All’alba di oggi, mercoledì 17 settembre, decine di finanzieri hanno fatto irruzione nelle abitazioni e negli uffici di tre imprenditori bresciani. Sei blitz, coordinati dai comandi della guardia di Finanza di Brescia e Mantova, pianificati nei minimi dettagli, per soffocare un sistema che – secondo gli inquirenti – avrebbe generato un vorticoso giro di fatture false per oltre 100 milioni di euro.
Dentro le case e gli uffici, situati in città e nel basso Garda, gli investigatori hanno trovato denaro ovunque. Due buste della spesa, gonfie di banconote, custodivano 260mila euro. Altri soldi erano nascosti tra i muri e le mensole di un’abitazione. In totale, 320mila euro in contanti: il primo segnale tangibile di un’imponente frode fiscale.
Soldi nascosti anche delle mensoleUn “servizio completo”
Secondo l’accusa, i tre imprenditori avrebbero messo in piedi un vero e proprio sodalizio criminale capace di offrire ai clienti un servizio “all inclusive”: false fatture, riciclaggio del denaro e restituzione del contante. Il prezzo per partecipare al sistema variava dal 5% al 22% dell’importo (falsamente) fatturato.
Dietro le aziende reali, attive nel commercio e nella lavorazione dei metalli, si nascondeva una ragnatela di società cartiere create ad hoc, in Italia e all’estero, intestate a prestanome compiacenti. Le indagini, coordinate dal sostituto procuratore Claudia Passalacqua e condotte dalla Compagnia di Desenzano del Garda insieme alla Tenenza di Castiglione delle Stiviere, hanno ricostruito un mosaico di operazioni che puntava a un unico obiettivo: trasformare bonifici e movimenti bancari in denaro liquido, al riparo dai controlli.
Il denaro che viaggiava
Il meccanismo era collaudato e allo stesso tempo rischioso. In una prima fase i bonifici emessi dagli utilizzatori delle fatture false transitavano su conti esteri, per poi essere prelevati (agli sportelli bancomat) e riconsegnati ai clienti del sodalizio. Ma i prelievi troppo sostanziosi e frequenti rischiavano di far scattare gli allarmi degli istituti di credito e le segnalazioni all’Unità di Informazione Finanziaria della Banca d’Italia.
È qui che sono entrarti in gioco altri attori, di nazionalità cinese, in grado di garantire contante fresco in cambio di una provvigione pari al 3% del denaro movimentato. Una rete parallela che ha consentito di alimentare il sistema e di ridurre il rischio di essere intercettati.
320mila euro in contanti sequestrati dalla Guardia di FinanzaCentinaia di aziende clienti
Il “pacchetto completo” sarebbe stato utilizzato da centinaia di imprese bresciane e mantovane, appartenenti ai settori più disparati. Il vantaggio era immediato: abbattere il carico fiscale e, di conseguenza, proporre i prezzi concorrenziali, conquistando spazio sul mercato con un’arma scorretta quanto redditizia.
Dietro quelle buste della spesa e quei contanti nascosti nelle mensole, dunque, non c’è solo una frode fiscale, ma l’ombra di un sistema che per 5 anni – dal 2020 a oggi – avrebbe avvelenato l’economia sana locale.