I bambini che si ammalano di leucemia, se esposti ai pesticidi a partire dalla gravidanza – fatto che di per sé aumenta il rischio di ammalarsi, – hanno minori probabilità di sopravvivere alla malattia. L’effetto dei fitofarmaci, già dimostrato per quanto riguarda lo sviluppo cognitivo, quello comportamentale, quello motorio e, appunto, per il rischio oncologico, si estende all’aggressività della malattia, diminuendo le possibilità di sopravvivenza. Lo dimostra uno dei primi studi mai condotti sull’argomento, appena pubblicato su Cancers dagli oncologi pediatrici e ricercatori dell’Università della California di San Francisco.
Lo studio
Per capire se si potesse dimostrare un rapporto tra l’esposizione precoce ai pesticidi e l’andamento di una leucemia linfoblastica acuta (una delle forme più comuni di tumori infantili, oggi curabile nel 90% dei casi, e con una sopravvivenza media, a cinque anni dalla diagnosi, dell’80% circa), i ricercatori hanno studiato attentamente la storia e la salute di oltre 830 bambini che si sono ammalati tra il 1995 e il 2008 in California.
A tale scopo, hanno incrociato i dati medici e quelli sui decessi con quelli sull’impiego di erbicidi, insetticidi, rodenticidi e altri prodotti nella zona dove viveva la madre prima del concepimento, e fino a 12 mesi dopo la diagnosi. Inoltre hanno approfondito l’aspetto sociodemografico, per capire se a condizioni generali di vita peggiori corrispondesse o meno un’esposizione più estesa.
Gli effetti dei pesticidi
Entro i cinque anni dalla diagnosi, poco più di cento bambini, pari a circa il 13% del totale, non ce l’hanno fatta. Di questi, il 95,4% aveva subito l’esposizione ai pesticidi o prima o dopo la gravidanza. Tra i bambini che erano ancora in vita e potevano quindi essere considerati in una fase di controllo o di remissione, l’esposizione aveva riguardato il 91,5%.
I ricercatori hanno visto un effetto molto marcato dei rodenticidi
Un effetto molto marcato si è poi visto con i rodenticidi: le percentuali, in quel caso, erano state rispettivamente del 25 e del 15,5%. Quindi un bambino su quattro tra i deceduti era stato esposto. Per costoro, l’aumento del rischio di morte era stato in generale del 70%, che sale al 90% se il contatto era avvenuto durante la gravidanza. L’esposizione entro 12 mesi prima della diagnosi invece aumenta il rischio del 60%.
Com’era atteso, le famiglie afroamericane e ispaniche che abitavano nelle zone più disagiate sono state colpite più duramente, ma anche quelle caucasiche esposte ai rodenticidi che, evidentemente, sono molto più pericolosi di altre categorie per i feti e i neonati.
Cosa fare?
Secondo gli autori, è indispensabile chiarire in che modo i fitofarmaci trasformino le cellule del sangue in cellule neoplastiche, e approfondire ancora di più che cosa accade con i rodenticidi, perché i meccanismi in molti casi non sono noti. La conoscenza di questi effetti potrebbe portare anche ad alcuni divieti o a limitazioni.
Da un punto di vista più pratico, in attesa di certezze e indicazioni specifiche bisogna fare il possibile per limitare i contatti sia delle donne in età fertile sia di quelle in gravidanza e poi dei loro bambini, almeno fino al primo anno di età.
© Riproduzione riservata Foto: AdobeStock