Undici persone, tutti cittadini colombiani, accusate di associazione per delinquere finalizzata al reclutamento transnazionale, induzione e sfruttamento della prostituzione nonché spaccio di sostanze stupefacenti, sono state fermate dai carabinieri della compagnia di Roma Centro. L’operazione è scattata al termine di una complessa attività d’indagine coordinata dal procuratore aggiunto Giovanni Conzo.
Le indagini
L’attività investigativa condotta dai carabinieri del nucleo operativo della Compagnia di Roma Centro, da aprile ad agosto scorsi, ha consentito di raccogliere gravi indizi di colpevolezza in ordine all’esistenza di un’organizzazione criminale composta esclusivamente da cittadini colombiani. Questi reclutavano e sfruttavano ragazze provenienti dal paese sudamericano che venivano fatte prostituire.
Le ragazze venivano fatte giungere in Italia con la prospettiva di facili guadagni, per poi essere subito avviate alla prostituzione, con l’onere di ripagare le spese sostenute dall’organizzazione per il loro viaggio, il vitto e l’alloggio in “case-dormitorio” disseminate nel quadrante est della Capitale, rifornendole di stupefacenti da smerciare ai clienti che ne facessero richiesta, traendo diretto vantaggio economico dalla loro attività di prostituzione e dalla cessione delle sostanze stupefacenti.
Struttura organizzata
Le indagini hanno consentito di raccogliere elementi indiziari circa l’esistenza di una sofisticata struttura organizzativa con al vertice un dominus, da tutti chiamato Don Carlos, che con sua moglie e sua cognata, considerate le “matrone” del gruppo, avrebbe amministrato una solida rete di driver, autisti, accompagnatori e protettori, a loro volta coordinati da una vera e propria centrale operativa H24 preposta a curare ogni fase dell’attività di prostituzione “porta-a-porta”, dalla fissazione degli appuntamenti all’accompagnamento delle ragazze presso hotel, ville e abitazioni private, anche fuori regione.
Spaccio di stupefacenti
Non solo prostituzione. I carabinieri hanno raccolto elementi indiziari circa il fatto che le donne venivano anche rifornite di cocaina o tuci, nota come “cocaina rosa”, da vendere ai clienti che, durante l’incontro sessuale, ne avessero fatto richiesta. Ogni prestazione sessuale sarebbe stata obbligatoriamente rendicontata al dominus, sul cui IBAN arrivavano i bonifici dei clienti, come indicato dalle donne ammaestrate in tal senso, le quali non potevano lasciare l’abitazione del cliente fino alla conferma, da parte della centrale operativa, dell’avvenuta transazione.
Ingoiare la cocaina
L’organizzazione aveva regole ferree che mettevano a rischio l’incolumità delle donne sfruttate. In caso di controllo in strada da parte delle forze dell’ordine, avrebbero dovuto ingoiare immediatamente la cocaina, cripticamente chiamata ‘Fiesta’, e comunque mai avrebbero dovuto rivelare il loro reale domicilio o il motivo della loro permanenza in Italia, al fine di impedire agli inquirenti di ricostruire l’intera filiera criminale e la base logistica – definita “La Central” – dell’organizzazione.
Si ipotizza, inoltre, che l’organizzazione criminale fornisse assistenza legale in caso di arresto di driver o ragazze che si prostituivano, amministrati meticolosamente con veri e propri turni lavorativi e di riposo settimanale, provvedendo settimanalmente all’aggiornamento delle foto intime delle ragazze sui siti d’incontri gestiti dal centralino.
Gli arresti
Nel corso dell’indagine, tre persone sono state arrestate in flagranza per detenzione ai fini di spaccio di stupefacenti e altre cinque sono state denunciate, sequestrando quantitativi di marijuana, cocaina e cocaina rosa per complessivi 12 g e 500 euro in contanti.
Durante l’esecuzione del decreto del pubblico ministero che dispone i fermi di indiziato di delitto, le perquisizioni e il sequestro preventivo dei passaporti, sono stati complessivamente sequestrati, a riscontro dell’attività: 19 g di cocaina, 20 g di cocaina rosa, 112 g di marijuana, 4,5 g di MDMA, 7 bilancini e strumenti per il confezionamento, 19.670 euro, 2.659 dollari, 30 sterline e quelli che si ipotizza fossero i libri contabili del sodalizio, documentando, nei vari domicili perquisiti, la presenza di una decina di giovanissime cittadine colombiane e di vario materiale per l’esercizio dell’attività di prostituzione.
I fermati sono stati tutti tradotti presso le case circondariali di Roma Regina Coeli e Rebibbia, mentre la moglie di Don Carlos, rintracciata dai carabinieri di Torre del Greco nel comune in provincia di Napoli, in compagnia di tre ragazze che si prostituivano, è stata associata al carcere di Napoli-Secondigliano. I Gip dei Tribunali di Roma, Tivoli e di Torre Annunziata, in sede di udienza di convalida, hanno emesso per tutti ordinanza di custodia cautelare in carcere, tranne per una donna madre di un bambino piccolo, la misura cautelare degli arresti domiciliari con braccialetto elettronico.
Gli inquirenti precisano che, considerato lo stato del procedimento, indagini preliminari, l’indagato deve intendersi innocente fino ad eventuale accertamento di colpevolezza con sentenza definitiva.