Jannik Sinner come esempio per i ragazzi? Che lo scrivano i media italiani e lo dicano i tifosi azzurri è giusto e pure un po’ scontato. Ma che il New York Times, subito dopo la sconfitta agli Us Open contro Alcaraz, lo citi come “guida” per i più giovani ha stupito un po’ tutti. Il motivo? Non si parla di Sinner come campione, numero uno (o due, adesso…) al mondo, ma si parla del giovane Jannik, quello che amava la racchetta ma pure gli sci e che, in fondo, non era poi così sicuro di esplodere come atleta professionista. Un attestato di stima importante perché l’articolo si pone una domanda che, soprattutto a settembre, è molto in voga tra i genitori: quale sport scegliere? E a quale età è giusto privilegiarne uno? Tutte domande a cui il NYT risponde con l’esempio Sinner.

Sinner dallo sci al tennis, i retroscena

Scrive il New York Times: “A 13 anni, Jannik Sinner lasciò casa per allenarsi con un famoso allenatore di tennis italiano di nome Riccardo Piatti. Era la prima volta che si concentrava esclusivamente sullo sport e, sebbene nutrisse grandi sogni, rimase realista. “Se un giorno fossi stato tra i primi 100”, ha ricordato Sinner, “sarei stato felicissimo”. Conosceva le probabilità e sapeva quanto sarebbe stato costoso praticare questo sport. Così disse ai suoi genitori che se non fosse stato tra i primi 200 al mondo entro i 23 o 24 anni, avrebbe smesso di giocare. Considerando la posizione attuale di Sinner – numero 2 al mondo, vincitore di quattro tornei del Grande Slam e ancora solo 24enne – sembrerebbe che abbia sottovalutato il suo potenziale. Tuttavia, Sinner non ha avuto la solita educazione tennistica. Nato nel nord Italia, nella provincia di lingua tedesca dell’Alto Adige, ha trascorso i suoi primi anni come sciatore agonistico e si è cimentato in altri sport. Prima di iniziare a lavorare con Piatti, il tennis era solo una parte della sua vita. Il tennis, per forma e tradizione, è uno sport di prodigi. I migliori spesso prendono in mano una racchetta da bambini, si rivolgono agli allenatori dell’accademia entro i 10 anni e si allenano nei circuiti giovanili per anni. Il percorso verso il successo ha da tempo posto questo sport al centro del dibattito sulla specializzazione negli sport giovanili e delle domande che atleti e genitori si pongono: qual è il modo migliore per far crescere un giovane atleta? Qual è il momento migliore per specializzarsi? I ricercatori affermano che specializzarsi precocemente, ovvero allenarsi tutto l’anno prima dei 12 anni, può aumentare il rischio di infortuni e ostacolare lo sviluppo delle competenze. Può anche ostacolare la creatività e la capacità di problem solving”. Qui, appunto, non entra in gioco solo Jannik, ma anche la sua famiglia, la capacità di scegliere pur rimanendo sempre con i piedi ben piantati a terra.

Sinner, Phelps e tutti i dati sulle scelte dei genitori

L’articolo prosegue snocciolando dati, esempi (tra cui quello dell’ex nuotatore Phelps che in realtà sognava, da Baltimora, di diventare un giocatore di football) e considerazioni di un luminare, il dottor Neeru Jayanthi, medico specialista in medicina sportiva presso l’Università di Emory. Jayanthi ha trascorso gli ultimi due decenni studiando lo sviluppo dei giovani atleti. Ad oggi, secondo la sua esperienza, non esiste un singolo studio che dimostri che specializzarsi in un singolo sport nella prima infanzia offra un vantaggio rispetto alla pratica di più sport. Qui si torna all’esempio di Sinner: “Quando Jannik ha riflettuto in precedenza su come lo sci abbia influenzato il suo tennis, ha menzionato il suo equilibrio, che si manifesta in un controllo del corpo e in un movimento sensazionali in campo. Nonostante sia un muscoloso un metro e 90 è uno dei migliori giocatori del tour. Ma lui crede che il vero vantaggio sia stato il modo in cui lo ha aiutato a gestire gli insuccessi. Se commetteva un errore nello sci, non poteva vincere la gara. Nel tennis, può commettere numerosi errori e continuare a reagire”. Non a caso, dice ancora Jayanthi: “Il modello migliore potrebbe essere: prima si forma l’atleta. Si riesce a tollerare il volume e il carico quando si è un po’ più grandi e con uno scheletro maturo. Ed è allora che si può aumentare il carico”. Secondo Jayanthi, ci saranno sempre atleti che intraprenderanno percorsi diversi. Se dovesse dare consigli ai bambini americani, suggerirebbe di essere pazienti, di provare diversi sport, di sviluppare un insieme diversificato di competenze e di concentrarsi sul divertimento. Come ha fatto Sinner. E i risultati sono sotto gli occhi di tutti.

 

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