di
Lorenzo Cremonesi
Da mesi l’esercito ucraino ha intensificato i raid sulle infrastrutture che servono la macchina dell’energia russa: ferrovie, raffinerie, siti di stoccaggio e gasdotti
VARSAVIA – Colpire il sistema energetico russo per vincere la pace: è una precisa scelta strategica di lungo periodo quella adottata dai comandi ucraini in modo sempre più sistematico, specie negli ultimi due anni. E dunque bombardare sistematicamente le raffinerie, i depositi, i gasdotti e oleodotti, le ferrovie che trasportano i carburanti destinati all’export. La logica che guida gli attacchi condotti con crescente efficienza dai droni ucraini è evidente: danneggiare l’energia russa significa mettere in ginocchio l’economia, toglierle i fondi vitali per la costruzione e l’acquisto di nuove armi e munizioni, in sostanza paralizzare lo sforzo bellico e dunque, in ultima analisi, costringere Putin a porre fine all’invasione per negoziare la tregua o, addirittura, un trattato di pace.
I conti in tasca a Putin sono presto fatti. Nel 2020, due anni prima dell’invasione dell’Ucraina, il settore energetico russo rappresentava quasi il 68 per cento dell’export nazionale, per un valore di circa 255 miliardi di dollari annuali. Il petrolio grezzo valeva da solo 72 miliardi all’anno, seguito da quello raffinato e derivati pari a 45 miliardi. Nel settembre 2025, a ben oltre tre anni e mezzo dall’inizio della guerra, la situazione è cambiata: l’embargo occidentale ha limitato le rendite e gli attacchi militari ucraini stanno creando problemi alle capacità produttive russe. Oggi Mosca dipende soprattutto dall’export verso Cina, India e Turchia. È prevista per quest’anno una netta riduzione degli introiti. Secondo i dati resi noti dallo stesso ministero dell’economia di Mosca e citati dalla Reuters, già in aprile era prevista la diminuzione del valore dell’export energetico del 15 per cento per quest’anno e proiettato al 2027. Per il 2025 si prevede di vendere circa 200,3 miliardi di dollari in petrolio e gas, contro i 235 realizzati nel 2024.
Ma a cambiare la situazione sul campo è adesso l’intensificazione dai raid ucraini. Secondo Maxim Bilyavsky, analista del Centro Razumkov di Kiev, dall’inizio dell’anno i droni ucraini hanno preso di mira i centri energetici russi con operazioni maggiori almeno 70 volte. Oltre il 45 per cento dei raid sono stati contro le raffinerie, il 25 i depositi e il 10 le infrastrutture, compresi gasdotti e oleodotti. Il risultato è che in otto mesi la capacità di raffinazione e di trasporto russa è diminuita almeno per 437 milioni di tonnellate di greggio: una quantità che supera di gran lunga i danni creati negli anni scorsi. Gli attacchi sono avvenuti contro impianti situati sino a 1.800 chilometri dal territorio ucraino. Ciò che conta sono soprattutto i danni economici: al momento la Russia vede una riduzione dell’export petrolifero del 10 per cento rispetto all’anno scorso. Il valore dell’export mensile dei prodotti petroliferi è sceso da 15 a 12 miliardi di dollari, che si calcola equivalga al 4,1 per cento del Pil. Il prezzo della benzina in Russia è aumentato del 17 per cento e vi sono regioni frontaliere dove si registrano spesso carenze di carburante. Nota Bilyavsky: «Se i raid ucraini dovessero continuare con la stessa intensità degli ultimi mesi, la Russia rischia sistemiche carenze di carburante, gravi restrizioni alle sua capacità militari e problemi interni con la popolazione».
I portavoce dell’esercito ucraino segnalano i 17 successi più rilevanti di agosto grazie ai nuovi droni prodotti dalle industrie militari nazionali, che vanno dalla raffineria di Ryazan il 2 del mese a quella di Kuibyshev il 28. Ivan Tymochko, commentatore militare e ufficiale della fanteria dei riservisti, ha spiegato ai media locali che oggi le truppe russe si trovano senza benzina nella regione occupata del Lugansk, nel Donbass settentrionale. I comandi russi, a suo dire, starebbero requisendo il carburante da ospedali, panetterie e servizi pubblici. Anche gli osservatori internazionali notano che al momento le capacità di raffinazione del greggio russe sono scese di percentuali comprese tra il 17 e 25 per cento.
14 settembre 2025
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