La Legge di Bilancio 2025, ai commi 84-86, introduce una novità significativa: a partire dal 2026, gli stipendi dei dipendenti pubblici superiori a 2.500 euro netti potranno essere pignorati in caso di debiti non pagati superiori a 5.000 euro verso l’erario, i comuni o altre pubbliche amministrazioni.
Si tratta di un abbassamento della soglia rispetto all’attuale disciplina, che prevede il limite di 5.000 euro.
Se da un lato la misura mira a rafforzare la riscossione, dall’altro pone serie criticità operative, soprattutto per NoiPA, che gestisce ogni mese circa 2,7 milioni di buste paga.
Un sistema da adeguare: il problema dei tempi di emissione
Gli stipendi dei dipendenti pubblici gestiti da NoiPA non vengono liquidati in tempo reale, ma sono emessi con circa tre settimane di anticipo rispetto alla data effettiva di pagamento.
Questo significa che:
- al momento dell’elaborazione, i sistemi NoiPA dovrebbero già conoscere la situazione aggiornata dei debiti del singolo dipendente;
- eventuali variazioni intervenute dopo l’emissione (nuovi provvedimenti di riscossione, pagamenti parziali, sospensioni) non sarebbero registrate in tempo utile;
- si rischierebbe di accantonare somme in maniera non allineata alla posizione debitoria effettiva del lavoratore.
I controlli sugli arretrati: un ulteriore livello di complessità
Il provvedimento prevede che, in caso di pagamento di arretrati, siano gli uffici responsabili del trattamento economico a effettuare la verifica tramite un portale dedicato (inserendo codice fiscale e importo netto).
In questo caso, se l’importo dell’arretrato supera i 2.500 euro le Ragionerie Territoriali devono controllare sul portale dell’Agenzia Entrate Riscossione che tutti i percettori di arretrati siano in regola con il fisco, con conseguente ritardo nei pagamenti.
Se il dipendente non ha debiti con il fisco, il sistema genera una liberatoria se invece risulta a debito, il credito deve essere bloccato in attesa dell’atto di pignoramento dell’Agenzia Entrate Riscossione (ex Equitalia).
DPR 180/1950 e la gestione del quinto pignorabile
Resta fermo quanto stabilito dal D.P.R. 5 gennaio 1950 n. 180, che disciplina i limiti al pignoramento degli stipendi:
- fino a un terzo per alimenti dovuti per legge;
- fino a un quinto per debiti verso lo Stato e tributi;
- con un limite massimo complessivo pari alla metà dello stipendio netto.
NoiPA, una volta ricevuta la notifica di pignoramento, deve predisporre la cosiddetta “dichiarazione del terzo”, calcolare il quinto pignorabile e accantonare la quota spettante al creditore.
Qui nasce un’altra complicazione: il calcolo non riguarda solo lo stipendio base, ma deve tener conto di voci variabili (indennità, straordinari, arretrati) che possono variare mese per mese, e che NoiPA elabora in anticipo.
Convinzioni errate e interferenze con cessioni e prestiti
Molti dipendenti ritengono, erroneamente, che stipulando una cessione del quinto possano impedire il pignoramento. In realtà, il pignoramento può coesistere con la cessione, purché non si superi la metà dello stipendio netto.
Un’altra strategia diffusa è quella di affiancare alla cessione un prestito su delega per occupare un ulteriore quinto dello stipendio. Tuttavia, la Ragioneria Generale dello Stato ha chiarito che in caso di pignoramento la quota spettante al creditore prevale, e il prestito su delega deve essere ridotto in modo da garantire il rispetto del limite massimo del 50% dello stipendio.
Il rischio concreto è che, senza un investimento tecnologico importante, il nuovo meccanismo possa generare ritardi, errori di calcolo e contenziosi con i dipendenti pubblici coinvolti.