Stay up to date with everything that is happening in the wonderful world of AM via our LinkedIn community.
Secondo la University of Technologies di Sydney (UTS), gli scienziati hanno raggiunto un traguardo importante stampando in 3D placente in miniatura, offrendo un nuovo modo per studiare le complicazioni in gravidanza. Lo studio, guidato dalla professoressa associata Lana McClements e dalla prima autrice Dr.ssa Claire Richards della UTS School of Life Sciences, è stato pubblicato sulla rivista Nature Communications.
Una delle condizioni gravi in gravidanza legate a disfunzioni della placenta è la preeclampsia, che colpisce il 5–8% delle gravidanze. “Ottenere tessuto placentare nel primo trimestre non è pratico né sicuro, rendendo difficile lo studio delle fasi iniziali della gravidanza. Quando un bambino nasce, la placenta è cambiata così tanto da non riflettere più le condizioni delle prime fasi della gestazione,” ha spiegato la Dr.ssa McClements. “Complicazioni gravi come la preeclampsia restano uno dei grandi enigmi della medicina, soprattutto perché i modelli animali e cellulari attuali non riescono a replicare fedelmente la placenta umana.”
I mini-organi (organoidi) hanno rappresentato una svolta nella ricerca medica quando furono descritti per la prima volta nel 2009. Da allora, gli scienziati hanno coltivato organoidi da un’ampia gamma di organi umani, facendo crescere cellule staminali in un gel. Questo gel imita il tessuto di supporto delle cellule e consente loro di aggregarsi man mano che crescono e si dividono. Nel 2018, i primi organoidi placentari (o “mini-placente”) sono stati ottenuti a partire dai trofoblasti – un tipo di cellula presente esclusivamente nella placenta.
I ricercatori hanno mescolato cellule trofoblastiche con un gel sintetico e controllabile e le hanno stampate in 3D in una piastra di coltura sotto forma di goccioline precise, in modo simile a quanto fa una stampante a getto d’inchiostro. “Le cellule stampate sono cresciute formando organoidi placentari, che abbiamo poi confrontato con quelli ottenuti con metodi manuali tradizionali,” ha spiegato la Dr.ssa Richards. “Gli organoidi coltivati nel gel biostampato si sono sviluppati in maniera diversa rispetto a quelli cresciuti in un gel di origine animale e hanno formato quantità differenti di sottotipi di trofoblasti. Questo ha messo in evidenza come l’ambiente in cui crescono gli organoidi possa influenzarne la maturazione.
“Abbiamo dimostrato che questi organoidi erano molto simili al tessuto placentare umano, fornendo un modello accurato della placenta nelle fasi iniziali. Questo significa che possiamo iniziare a ricostruire il puzzle delle complicazioni in gravidanza e testare nuovi farmaci in sicurezza. Per esempio, abbiamo esposto i nostri organoidi biostampati a una molecola infiammatoria presente a livelli elevati nelle donne con preeclampsia, quindi abbiamo testato potenziali trattamenti per osservare come crescevano e reagivano gli organoidi,” ha aggiunto la Dr.ssa Richards. “Man mano che perfezioniamo questi modelli, ci avviciniamo a un futuro in cui le complicazioni in gravidanza potranno essere previste, prevenute e trattate prima che mettano a rischio la vita.”