A chi abbiamo affidato le nostre vite, le nostre emozioni, le nostre scelte? Chi ha fatto incetta dei nostri dati personali senza che ce ne accorgessimo?
Non so a voi, ma a me le foto alla Casa Bianca di Bill Gates, di Mark Zuckerberg, di Tim Cook, di Sam Altman, di Sundar Pichai, di tutti i Ceo delle grandi aziende tecnologiche degli Stati Uniti mettono molta tristezza. Sono lì a omaggiare il Capo, sono lì a chiedere sconti, sono lì a farsi proteggere dalle multe che l’Europa pensa loro di infliggere. E dire che le principali Big Tech hanno una capitalizzazione di mercato che supera il Pil di interi Stati.
Appena una decina di anni fa, il Ceo di OpenAI, casa madre di ChatGPT, sosteneva: «I programmi di Trump sono un’inaccettabile minaccia per l’America». Il sogno libertario della Silicon Valley sembra svanito per sempre, i suoi legami con la controcultura degli anni Sessanta sono ormai un lontano ricordo. Le Big Tech hanno stretto rapporti sempre più insistenti con Trump con cui ora discutono del loro futuro e di quello dell’Intelligenza Artificiale: mano libera contro i Paesi concorrenti e un freno alla tutela dei vincoli sociali e ambientali.
Era inevitabile che finisse così. Forse la nostra vita è migliorata ma non è più nostra e alla democrazia non basta l’estetica raffinata dell’ultimo smartphone.
14 settembre 2025
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