di
Rinaldo Frignani

L’esperto in geopolitica, ex capo di Stato maggiore di Difesa e Aeronautica: «Italia in difficoltà? Vale per tutta l’Europa. Abbiamo 95 mila soldati e al fronte potremmo schierarne 15-20 mila per volta. I britannici ne hanno 70 mila. E i russi 600 mila»

C’è una sola certezza. «Ci vorranno anni per adeguare il nostro sistema difensivo, non solo investimenti. E anche volontà politica. Ma al momento maggioranza e opposizione non mi sembrano così convinte». Dopo la cruda constatazione del ministro della Difesa Guido Crosetto sulle potenzialità militari interne delle nostre forze armate — «Non siamo pronti né ad un attacco russo né ad un attacco di un’altra nazione, abbiamo il compito di mettere questo Paese nella condizione di difendersi se qualche pazzo decidesse di attaccarci: non dico Putin, dico chiunque», ha spiegato qualche giorno fa — il generale Vincenzo Camporini, già capo di Stato maggiore della Difesa e dell’Aeronautica, esperto di geopolitica, conferma un quadro con molte ombre.

Generale, quella del ministro è stata una provocazione?

«Penso che giustamente il responsabile della Difesa nazionale debba dire apertamente quali sono le criticità e le necessità da colmare. È inutile nascondersi, lo scenario è quello descritto. Bisogna aggiungere, e forse è anche peggio, che questa è una situazione generalizzata in tutta l’Europa occidentale dal crollo del Muro di Berlino: dovunque le risorse militari sono state ridotte in modo drastico. Ci siamo concentrati sul peacekeeping, come se le difese nazionali e della Nato non fossero più necessarie. Da tre anni almeno tutto è cambiato. Siamo coinvolti, abbiamo doveri d’intervento nei confronti degli alleati, ma organici insufficienti. E Trump ha dato la mazzata finale: sta evaporando la copertura Usa fornita finora, magari anche controvoglia».




















































L’Italia è in grado di difendersi da un blitz di droni russi come in Polonia?

«Sì, ma non da sola. Anche se non sarebbe una difesa improvvisata ma il frutto di continue esercitazioni con i Paesi alleati. Del resto in Polonia a individuare i droni è stato il nostro aereo Caew, capace di intercettare qualsiasi velivolo in un raggio di 500 chilometri. Ma il tema della protezione dai droni e dai missili è collettivo: progetti ci sono, ma devono essere finanziati con un impegno diretto dell’Ue che invece ritarda a concretizzarsi».

Quali sono le forze che oggi l’Italia potrebbe schierare per la Difesa nazionale?

«L’Esercito è sotto organico: ha 95 mila uomini e donne, un terzo dei quali con compiti logistici-addestrativi. Ne restano circa 60mila ma che in caso di combattimento dovrebbero ruotare almeno su base quattro o cinque per poter usufruire di periodi di riposo e addestramento: quindi diciamo circa 12-15 mila soldati al fronte per volta. I russi ne hanno 600 mila. I britannici, accreditati come i più pronti a scendere in campo, sono 70 mila».

Meno di noi. E i carri armati? Gli aerei? La Marina?

«Per anni, senza giustificazioni, abbiamo rinunciato ai mezzi corazzati. Abbiamo 200 carri Ariete, obsoleti e non adeguati alle guerre di oggi. Solo il 10% è efficiente. I Panther progettati con la tedesca Rheinmetall saranno disponibili negli anni Trenta. L’Aeronautica è messa meglio, ma servono più Eurofighter ed F35: per fabbricarli ci vogliono anni. La Marina ha una flotta di tutto rispetto con problemi di organico: stare in mare per mesi lontani dalla famiglia scoraggia molti. E poi mancano le munizioni: va incrementata la produzione. La Russia fabbrica 4 milioni di proiettili d’artiglieria all’anno, noi tutti insieme uno».

Il ritorno alla leva obbligatoria è una soluzione?

«No, costa troppo sia in termini di addestramento sia di strutture che dovrebbero essere adeguate allo scopo. Però bisogna fare qualcosa perché ci sono difficoltà a coprire i posti messi a bando nelle forze armate. Tempo fa ho proposto di aprire le caserme agli stranieri con permesso di soggiorno, con la prospettiva in caso di servizio per l’Italia senza macchie, di ottenere la cittadinanza».

Guardando anche al fronte Sud?

«Che non è uno scherzo. I russi hanno spostato in Cirenaica la base aerea e navale sfrattata dalla Siria. Ce li abbiamo davanti, siamo a portata dei bombardieri Sukhoi. Pensare che non ci attaccheranno mai è una visione ottimistica, invece un soldato deve pianificare tutto in previsione dello scenario peggiore».


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17 settembre 2025