Per la prima volta nella sua storia dal lontano debutto nel 1961, la Spagna non parteciperà né manderà in onda l’Eurovision Song Contest, se ci sarà un rappresentante di Israele. La decisione, formalizzata a maggioranza dal Consiglio di amministrazione della televisione pubblica Rtve, arriva nel contesto di crescente tensione internazionale per le operazioni militari in corso sulla Striscia di Gaza.
Con la protesta “forte e chiara”, Madrid si unisce a Islanda, Irlanda, Paesi Bassi e Slovenia, che hanno già annunciato il boicottaggio in solidarietà alla popolazione palestinese. E contro il “doppio standard” impiegato dalla comunità internazionale, che ha portato invece alla squalifica della Russia nel 2022, in seguito all’invasione dell’Ucraina.
Tuttavia, la presa di posizione di Madrid, che già nel maggio 2024 ha riconosciuto lo Stato di Palestina (con Irlanda e Norvegia) ed è in piena crisi diplomatica con il governo di Beniamin Netanyahu, per essere una delle voci più forti e critiche all’interno dell’Ue contro “il genocidio” a Gaza, rischia di provocare un terremoto nell’edizione di Eurovision 2026 prevista a Vienna.
La Spagna è infatti il primo a ritirarsi dei ‘Big Five’ (il gruppo dei cinque con Italia, Francia, Germania e Regno Unito) che più contribuiscono a livello finanziario e hanno accesso diretto alla finale. Senza contare che attualmente al comando del Reference Group di supervisione di Eurovision c’è proprio una spagnola, Ana Maria Bordas. La decisione di Rtve ha proprio l’obiettivo di mettere sotto pressione l’Unione Europea di Radiodiffusione (Uer) perché riconsideri la partecipazione di Israele, escludendo la tv pubblica Kan, all’assemblea prevista per il 4 e 5 dicembre a Ginevra.
Finora l’Uer si è limitata a confermare che la questione sarà discussa in quella sede, lasciando la decisione finale in sospeso. Le polemiche non sono nuove. Durante l’ultima edizione di Eurovision a Basilea, Rtve aveva già sfidato le sanzioni dell’Uer mandando in onda un messaggio poco prima dell’inizio della finale, con il testo: “Sui diritti umani, il silenzio non è un’opzione. Pace e giustizia per la Palestina”.
E a maggio scorso aveva inviato una lettera all’organizzazione della kermesse sollecitando un ‘audit indipendente’ e una “revisione completa” del sistema di voto telematico del pubblico al concorso – andato in massa a Israele – per assicurare che non ci fosse “un’interferenza esterna”. In quella stessa edizione, il rappresentante israeliano aveva dovuto modificare la canzone ‘October Rain’, per i riferimenti politici all’attacco di Hamas del 7 ottobre 2023.
E, per la prossima edizione, il consigliere delegato di Kan, Golan Yochpaz ha rifiutato di ritirarsi dal festival. Poiché “non ci sono motivi perché Israele non continui a essere parte importante di questo evento culturale”, ha detto il Ceo durante la presentazione della programmazione autunnale, citato dall’agenzia Europa Press.
La decisione dell’emittente pubblica Rtve, che fa salvo la prossima edizione del ‘Benidorm Festival’, ha ricevuto il pieno appoggio del governo spagnolo, con il ministro della Cultura, Ernest Urtasun, e la vicepremier Yolanda Diaz, che hanno sottolineato come la Spagna “non possa essere complice di un genocidio”.
Una posizione che era stata enfatizzata dal premier Pedro Sanchez, che, anche ieri, dopo l’interruzione della finale della Vuelta de Espana di ciclismo per le proteste pro Palestina alle quali aveva espresso “ammirazione”, ha ribadito la posizione “chiara e ferma” di Madrid: “Fino a che non avrà fine la barbarie, né Russia né Israele devono essere presenti a nessuna competizione internazionale”.
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