Oltre mille animali morti, vaccini rallentati, indennizzi magri: ecco cosa non torna nell’emergenza zootecnica.
(Foto: visite agli ovini per la lingua blu).
L’estate del 2025 rischia di diventare un marchio indelebile per gli allevatori umbri. La lingua blu – la Blue tongue o febbre catarrale degli ovini – ha prodotto numeri drammatici e messo a nudo falle strutturali: tempismo, coperture, risorse. Qui ricostruiamo che cosa è successo, che cosa è stato fatto e dove si annidano i nodi da sciogliere.
I numeri del disastro
In Umbria si contano 140 focolai confermati e oltre 1.000 capi ovini deceduti, con perdite anche tra i bovini. L’impatto non è omogeneo: alcune aree interne hanno registrato mortalità e sofferenze produttive ben superiori alla media.
Il tasso di mortalità negli ovicaprini oscilla sensibilmente a seconda dei territori. Oltre ai decessi diretti, pesano i costi indiretti: calo della produzione, blocchi commerciali, spese veterinarie e smaltimento delle carcasse.
Cosa ha fatto la Regione
Vaccinazioni e profilassi. È stata resa disponibile la vaccinazione per gli ovini e valutata l’estensione ai bovini. Sul fronte preventivo sono stati raccomandati interventi sui vettori: alloggi protetti notturni, uso di repellenti e eliminazione dei ristagni d’acqua che favoriscono gli insetti.
Ristori economici. È stato attivato un pacchetto da 1 milione di euro con indennizzi fissati in 250 euro per capo bovino e 70 euro per ovini. La liquidazione richiede la registrazione formale degli eventi sanitari e delle perdite secondo le procedure veterinarie.
Criticità, dubbi e prospettive
Indennizzi inadeguati. Per chi ha subito mortalità massiccia o perdita di capi da riproduzione, gli importi rischiano di coprire solo una frazione del danno reale. Il differenziale tra valore economico e indennizzo resta ampio.
Emergenza o endemia? La lingua blu è presente in Italia da anni e viene trattata come malattia endemica. Questo status limita gli automatismi degli aiuti straordinari e trasferisce sugli allevatori buona parte degli oneri di prevenzione.
Territori fragili. Valnerina, dorsale appenninica e aree montane pagano il prezzo più alto: distanza dai servizi, minor densità di assistenza veterinaria, costi logistici elevati. Qui la combinazione di perdita di capi e crollo della produttività incide sul futuro stesso delle aziende.
Mancano stime complessive. Il danno economico totale resta difficile da quantificare: i costi nascosti (mancati ricavi, interruzioni di mercato, ridotta fertilità) probabilmente superano di molto i ristori disponibili.
Dichiarazioni
L’assessore regionale all’Agricoltura sottolinea una linea di impegno: “Non possiamo lasciare sole le aziende zootecniche umbre di fronte a un’emergenza che incide pesantemente sulla loro attività”, definendo i ristori una “prima risposta concreta”.
Dai territori, allevatori e associazioni di categoria insistono su un cambio di passo: “Servono misure strutturali, non solo ristori una tantum: vaccini dove necessario, assistenza tecnica nei comuni montani, prevenzione continua e procedure snelle”, è la richiesta che arriva dalle aree più colpite.
Cosa fare adesso
Allineare indennizzi e perdite effettive. Valutare un rafforzamento dei ristori nelle aree più colpite e per le categorie di capi con maggiore valore economico.
Prevenzione continua. Non solo vaccini volontari: piano stabile contro i vettori, manutenzione idraulica diffusa, supporto all’alloggiamento notturno protetto.
Burocrazia rapida. Procedure semplificate per la registrazione degli eventi sanitari e per la liquidazione degli indennizzi: i ritardi amministrativi aggravano i danni.
Sostegno alle aree interne. Più assistenza veterinaria di prossimità, incentivi alla prevenzione, strumenti assicurativi e fondi di stabilizzazione del reddito.
Monitoraggio trasparente. Un cruscotto pubblico con andamento dei focolai, copertura vaccinale, tempi di liquidazione e misure attivate aumenterebbe fiducia e partecipazione.