma nell’uomo prossimo alla morte che mette per iscritto il numero di settimane all’anno (4) in cui i suoi parenti dovranno concedere al compagno Leo l’uso della barca, non c’è alcuna preoccupazione personale. Solo la volontà di evitare quelle guerre civili tra milionari (e spesso anche tra poveracci) di cui sono piene le cronache rosa e i tribunali.



















































Sui social, il Cretino Digitale li ha bollati come i capricci di un ricco. Io ci vedo invece la riaffermazione di uno stile. Lo stile Armani, appunto, fatto di cura per i dettagli e di attenzione alle ricadute delle proprie scelte sugli altri. Quando la forma diventa sostanza: in fondo è questa la sua eredità.

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13 settembre 2025, 06:58 – modifica il 13 settembre 2025 | 09:53