Sono pochissimi gli avvenimenti di cui conserviamo memoria di dove ci trovavamo e di cosa stavamo facendo quando ne siamo venuti a conoscenza. Ebbene, ricordo che nel dicembre del 1991 stavo cenando da solo al tavolo della cucina dei miei genitori a Vigevano, quando il TG2 aveva dato notizia della morte di Pier Vittorio Tondelli. Come ho scoperto confrontandomi con amici scrittori e lettori, è un ricordo che in realtà abbiamo in molti, e in molti lo conserviamo con un senso di trauma e di perdita. Non è un caso che Enos Rota, uno degli amici più cari di Tondelli, uno di quelli a cui lo scrittore di Correggio aveva dedicato uno dei ventiquattro Biglietti agli amici, abbia raccolto centinaia di testimonianze affettuose di lettori sull’autore scomparso, facendone un libro, Caro Pier…, che uscì nel 95.

Tra le dimostrazioni d’affetto duraturo seguite alla morte di Pier Vittorio Tondelli si potrebbero citare i continui pellegrinaggi dei lettori sui luoghi tondelliani a Correggio, o gli omaggi che ancora vengono lasciati sulla tomba nel piccolo cimitero di Cànolo, dov’è sepolto lo scrittore. Se il paragone con Jim Morrison al Père-Lachaise può sembrare eccessivo restiamo allora sui libri, perché dopo ben 34 anni dalla morte un altro volume di testimonianze di lettori e scrittori è in arrivo, di nuovo curato da Enos Rota. Tondelli vive: racconti di chi lo ha letto e amato uscirà in ottobre, a ricordare il 70° della nascita.

Se per una rockstar come il Jim Morrison di cui sopra attaccamento e perdurare del ricordo non sorprendono, per uno scrittore, e più ancora per uno scrittore italiano, sono cosa eccezionale. Da dove viene tutto questo amore per Tondelli? Certamente dall’affetto che i lettori hanno provato e provano per i suoi romanzi, grazie al senso di umana vicinanza con l’autore che ispirano, provocato dal riconoscersi – indipendentemente dalla propria generazione – nei ragazzi di Altri libertini e Pao Pao, o nel trentenne malinconico ma dignitosamente antisentimentale di Rimini, e, soprattutto, di Camere separate, personaggi che è difficile non sovrapporre alla figura dello scrittore correggese. Ma un sentimento di vicinanza e di gratitudine lo hanno ispirato anche i materiali del Tondelli cronista e saggista. Mai mettendosi su un piedistallo, piuttosto cercando un dialogo con il pubblico a cui si rivolgeva, sulle pagine di riviste giovanili come Rockstar e Linus Tondelli ha affascinato ragazzi appassionati d’altro, portandogli in dono il piacere della lettura e della grande letteratura.

Se sin qui si è parlato dell’affetto dei lettori, quanto agli scrittori è facile dire di quello di chi è passato attraverso le sue tre antologie Under 25 – da Culicchia a Ballestra, da Bugaro a Canobbio, da Demarchi a Conti, Camarca, Romagnoli – per poi approdare a una carriera editoriale di tutto rispetto. Ma non basta. Uno dei lasciti di Tondelli, del suo lavoro editoriale, dei suoi interventi sulla scrittura (le prefazioni degli Under 25, la sezione “Il mestiere dello scrittore” nella raccolta postuma L’abbandono, il libro-intervista Il mestiere di scrittore curato da Fulvio Panzeri e Generoso Picone), è stato mostrare che esisteva una possibilità per tutti quei giovani che, in provincia, in quegli anni, scrivevano senza sapere come farsi leggere, valutare, pubblicare, e che la scrittura, dunque, poteva darsi e farsi in ogni luogo e per ogni persona, non importa quanto appartata. Più avanti, per chi, come me, ha iniziato a scrivere negli anni 90, quei testi sono diventati una cassetta degli attrezzi da cui attingere e l’humus su cui è cresciuto un fenomeno nuovo, legato alla consapevolezza che il do it yourself dal basso non solo ha chance, ma anche senso: la scena delle riviste anni 90 – Fernandel, Il Maltese, Addictions e tante altre ancora – è venuta dalla metabolizzazione di quelle suggestioni, e ha portato a una messe di nuovi scrittori destinati alla pubblicazione. A Tondelli, allora, come si fa a non volergli bene?